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La sfida è ottenere le stesse comodità con mezzi più vicini alla…

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non si puo’ tornare indietro

La sfida è ottenere le stesse comodità con mezzi più vicini alla natura

1936 :«Che gioia, passerei qui il resto della vita, o meglio qualche settimana, non è possibile di più. Si rischierebbe di morire di felicità». Con queste parole Diana Palmesi, mentre cavalca Nefertiti, un bel delfino che la porta a spasso nel mare aperto, si rivolge all’Uomo mascherato che la guarda incantato e sogna di convincerla a restare con lei nell’isola Eden.

2016: Delfini spiaggiati, ancora vivi o già morti, sulle coste del mondo. In Namibia, in Indonesia, nel mare Adriatico e in quello Tirreno. Delfini in cerca di una rotta che hanno smarrito inseguendo odori e sapori che l’oceano ha perso per il troppo inquinamento.

Sono passati 80 anni tra le due situazioni, ma l’Eden per Diana sarebbe davvero il territorio dove passare il resto della sua vita? Senza alcuna comodità, immersa in una natura incontaminata, in una giungla amica con tigri e leoni che si fanno carezzare, ma senza un lavoro, una vita sociale e, soprattutto, senza i veloci collegamenti a cui è abituata? Nel 1936, l’anno in cui è scritta questa storia, la scienza aveva già fatto molti progressi, e, se oltre a Diana, che dice il sospirato «sì» all’Uomo mascherato, altri avessero scelto di rifugiarsi nel mondo incantato della natura, di cibarsi di caccia e pesca e di rinunciare alle comodità, una schiera di gente infelice si sarebbe prodotta. L’articolo a fianco spiega la Tragedy of the horizon, l’effetto-serra da troppo inquinamento, ma le motivazioni di un ritorno al passato sono più sottili e parlano del complicato rapporto tra l’uomo e la natura

Tutte le favole cominciano con «c’era una volta» e finiscono con «vissero felici e contenti». Ma siamo proprio sicuri che vissero felici e contenti? Nessuno ci dice se il principe non si sia stancato di passeggiare nei boschi con Biancaneve; se i boschi, i prati, i fiumi, i mari abitati da folletti e fate, da maghi e sirene, non siano stati ambienti poco ideali per vivere. Per gli scrittori di fiabe era la natura lo sfondo tipico del loro racconto. Ma anche nei grandi romanzi ottocenteschi l’ambiente naturale è al centro della narrazione. La letteratura del dopo rivoluzione industriale comincia ad allontanarsi dalla natura e a descriverla non più come un luogo sereno e silenzioso, ideale rifugio di anime in pena. Qualcosa è cambiato, il fascino delle macchine prende il sopravvento e la natura da protagonista diventa una comparsa scomoda, da fuggire, foriera spesso di lutti e di tragedie.

La grande favola del mondo, inventata prima da Verne e poi da Asimov, è diventata una realtà che ci stupisce ogni giorno. A quale prezzo? La mano dell’uomo ha inquinato, ma ha anche creato meravigliose macchine e fatto progredire la scienza in tutti i campi. Ma il mito del buon selvaggio, che sembra rivivere di fronte al dilagante inquinamento, non promette nulla di buono. Una civiltà che basa la sua economia e vita sociale sull’uso delle macchine, pagherebbe un prezzo altissimo se si tornasse indietro limitando l’uso delle mille invenzioni presenti nella nostra vita quotidiana.

La sfida è cercare di ottenere le stesse comodità con mezzi vicini al rispetto della natura. Non avremmo certo Nefertiti, il docile delfino di Diana, ma possiamo avere un buon compromesso: la “economia verde” è alle porte di un incredibile sviluppo. Sta cambiando la mentalità tanto che per il destino di Indy, un giovane delfino nato in cattività e al centro di una complicata vicenda giudiziaria, si muovono cittadini e magistrati. Sarà un delfino che ci aiuterà a capire in che direzione va il futuro?

denpasar@tin.it

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