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Le Fate a volte ingannano

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Libri

Le Fate a volte ingannano

Nel 1876, a Firenze, Carlo Collodi pubblicava con la casa editrice Paggi la traduzione dal francese dei Racconti delle Fate. Come Pinocchio l’opera, riedita nel 1887, ha avuto più fortuna dopo la sua morte: Bemporad, erede dei Paggi, ne fece ristampe – certo nel 1893, 1899, 1903, 1909, 1927, 1932.
Nelle edizioni non figurava il racconto Le Fate, che per magia appare dal nulla nel 1944, nella ristampa «18.a» (così il frontespizio) della Marzocco. Questo il nuovo nome della casa che nel 1938 l’ebreo Bemporad aveva dovuto cedere a forza per le leggi razziali. Dal 1944 Le Fate compare nelle numerose edizioni dei Racconti delle Fate che non ripropongano il testo del 1876. Oggi, grazie a Veronica Bonanni e a François Bouchard, curatore del IV volume dell’Edizione Nazionale delle Opere collodiane, possiamo svelare il trucco...Ma, come Collodi si divertiva a scrivere per ironizzare sul romanzo della sua epoca, per andare avanti è necessario fare un passo indietro!

Nel 1853, l’editore Hachette stampava a Parigi Contes de Fées con favole e fiabe di Perrault, Mme d’Aulnoy e Mme Leprince de Beaumont: una silloge da vendere nelle stazioni dei treni. Collodi traduce da questa fonte dove mancava Le Fate. La Paggi cresceva e, disponendo di un autore come lui che della «paggeria» era punta di diamante, i fratelli fiorentini speravano di battere la concorrenza pure nel campo delle traduzioni: nel 1867 l’altro fiorentino Jouhaud aveva stampato la prima versione italiana del volume Hachette curata da Cesare Donati: I racconti delle fate tratti da Perrault, d’Aulnoy e Leprince de Beaumont.

Che cosa riesca a fare Collodi nel felice incontro con Perrault, e nei racconti «voltati in italiano», è oramai assodato: non solo una traduzione ottima, ma anche e soprattutto una strabiliante ricreazione nella nostra lingua del testo francese. Un capolavoro, e in uno stile plastico, espressivo, ricco d’ironia, di invenzioni linguistiche, che conducono il lettore in una dimensione domesticamente realistica, come si accorsero Renato Bertacchini e Giuseppe Pontiggia.

E Le Fate? Le Fate sono scritte in una lingua piacevole, ma linda e basta: in breve, fanno magie linguistiche di poco conto rispetto agli altri Racconti. Neanche a pensare, dunque, che nel 1944 fosse spuntata dagli archivi Bemporad-Marzocco una versione stesa da Collodi per chissà quale occasione. Bisognava cercare altrove, fra gli autori che con lui avevano avuto a che fare e lo avevano reputato un maestro. Ma certo! Il livornese Yorick, ossia Pier Coccoluto Ferrigni, suo fedele. Ecco che, come per un’altra magia, Le Fate appaiono nella sua opera Il Libro delle fate di Perrault tradotto ad uso dei bambini buoni, stampata nel 1891, a Milano, dalla Tipografia del «Corriere della Sera» come dono agli abbonati.

Nel 1944, anno degli ultimi orrori del Nazifascismo, si era pensato bene di annacquare anche il messaggio rivoluzionario di Collodi che amava l’infanzia monella, libera dalle falsità e dai vizi degli adulti.

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