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Generosità di un avido lettore

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Generosità di un avido lettore

Robert Gottlieb con Toni Morrison, premio Nobel per la letteratura nel 1993, e la figlia Slade, fotografate da Jill Krementz nel 1978 al National Book Awards
Robert Gottlieb con Toni Morrison, premio Nobel per la letteratura nel 1993, e la figlia Slade, fotografate da Jill Krementz nel 1978 al National Book Awards

L’espressione inglese avid reader (lettore accanito o appassionato) si adopera spesso come risposta alla domanda: «Quali sono i tuoi hobby?». «Sono un lettore accanito». Invece, come titolo del nuovo libro di memorie di Robert Gottlieb, verosimilmente il maggior redattore vivente di libri anglofoni, Avid Reader suona come un gigantesco understatement autoironico.

Gottlieb, newyorkese, classe 1931, è stato direttore, prima della casa editrice Simon & Schuster, poi della Alfred A. Knopf e infine del settimanale «New Yorker», e ha fatto da levatrice per decine di scrittori, di cui un elenco molto riassuntivo deve per forza includere Bruno Bettelheim, Ray Bradbury, Anthony Burgess, John Cheever, Michael Crichton, Roald Dahl, Antonia Fraser, Joseph Heller, Elia Kazan, John le Carré, Jessica Mitford, Edna O’Brien, Salman Rushdie, John Updike e quattro laureati Nobel: Doris Lessing, Toni Morrison, Alice Munro e V. S. Naipaul.

Gottlieb, figlio unico di un avvocato e di una maestra elementare, racconta che spesso durante i pasti ognuno dei tre membri della famiglia leggeva il libro che lo interessava in quel momento, e «soltanto più tardi mi son reso conto che questa situazione non era normale». Vivevano a pochi passi dal Central Park, ma il giovane Bobby era contento di stare nella sua camera a leggere Waugh, Orwell, Faulkner, Balzac, Dickens, Hardy, Twain e Austen. Dopo gli studi alla Columbia University e poi a Cambridge in Inghilterra, tornò a New York, con una moglie e un bambino, e cercava lavoro, convinto di non saper fare nulla.

A ventiquattro anni però, fu assunto come lettore di manoscritti alla Simon & Schuster; in seguito ne diventò uno dei redattori principali, poi direttore editoriale. Nel 1967 passò alla Knopf, una delle case editrici più prestigiose in assoluto, e la diresse per vent’anni. Decideva quali libri pubblicare e lavorava direttamente su molti dei manoscritti. Oltre ai sunnominati autori, molte celebrità dell’epoca - tra queste, Lauren Bacall, Margot Fonteyn, Katharine Hepburn, Liv Ullmann e Gloria Vanderbilt – si recavano da lui per aiuto con le loro autobiografie. La Knopf sotto la sua guida guadagnava bene, ma proprio per quello Gottlieb – come diversi altri editori dell’epoca - credeva che certi libri di grande valore culturale dovessero essere pubblicati anche se non “rendevano”, che una parte dei guadagni dai bestseller doveva essere usata per sovvenzionare quelli mirati a un lettorato più ristretto.

L’atteggiamento di Gottlieb come redattore assomigliava a quello di Maria Callas come interprete musicale: secondo lei, un cantante non deve cercare di diventare il personaggio che rappresenta, deve invece assorbire il ruolo finché questo lo penetri totalmente. Ecco, Gottlieb cercava di “soccombere” a un manoscritto promettente ma in qualche modo difettoso per poter capire dall’interno del testo ciò che impediva all’autore di arrivare a una piena realizzazione delle proprie intenzioni.

Nel 1987 Gottlieb fu chiamato dall’editore S. I. Newhouse a dirigere il celeberrimo settimanale culturale «New Yorker», sostituendo l’ottantenne William Shawn, che lo dirigeva sin dal 1952. Fu uno scandalo, perché Shawn non voleva andarsene e alcuni tra i suoi scrittori “storici” si ribellarono al cambiamento. Ma le acque si calmarono presto, Gottlieb si dimostrò un capitano eccellente, mantenendo la qualità editoriale della rivista sia con vecchi che con nuovi collaboratori (tra questi ultimi: Margaret Atwood, Julian Barnes, Joan Didion, Jamaica Kincaid e Susan Sontag) e riducendo nel contempo le perdite economiche annuali. Dopo cinque anni però, Newhouse decise di dare al «New Yorker» un’immagine più à la page e sostituì Gottlieb con l’allora direttrice della rivista «Vanity Fair» Tina Brown. Gottlieb, al quale Newhouse dette una pensione da favola, tornò alla Knopf, senza posizione dirigenziale, che non voleva più, ma come redattore freelance per libri come l’autobiografia dell’ex presidente Bill Clinton.

Gottlieb ha sempre preso molto sul serio il suo lavoro ma non se stesso, per cui il tono di Avid Reader è vivace e spigliato. Racconta di amicizie con tanti autori e le loro famiglie, ma anche di battibecchi e disaccordi con altri, descrivendo vizi e virtù di tutti sempre con umorismo, raramente per rivendicare le proprie scelte.

Per trasparenza: ammetto di aver lavorato personalmente con Gottlieb su un libro Knopf nei primi Anni Ottanta. Non si usavano ancora i computer, e siccome la scadenza di pubblicazione si avvicinava, ci sedevamo per terra nel suo ufficio, con fogli stesi dappertutto, tagliando e incollando frasi e paragrafi del testo. Io ero ancora giovane, mentre lui era il più famoso direttore editoriale americano, tuttavia andava lui a fare fotocopie per me e a prendere panini e bibite per entrambi; l’atmosfera era totalmente rilassata. Più tardi, Gottlieb accettò un paio di pezzi lunghissimi che avevo sottoposto al «New Yorker», e anche lì, non era possibile prendere un appuntamento per parlare con Bob (come tutti lo chiamavano): si entrava direttamente nel suo ufficio, la cui porta era sempre aperta per tutti.

Fin dalla gioventù Gottlieb è stato un fan appassionato del balletto, e per molti anni faceva parte, da volontario, dell’amministrazione della New York City Ballet di George Balanchine, aiutando soprattutto con la programmazione delle complicatissime stagioni del complesso. Adesso, a ottantacinque anni compiuti, Gottlieb, con la seconda moglie, l’attrice Maria Tucci (figlia dello scrittore italo-russo-americano Niccolò Tucci), dedica tempo ai figli e nipoti, pur essendo sempre indaffarato, non solo come redattore ma anche come autore: negli ultimi anni ha scritto libri su Balanchine, Sarah Bernhardt, i figli di Charles Dickens e diversi altri soggetti.

Gottlieb conclude Avid Reader con un commento, tipico di lui, sulla vecchiaia: «Può darsi che la fine sarà dura, ma forse il destino mi sarà gentile e mi permetterà almeno di continuare per un po’ a leggere». Glielo auguriamo!

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