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In morte del primo uomo

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In morte del primo uomo

Elena Bono, scomparsa nel 2014, ha lasciato romanzi, traduzioni dal greco e dal latino, poesie, testi teatrali. Furono apprezzati da molta critica e in particolare da Emilio Cecchi e da Pier Paolo Pasolini. La raccolta di racconti “Morte di Adamo”, uscita da Garzanti nel 1956, lasciò un segno indelebile nella letteratura del secondo dopoguerra. La sua opera, fedelmente conservata dall'editore Le Mani di Recco, nel 2015 tornò alla ribalta per la riproposta uscita da Marietti 1820 del lungo racconto “La moglie del procuratore”. A suo tempo faceva parte del libro “Morte di Adamo”.
Senonché tali pagine, dove si narra la vicenda di Claudia, consorte di Ponzio Pilato, che passa una notte a Roma in casa di Seneca a porsi (e a porre) questioni alle quali soltanto la fede sa rispondere, hanno fatto riscoprire a un'altra generazione l'intensità della sua scrittura, i temi ai quali non possiamo non pensare, le grandi tematiche del cristianesimo. La Bono, che sembra talvolta seduta accanto a Claudia, è documentata come un filologo e ogni sua riga è pensata; eppure la scrittura scorre, mai si fa greve. Il racconto apparve anche in Inghilterra e in Francia con il titolo “La vedova di Pilato”.
Marietti 1820, opportunamente, ha deciso di proseguire: da poco è uscita la raccolta “Morte di Adamo e altri racconti”, prefata da Alessandro Banfi con una postfazione di Francesco Marchitti e Stefania Segatori (pp. 220, euro 14). In essa, oltre il testo che diede il nome al libro di Garzanti (di sole 6 pagine), si trovano le rimanenti narrazioni dell'opera originale. Tra esse si trovano “La suocera di Pietro”, “Guardia al sepolcro”, “Una lettera dalla Giudea”.

“Morte di Adamo” è un micro-racconto sorprendente, fascinoso, estremo: contiene un dialogo serrato tra Dio e il primo uomo, sino alla inevitabile fine di quest'ultimo. Eva, mentre la vita se ne va, lo piange. Adamo pone domande inquietanti al Signore: “Perché mi hai creato?”; oppure gli ricorda: “Tu mi hai tentato”. Dio grida, replica, parla con la creatura che conosce la sofferenza, lo strazio, l'uccisione di Abele, suo figlio, che “continuava a versare dalla gola forata” fiotti di sangue. L'omicidio più che una conseguenza sembrerebbe il continuo abbraccio del peccato commesso, così come tutto quanto si avverte dopo l'uscita dall'Eden: la stanchezza, il dolore, i gemiti, i singhiozzi, il pianto, il tempo.
Gesù è la grande presenza di queste pagine, anche se non appare esplicitamente. Sovente lo si avverte nei silenzi o nell'eco di quel che proferisce Adamo; talvolta sembra prendere forma dalle parole stesse di Dio. Ma qui il discorso si complica: Meister Eckhart credeva che il Padre si fosse innamorato del Figlio e questo immenso e inspiegabile amore cercò l'incarnazione; Elena Bono forse segue tale percorso: la morte di Adamo allora precede e illumina quella del Dio fattosi uomo.

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