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Capolavori antichi per avvicinare i contemporanei

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Arte

Capolavori antichi per avvicinare i contemporanei

Le opere.  Giovanni Baglione, «Atalanta e Ippomene», (1585-1590 circa) nello stand di Fabio Massimo Megna
Le opere. Giovanni Baglione, «Atalanta e Ippomene», (1585-1590 circa) nello stand di Fabio Massimo Megna

«Perfettamente a fuoco sull’antiquariato di eccellenza, senza temere il graduale inserimento di arte moderna e contemporanea». Così si presenta la Biennale Internazionale di Antiquariato di Roma che festeggia a Palazzo Venezia la decima edizione, e dunque i suoi vent’anni. Che valgono un’era, se si pensa a come è cambiato il mercato dell’antico, con il consolidarsi degli scambi online, il ricambio generazionale dei collezionisti e dunque del gusto, gli scossoni delle crisi dal 2001, a quella più recente che stenta a finire. La qualità come salvagente nella burrasca e il mix antico-moderno, uniti a una durata più breve rispetto agli esordi – quest’anno dal 29 settembre al 3 ottobre – sono gli ingredienti per una formula del tutto allineata al trend internazionale delle fiere d’arte. Presieduta da Cesare Lampronti, che pur avendo ora la sua sede principale a Londra e non più in via del Babuino, fa comunque gli onori di casa da vero decano del settore, la Biennale ha una specificità in più rispetto a tante: non teme le istituzioni pubbliche come spauracchio del mercato; anzi, nasce e continua a lavorare in stretto dialogo con loro. Ospitata nel palazzo antico dove ha sede il Polo Museale del Lazio diretto da Edith Gabrielli, la mostra «è frutto di un progetto comune», conferma Lampronti, con Marco Fabio Apolloni, vice presidente, che rincalza: «faremo un museo nel museo». Che significa anche tante opere “notificate”, che non possono lasciare il Paese e quindi hanno l’appetibilità per il collezionista italiano di avere il pedigree dichiarato direttamente dallo Stato e un prezzo vantaggioso rispetto a un acquisto fuori dai nostri confini. Due nello stand di Walter Padovani, vice presidente dell’Associazione Antiquari d’Italia, presenta un raro olio su rame di Alessandro Turchi, detto l’Orbetto raffigurante una Madonna con Bambino e santi e un Ritratto di Sir James Bland Burges di Pietro Labruzzi, entrambi notificati.

L’allestimento è giocato sulla fluidità degli spazi, con stand che si snodano aperti l’uno sull’altro, così da attenuare cesure e favorire suggestivi contrasti: un oggetto di archeologia dal romano Valerio Turchi, di una famiglia da decenni attiva nell settore, accanto a una spettacolare tela di un artista tedesco dell’Ottocento con una emozionante veduta interna del Colosseo da Francesca Antonacci e Damiano Lapiccirella. E ancora: la selezione intitolata «Futurismo e astrazione del secondo dopoguerra» dall’ospite d’eccezione Gian Enzo Sperone (New York-Londra) accanto a un Agar e Isamele firmato da Angelica Kauffmann e dipinto a Roma nel 1792 nello stand di Benappi-Mehringer (Torin€o-Münich).

La mostra si trova tutta su un piano e accoglie il visitatore, dopo la libreria specializzata di Firenze Art&Libri, con uno spazio dedicato al Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, partner delle Soprintendenze per arginare l’esodo illecito di opere all’estero, nonché il reperimento di quelle trafugate a musei o privati.

