Cultura

Bambine rompiscatole, città misteriose e donne fatali

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i fumetti di Q. intervista a vanna vinci

Bambine rompiscatole, città misteriose e donne fatali

Vanna Vinci, l’autrice di “Dinossessione”, il fumetto pubblicato dalla “Domenica” del Sole 24 ore, vive e lavora, piacevolmente assediata dai libri, nel cuore antico di Bologna. L’interiorità dei personaggi femminili, il carattere e l’umore delle città, il mistero della vita, le intersezioni tra epoche, culture ed esseri umani sono al centro di ciò che studia, scrive e disegna. Uno dei suoi personaggi più conosciuti dagli amanti dei fumetti, la “Bambina Filosofica”, ha avuto l’onore di essere riprodotta in rue du Marteau, nel quartiere Saint Josse di Bruxelles, da Art Mural, i creatori dei murales giganti dedicati ai più famosi disegnatori della nona arte. Cagliaritana innamorata di Milano e di Bologna, illustratrice dal tratto elegante, allo stesso tempo intenso e rarefatto, Vanna ha della Bambina (il suo personaggio più autenticamente autobiografico) la forza interiore. Una forza che quando si conversa con lei affiora, lentamente ma inesorabilmente, nelle battute al vetriolo, negli agganci culturali, nell’approccio filosofico-esistenziale con il quale la Vinci racconta, con passione, la sua arte di scrittrice e fumettista.

Come è nato “Dinossessione”, il fumetto che hai disegnato per “C’è qualcuno che sa leggere” della Domenica del Sole?

Io sono sempre stata un’appassionata di dinosauri sin da piccola, e tuttora ho un amore per i dinosauri, sia per quelli “moderni” (pare infatti che abbiano scoperto che avessero delle piume, insomma, erano più “funky” di quello che ci ricordiamo) sia per quelli “giurassici”. Avevo già fatto, in un libro per bambini, una tavola autobiografica sul tema “disegnati da piccola mentre disegni”, e avevo ritratto me stessa nella cucina di mia nonna mentre disegnavo con intorno una decina di dinosauri giganteschi che stavano per infilare la testa nella pentola. Il concetto dell’amore per i dinosauri è inarrestabile. Non credo che questi lucertoloni siano qualcosa che può passare di moda, e del resto, con le nuove scoperte, c’è una quantità incredibile di materiale a disposizione, il più strampalato. L’idea, quindi, era che la bambina (anzi me stessa, Vannina, il nome che usano per chiamarmi le persone che mi conoscono bene) producesse con la forza del pensiero, la forza della fantasia e della volontà questi dinosauri che, ovviamente, poi invadono gli spazi quotidiani. Nella tavola che ho fatto per “C’è qualcuno che sa leggere” del Sole, Vannina pensa pensa pensa, poi, alla fine, ha “prodotto” talmente tanti dinosauri che le prende paura, e deve correre a rifugiarsi nel lettone.

I personaggi storici e di fantasia da te creati (la Casati, Sophia, Tamara de Lempicka, la Bambina Filosofica, Aida) sono legati tra loro dal filo conduttore della donna che, dall’infanzia alla vecchiaia, si confronta con la vita e i misteri dell’esistenza.

Sì, è proprio così. La cosa che a me interessa di più, e che mi è sempre interessata di più, è il raccontare l’interiorità del personaggio femminile, anche nei momenti di dubbio, e poi soprattutto raccontare le intersezioni tra età diverse. Anche la storia di Vannina e dei dinosauri è così, sia pure presa molto alla distanza. L’idea della marchesa Casati, per esempio, è di un personaggio che a un certo punto ha una parabola pazzesca. L’idea fondamentale è di seguire nel corso delle sue età questa donna totalmente fuori norma, ormai una vecchia che mantiene dentro di sè questa sorta di incredibile volontà monolitica di continuare ad apparire. La stessa cosa vale per Tamara de Lempicka. Nel caso di Sofia, e di un altro libro che uscirà nei prossimi mesi per Bao, l’idea è di un personaggio dei giorni nostri che a un certo punto, per motivi “magici” o soprannaturali, si trova a contatto con personaggi che sono vecchissimi, di epoche antiche. Oppure, nel caso di Aida, la protagonista si trova di fronte un uomo che ha fatto la Prima guerra mondiale.

All’interno di questa galleria di personaggi femminili, declinati in più età, la Bambina Filosofica è l’unico momento di vera spensieratezza?

Sicuramente, come personaggio, la Bambina Filosofica è il più difficile. Prima di tutto perché è un personaggio veramente autobiografico. Se Sophia e Aida sono personaggi autobiografici nella direzione “seria”, ammesso che ci sia un serio e un non serio, la Bambina, che in certi casi è ben più seria, è autobiografica nel senso che è una visione del mondo mia, di mia madre, delle persone che mi hanno circondato da piccola, dove dentro ci sono influenze che per me sono fondamentali, tra cui l’umorista inglese Ronald Searle, e l’italiano Pino Zac.

Leggendo la Bambina si sente anche l’influenza di Mafalda, dei Peanuts, della Stefi di Grazia Nidasio, forse di Calvin e Hobbes.

Sicuramente Mafalda, i Peanuts, e quel personaggio veramente crudele che si chiama la Cattiva Lulù, di Yves Saint Laurent, mi hanno influenzato moltissimo, insieme alle bambine assassine di Ronald Searle che si chiamavano St Trinian’s. Quelle per me sono proprio il punto di partenza. Se non avessi avuto a casa il loro libro forse non avrei mai fatto fumetti.

