Cultura

Tratta il profugo come te

  • Abbonati
  • Accedi
«ESSAYS» IN GERMANIA

Tratta il profugo come te

Alcune delle idee più interessanti della filosofia politica moderna sono state esposte in pamphlet o articoli che rispondevano a concorsi o a chiamate di riviste. I saggi di Rousseau sulle scienze e le arti e sull’origine della disuguaglianza, o quello sull’illuminismo di Kant ne sono esempi famosi. Se a uno o più saggi di questa raccolta toccherà la stessa gloriosa sorte non ci è per ora dato saperlo. Certo è che anch’essi rispondono a un concorso, bandito dalla Società tedesca di filosofia analitica nel settembre del 2015, munificamente aperto a filosofi di ogni stile, analitico o continentale, purché si rispondesse, in maniera chiara e comprensibile al grande pubblico e in non più di 4000 parole, alla domanda: «Quali e quanti profughi dobbiamo accogliere?». Al comitato promotore sono pervenuti più di cento saggi: di questi, i primi tre classificati e altri sette «meritevoli», scritti da studenti, dottorandi, post-doc e professori vari, sono stati pubblicati in questo libretto.

Può la filosofia rispondere in maniera seria e completa alla questione proposta dal bando? Ovviamente no, dati tutti gli aspetti giuridici, economici, psicologici, sociali e soprattutto relativi alle politiche di potere che essa investe. Salta comunque subito all’occhio la discordanza tra le posizioni sostenute da studiosi dell’accademia da una parte e dai filosofi mediatici della scena tedesca dall’altra: mentre questi ultimi, basandosi su insinuazioni e paure, dichiarano la loro avversione all’ingresso dei profughi (Sloterdijk con l’affermazione che la Germania si avvia all’autodistruzione, Safranski con il suo campanello d’allarme a proposito dell’inondazione del Paese da parte dei profughi), gli universitari autori dei saggi ragionano in maniera perlomeno argomentata, pur riflettendo posizioni molto diverse, dal liberale al restrittivo.

La domanda del bando era stata lasciata volutamente aperta per lasciar spazio alla tematizzazione della distinzione tra rifugiati politici e migranti economici, dichiarata praticamente da tutti come irrilevante dal momento che si tratta in ogni caso di persone in stato di bisogno; o anche al soggetto dell’origine regionale, culturale e religiosa dei profughi, come pure a quello di che cosa può significare il «noi» della domanda (quanti e quali profughi dobbiamo noi accogliere?): la prospettiva da assumere è solo tedesca, europea, internazionale, locale?

Proviamo a seguire uno degli autori nel suo esperimento mentale che ricorda l’incipit della Metamorfosi di Kafka: «Immagina di svegliarti una mattina trasformato in un profugo siriano». Come vorresti essere trattato? Non vorresti essere accolto amichevolmente in un Paese sicuro? Qui vediamo in gioco posizioni affini a quelle di Leibniz, Kant, o anche Rawls, tutte posizioni che richiamano la regola aurea che invita a trattare gli altri come vorresti essere trattato tu. La faccenda non è comunque così semplice, e altri autori si danno da fare a sviscerarla costruendo analogie e argomentazioni che seguono la linea dei classici del pensiero politico moderno; i quali tutti, però, sia che si muovano nella tradizione delle teorie della proprietà, come Locke o Nozick, sia in quella del neocontrattualismo sulla scia di Rawls, sia anche dell’utilitarismo moderno nello stile provocatorio di Peter Singer, arrivano alla medesima conclusione: non esiste giustificazione alla limitazione dei profughi, come non esiste il diritto di nascere nel posto giusto nel momento giusto.

© Riproduzione riservata