Segue una sequenza di antiquari con sede a Roma, a partire da Fabio Massimo Megna con dipinti sei e settecenteschi, tra cui alcuni inediti: due rami con fiori e stemmi da identificare del Maestro del vaso a Grottesche (Mao Salini ?) e un’Atalanta e Ippomene giovanile di Giovanni Baglione. Giacometti Old Master Paintings presenta una suadente sequenza di eroine, sante e martiri per uno stand al femminile e nella galleria di Via di Monserrato, 34, la mostra «Roma-Napoli. Vita e storia nel Seicento», dedicata ai Bamboccianti romani e all’ambiente napoletano di Aniello Falcone, con opere di Falcone, Micco Spadaro, Salvator Rosa, Michiel Sweerts e Jan Miel. Anche Gianluca Berardi attende i visitatori a Palazzo Venezia – si segnala un bellissimo Canale di Suez di Ippolito Caffi reduce dalla mostra al Correr di Venezia curata da Annalisa Scarpa - e nella galleria di Corso Rinascimento 9, con una monografica sul divisionista Arturo Noci, di cui pubblica la monografia. Anche Paolo Antonacci presenta un testo scientifico o per accompagnare la presentazione dell’inedita raccolta proveniente dalla Francia di circa 130 disegni architettonici di palazzi romani datati tra il 1822 e il 1824 del francese Théophile Quantinet (Parigi, 1795 – 1867).

Vicini di stand ancora due romani: Benucci e Colasanti, il primo con due monumentali troumeau romani d’inizio Settecento, il secondo con un’esposizione tutta incentrata sull’arte nella Capitale, con vedute di Van Bleomen, Locatelli, Van Lint ma anche con preziosi oggetti di provenienza Chigi.

Alessandra di Castro (più avanti) mira proprio a sottolineare l’importanza dell’antiquariato romano legato alle grandi famiglie del Sei e Settecento, con dipinti e oggetti di qualità squisita.

Più oltre anche Verdini Antichità (Roma). Prima della Galleria del Laocoonte che ha sede anch’essa nella Capitale, il milanese Matteo Lampertico interrompe la sequenza di chi “gioca in casa” ed è anche il primo nel percorso a proporre arte moderna, con due terrecotte di Leoncillo (1939 e 1957) e un elegante Concetto spaziale grigio di Lucio Fontana del ’63-’64. Da Milano anche Il Quadrifolgio, con l’abbinamento di un’acquasantiera del Settecento in bronzo dorato con inserti di pietre dure e dipinto su lapislazzulo e un bronzo di Francesco Messina del ’23; verso fine mostra, Carlo Orsi, con un ritratto del senese cinquecentesco Marco Bigio, e Giorgio Baratti, con un meraviglioso Cristo nell’orto di Mattia Preti, una Santa Agnese del Ribera e una Testa virile attribuita a Guido Reni.

Da fuori anche Santa Barbara Art Gallery (Urbino-Milano); Enrico Frascione (Firenze) con dipinti seicenteschi e una serie di 14 disegni per lampadari attribuiti da Alvar González-Palacios a Valadier e bottega; Maurizio Nobile (Bologna-Parigi) che segnala come highlights un inedito dipinto di Antiveduto Grammatica e un’importante pala d’altare di Gaetano Gandolfi; Tiziana Sassoli di Fondantico (Bologna), anche lei con un ottimo barocco, soprattutto emiliano: si segnala il rame di Giovanni Antonio Burrini, Cristo tra i dottori, dall’illustre provenienza dal principe Carlo Teodoro di Baviera. L’attenzione alla provenienza è una costante: Orsi presenta un rame di Francesco Cavazzoni (Bologna, fine 500-inizi 600) già in collezione Bentivoglio D’Aragona; Dario Ghio (Montecarlo) offre un piccolo trofeo commemorativo in oro massiccio e nefrite offerto in dono al celebre compositore Giacomo Puccini dal Re Vittorio Emanuele III nel 1905.

Dall’estero, oltre ai già ricordati Sperone e Ghio, anche Steinitz-Parigi, e qualche gallerista ormai più internazionale che nostrano come Robilant+ Voena (Milano-Londra), Moretti Fine Art (Firenze-Londra) e Tornabuoni (Firenze-Lucca-Milano-Parigi-Londra), per una ventata di qualità all’insegna del mix antico e moderno, con tanto Novecento italiano che conferma il suo appeal per collezionista straniero, su cui questa decima Biennale romana vuole davvero puntare.

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