La Bambina Filosofica, nonostante la sua acidità, ha anche momenti di entusiasmo?

Secondo me sì. Quando può mettere in pratica la sua acidità lei è veramente contentissima, entusiasta. Mettere a segno la battuta è per lei un grande traguardo sportivo. La differenza tra Mafalda e la Bambina è interessante, perché Mafalda è politically correct e ha a cuore il futuro del pianeta. In più è molto critica nel confronto degli adulti. La Bambina non è politically correct. Non ha affatto a cuore il futuro del pianeta o, perlomeno, non ha a cuore il futuro del genere umano, vorrebbe il totale annientamento della razza umana, in più non ha nessuna criticità nel confronto degli adulti perché, in realtà, lei è una bambina, ma anche uno dei vecchi del Muppet Show. Il vecchiume per lei è da praticare. Diciamo che è più vicina alla violenza di Lucy che a Mafalda, che è critica, ma positiva. Il suo orsacchiotto è una scimmietta e non un orsacchiotto semplicemente perché la scimmietta è qui in casa con me, ce l’ho anch’io. La Bambina è tendenzialmente solitaria perché nessuno può sopportarla, ma ha bisogno anche degli altri, perché senza gli altri non avrebbe tempo di gestire il suo cinismo. Ci vogliono sempre dei comprimari da angariare: la madre per prima. Sul futuro è fiduciosa, nel senso che è fiduciosa che prima o poi l’essere umano si estinguerà...

Nei tuoi fumetti si passa dal tratto grafico molto raffinato con cui ritrai donne adulte e personaggi storici a quello, più “ruspante”, della Bambina. Come spieghi questa differenza di stile?

Non è una scelta strategica . È una cosa che è venuta da sola. Quando ho incominciato a lavorare su Tamara de Lempicka mi è venuta questa idea dell’art deco, quindi è venuto questo tratto grafico che è come un filo. Nel caso della Casati volevo invece una cosa un po’ opulenta, quindi c’è questo tratto che non è a china ma è a matita, è più “sporco”. La Bambina invece ha delle variazioni. All’inizio il tratto era più spezzettato, adesso sta diventando sempre più tondo. Se penso a dei maestri che possono avermi influenzato, a parte Searle, che considero tuttora un punto di arrivo, senz’altro penso a Hugo Pratt, Guido Crepax, Sergio Toppi, Attilio Micheluzzi e Dino Battaglia. E anche a Grazia Nidasio.

Sullo sfondo delle tue storie c’è sempre un rapporto importante con le città. Perché?

Per me la città è fondamentale. Io sono un essere totalmente urbano. E credo che la città sia il luogo dove devono muoversi i miei personaggi. Il personaggio e la sua interiorità si muovono dentro questa cosa molto più grande, la città, che rivela di avere un suo carattere. Credo che la città raccolga il mistero, perché ci vivono persone che sono molte, ma sono sole. Partendo dalla prima storia che ho fatto, che era ambientata a Milano, una delle mie città interiori, per arrivare a Bologna, dove vivo, la metropoli è coprotagonista dei miei racconti. La città raccoglie il mistero dei movimenti interiori: Milano è perfetta per questo perché è fintamente fredda, ha un’apparenza europea ma con connotazioni molto italiane, e poi ha una bellezza nascosta, segreta. Milano ha perso la parte antica, però anche la modernità a Milano è meravigliosa. Anche se non ha la dotazione antica di Roma, Napoli, Bologna, Milano è bellissima.

Si parla spesso del tuo rapporto con l’alchimia e con i testi alchemici

Io per indole e per educazione alla roba magica non ci credo, ma, come tutti gli scettici, ho delle derive. L’alchimia mi ha molto interessata sin da ragazza perché sono molto curiosa dei simboli. Se il tema delle mie storie è inoltre l’intersezione tra vita, morte, malattia e passato, l’alchimia fa parte della stessa ricerca. In realtà l’alchimia, in termini di concetto, è modernissima. Il ritrovamento della pietra fiosofale elimina le malattie, la morte, mantiene l’individuo in uno stato psicofisico ideale. Il fatto oggi di voler ringiovanire a ogni costo, della chirurgia plastica, il fatto che non devi avere i segni dell’età, anche questo è alchimia.

Con quali tecniche lavori?

Non lavoro direttamente sullo storyboard. Il primo step è sempre la scrittura. Io vengo dalla scrittura. Poi faccio tante ricerche, a volte connesse con un lavoro, a volte materia per lavori futuri. Questro comporta acquisto di libri, viaggi, ricerche su internet. Mi piace l’idea di descrivere un posto senza averlo mai visto, con una visione interiore. Il disegno, poi, non è mai facile: sono veloce, ma faccio molta fatica. Sono un’amanuense, non uso il computer, in linea di massima faccio tutto a mano. Uso delle penne a china giapponesi quando inchiostro, se invece devo colorare utilizzo carta francese, o di Fabriano, inchiostro poi ci vado sopra con gli acquarelli.

Che progetti hai nel cassetto?

Ho in cantiere una cosa scritta e disegnata su oscar Wilde. Poi ho avuto un lascito di cartoline, fotografie, telegrammi della Prima guerra mondiale, su cui lavorare...vedremo. Adesso che c’è il centenario tutti si occupano del ricordo, della rimembranza, ma nessuno va a fondo del casino che è stata la Grande guerra. In termini visivi, i francesi sono forse gli unici che rivisitano la Prima guerra mondiale.

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