Cultura

Ottobrata museale

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scarpe strette

Ottobrata museale

Il Mibact lancia l’ottobrata. Visita ai musei con tanto di hashtag #ottobrealmuseo e relativo spot: «Cerca le opere nei musei e condividele». Una caccia ai tesori delle splendide collezioni dei Musei italiani con l’arma impropria più appropriata, lo smartphone.

È come lavare la testa al ciuco tutto questo darsi da fare per far innamorare gli italiani della bellezza. Nel film di Giuseppe Tornatore, La Migliore offerta, Geoffrey Rush si chiude nella sua stanza segreta e lì - circondato dai ritratti di donna che ha collezionato negli anni - si lascia andare all’estasi. Puro erotismo.

Ecco. Non è detto che davanti ad un’opera d’arte si debba sempre essere stendhaliani come Tornatore ma postare sui social un’opera - condividere in rete - è più una vendetta contro il bello che una promozione dell’arte. Non è nemmeno pornografia, ma guasta oscenità.

Nell’era del governo 2.0 questa pensata del Museo social non sorprende ma - c’è sempre un ma - incombe l’anatema di Totò: «Qui si abusa!». Al godimento dell’arte si arriva dopo il lavacro di educazione e cura, mettere la minigonna alla Dama con l’ermellino forse può far venire l’acquolina all’industria del trash - perfetta nel cast de Il Grande Fratello Vip - ma è già troppo lo scempio dei finti gladiatori al Colosseo, figurarsi i troll al museo.

Pare di vederlo il fotografo della domenica andare al museo per cercare la luce del Bacco di Caravaggio: l’illuminazione buona per Instagram. A proposito di Bacco. È ottobre e il Ministero ha dato anche il tema «l’Uva, la vendemmia, il vino» perché il tema si sceglie in relazione all’attualità, alla stagione, ai fenomeni di costume. Un’ottobrata al museo nemmeno Dioniso l’avrebbe inventata. A colpi di tirso, al ritmo del ditirambo.

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