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Da Ligabue un assaggio di «Made in Italy» agli 80mila del Parco di…

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MUSICA

Da Ligabue un assaggio di «Made in Italy» agli 80mila del Parco di Monza

Ligabue durante il concerto al Parco di Monza. (Ansa)
Ligabue durante il concerto al Parco di Monza. (Ansa)

«Trecentosettanta. Trecentosettanta giorni. Trecentosettanta giorni senza suonare dal vivo mi hanno tenuto, ma ora eccoci» e il pubblico esplode. Una battuta, giusto una manciata di parole tra una canzone e l'altra: basta poco a Ligabue per infiammare il suo popolo che aspettava il ritorno dal vivo dall'appuntamento di Campovolo 2015 e l'ha ottenuto ieri sera, nella prima delle due date del «Liga Rock Park», il doppio concerto evento organizzato al Parco di Monza.

Un po' per lanciare il nuovo album «Made in Italy», in uscita per Warner il 18 novembre, un po' per celebrare il 25eimo dell'inno «Urlando contro il cielo». Ma, partendo dai numeri, i due live act a quanto pare non hanno infranto il muro delle 100mila presenze a serata, com'era nelle attese. La festa, stando ai dati diffusi a poche ore dall'inizio dal manager Claudio Maioli e dal ceo di F&P Group Ferdinando Salzano, si è fermata a 130mila spettatori, per un incasso stimato intorno ai 7,5 milioni. Prima serata da 80mila biglietti staccati, seconda da 50mila. «Quando abbiamo deciso di aggiungere una seconda data – ha spiegato Salzano - abbiamo scelto fermarci a una capienza da 80mila unità, perché posti come il parco di Monza sono molto particolari e vanno rispettati. In più eravamo anche consapevoli degli attacchi che sono arrivati dai movimenti verdi». Come dire: ha prevalso la dimensione «green» del «Liga Rock Park».

Nel segno di «Urlando contro il cielo»
Celebrazione del venticinquesimo di «Urlando contro il cielo» doveva essere e così è stato: sulle note dell'intro pianistica del pezzo tratto da «Lambrusco, coltelli, rose & pop corn» il concerto si è aperto e al tempo stesso si è chiuso, perché l'ultimo dei tre bis proposti da Lucianone era proprio il brano del '91, stavolta in versione acustica chitarra e voce, con il pubblico a cantare springsteenianamente con lui. La chitarra di Max Cottafavi porta la mente ai tempi belli degli esordi su «Libera nos a malo», per poi indugiare sulle atmosfere malinconiche de «I duri hanno due cuori», episodio da «Sopravvissuti e sopravviventi», l'album incompreso, quello che indusse i più frettolosi a pensare al capolinea.

Se il repertorio degli ultimi dieci anni del Nostro è un pilastro imprescindibile del live act (da «Niente paura» a «C'è sempre una canzone» che si trasforma in una specie di karaoke con le parole che scorrono sui maxischermi del palco, passando per «Il sale della terra», segnata dall'assolo di tromba di Massimo Greco), a scaldare il cuore degli 80mila di Monza sono i grandi classici del repertorio di Liga, come «Sogni di rock and roll» che sfocia in «Con la scusa del rock and roll», «Leggero», il brano più votato dai fan in un apposito sondaggio lanciato sui social alla maniera dei Rolling Stones, e «Ho perso le parole», direttamente dalla colonna sonora di «Radiofreccia».

«Made in Italy» e l'effetto déjà-vu
Momento tra i più attesi, quello dell'esecuzione dei quattro estratti del concept album «Made in Italy». Piuttosto che concentrare i pezzi in un unico nucleo, il rocker emiliano li distribuisce nella scaletta, così da non disorientare eccessivamente il pubblico. Si parte da «La vita facile», schitarrata rock con un riff che ricorda pericolosamente «One Vision» dei Queen, poi è la volta di «Ho fatto in tempo ad avere un futuro», orecchiabile r'n'b che discetta di politica sorretto dalla sezione fiati mentre Fede Poggipollini si diverte a suonare in controtempo, una «Dottoressa» che sa un po' di «Start me up» e «G come giungla», il singolo di lancio subito in testa alle classifiche di airplay.

«Balliamo sul mondo» della poetica di Liga
Memore probabilmente della lezione dello «Zooropa Tour» che gli U2 tennero nel ‘93 (Ligabue, tra le altre cose, aprì come supporter la data di Napoli), arriva il momento del set acustico: il cantautore reggiano si sposta con parte della band all'estremità della passerella a forma di «T» che pende in mezzo al pubblico ed esegue una versione minimalista di «Metti in circolo il tuo amore», una «Non è tempo per noi» che si tira dietro tutti gli 80mila e «Lambrusco & pop corn». Poi ci sono i must assoluti, pezzi di cui non si può fare senza, come la ballad della consacrazione «Il giorno di dolore che uno ha», la particolarissima dichiarazione di poetica «Balliamo sul mondo» e soprattutto, incastonata tra i bis, «Certe notti», la hit dopo la quale nulla più è stato come prima. Per Lucianone e per il suo popolo, divenuto improvvisamente molto più numeroso. Roba da stadi, da parchi o da campi aviazione.

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