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American Pastoral: Ewan McGregor adatta Philip Roth

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American Pastoral: Ewan McGregor adatta Philip Roth

American Pastoral
American Pastoral

È stato uno dei romanzi più importanti della fine del secolo scorso, «Pastorale americana» di Philip Roth, libro che ha vinto il Premio Pulitzer per la narrativa e che per anni è stato considerato impossibile da trasporre sul grande schermo. A quasi vent'anni dalla sua uscita nelle librerie ci ha provato Ewan McGregor, noto attore scozzese alla prima prova dietro la macchina da presa.
Nel film, tra i più attesi del weekend in sala, il regista interpreta anche il protagonista Seymour, un uomo ebreo del New Jersey degli anni Sessanta con una vita in apparenza felice e inappuntabile. La sua esistenza, però, precipita quando la figlia Merry rimane invischiata in un gravissimo atto terroristico.
Sceneggiato da John Romano, già autore dello script di «Prima ti sposo, poi ti rovino» dei fratelli Coen, «American Pastoral» è un film che, nonostante il coraggio dimostrato dal regista nell'optare per un'opera prima tanto delicata, non riesce a restituire sullo schermo la potenza delle pagine di Roth.

Non era un'impresa semplice, sia chiaro, ma il risultato è un adattamento semplificatorio del capolavoro letterario, che viene banalizzato e trasformato in un “semplice” melodramma familiare che coinvolge solo nelle prime battute.
Peccato, poiché con una maggiore cura drammaturgica si poteva dare vita a un'operazione quantomeno appassionante. Nel cast la migliore è Jennifer Connelly, che veste i panni della moglie del protagonista.

Tra le novità della settimana c'è anche «Piuma» di Roan Johnson, film italiano presentato in concorso all'ultima Mostra di Venezia.
Protagonista è una coppia di liceali che si ritrova a fare i conti con una gravidanza inattesa. La decisione di portarla avanti manda in crisi i rispettivi nuclei familiari e mette i due ragazzi di fronte a una sfida enorme, mai affrontata prima.
Nato a Londra, ma cresciuto a Pisa, Roan Johnson firma una commedia dagli spunti ambiziosi, che non riesce però a mantenere le premesse di un soggetto potenzialmente molto interessante.

La profondità dello spunto iniziale, infatti, si perde presto a causa di personaggi troppo stereotipati e di una scrittura che finisce per superficializzare l'importante tema alla base del film.

Troppo ingenuo per riuscire a colpire e far riflettere come avrebbe dovuto, rimane una visione leggerissima e che fa sorridere soltanto raramente.
Qualche risata in più la regala «I babysitter», un altro film italiano diretto dall'esordiente Giovanni Bognetti.
Remake del francese «Babysitting», ha per protagonista Andrea, un trentenne timido e imbranato che lavora nell'azienda di un celebre procuratore sportivo. Quando il suo capo gli chiede di fare da babysitter al pestifero figlio Remo, Andrea è costretto ad accettare, nonostante debba così rinviare la sua festa di compleanno. Alcuni suoi amici, però, decidono di festeggiarlo comunque quella sera.
Superiore al film originale, soprattutto per la caratterizzazione dei personaggi, «I babysitter» è una commedia che diverte solo a tratti, ma riesce comunque a risultare efficace e ben ritmata nella parte centrale. La parte iniziale, invece, fatica a carburare e anche la conclusione non è certamente memorabile.
Nel cast svetta la prova di Diego Abatantuono nei panni del ricco e vanitoso procuratore sportivo.

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