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Come si reinventa Istanbul

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CORRADO AUGIAS

Come si reinventa Istanbul

Anni cinquanta. Istanbul nell’obiettivo del più famoso fotografo turco, Ara Güler, classe 1928, negli anni 50 fotoreporter per «Time-Life» e «Paris Match». L’immagine è tratta dal volume «Istanbul», con testo di Orhan Pamuk, edito da Mondadori
Anni cinquanta. Istanbul nell’obiettivo del più famoso fotografo turco, Ara Güler, classe 1928, negli anni 50 fotoreporter per «Time-Life» e «Paris Match». L’immagine è tratta dal volume «Istanbul», con testo di Orhan Pamuk, edito da Mondadori

Chi ha incontrato in questi ultimi mesi dei turchi ha ricevuto la stessa impressione: una paura diffusa. Nessuno sa se e per quale motivo verrà arrestato. Sembra di essere tornati ai tempi di Abdul-Hamid II detto «il Sanguinario», ardente nemico del nuovo, evocato da Corrado Augias nella sua panoramica di Costantinopoli. Peccato che proprio coloro che gli avevano dato quel soprannome poco lusinghiero, i Giovani Turchi, fossero destinati a compiere il genocidio degli armeni. Tuttavia erano stati innegabilmente loro a mettere le basi di ogni innovazione in quel Paese in cui ogni volta l’Asia minaccia di cancellare l’Europa.

Eppure Augias, sul suo tappeto volante di parole e di immagini riesce a muoversi agilmente tra le mille contraddizioni di quel vasto territorio sospeso tra due continenti. La sua strategia è complessa e non è sicuramente per tutti. È l’arte di spostarsi senza sosta dal passato al presente, senza mai annoiare il lettore. Impresa non facile in una polis la cui storia è millenaria e fitta di colpi di scena.

All’assedio di Costantinopoli, nel 1453, Maometto II ostenta un gigantesco cannone, in grado di colpire alla distanza, allora sorprendente, di un chilometro. Quel mostro di bronzo era stato trasportato sul campo di battaglia tra mille difficoltà. Ma aveva affondato facilmente una nave veneziana che tentava di forzare il blocco navale imposto dai turchi per affamare la capitale bizantina.

La modernità si è affacciata più volte in quella che allora tutti chiamavano Costantinopoli. L’apparizione più frivola, ma non per questo meno impressionante, era stata quella del treno più lussuoso del mondo, l’Orient-Express. Creato per una clientela ricca ed esigente, quel “Grand Hotel su due ruote” partiva da quella che era ancora la capitale d’Europa, Parigi, per entrare, ottantuno ore e quaranta minuti dopo, nella stazione di Istanbul. I passeggeri che erano saliti in cilindro e abito da sera trovavano vasti scompartimenti in legno pregiato, protetti da pesanti tende di damasco. Dormivano tra lenzuola di seta su cuscini di piuma d’oca. Presto i funzionari mussulmani avrebbero capito che quel “Tappeto magico per l’Oriente” sarebbe stato ideale per consumare amori poco ben visti dal Corano.

Le irresistibili cortigiane vestite sfarzosamente che allietavano le loro notti assomigliavano a un altro degli infiniti specchi di Istanbul, l’imperatrice Teodora, la dimostrazione innegabile che una prostituta può diventare una straordinaria guida per il suo Paese. «Una donna di potere ovviamente, altrimenti non sarebbe rimasta viva a lungo; non si sottrasse alle manovre oblique e ai gesti crudeli ai quali obbliga il mantenimento del dominio, tuttavia dimostrò una capacità di visione che non tradiva l’umiltà delle origini».

Oltre alla Istanbul verticale, quella della storia, c’è anche quella orizzontale, divisa solo da quel “fiume salato” che è il Bosforo. La parte europea si divide a sua volta in due. Da un lato del Corno d’oro ci sono il palazzo reale, Topkapi, Santa Sofia, l’ippodromo e le cupole delle immani moschee mussulmane. Dall’altro il quartiere di Beyoglu, un tempo chiamato Pera, su cui vegliava la torre alzata dai genovesi, rivali secolari dei veneziani nella lotta per l’egemonia commerciale nella “città delle città”. Ma chi cercasse nell’antica Grand Rue de Pera una traccia del lusso di un tempo rimarrebbe deluso, malgrado il tram rosso che la solca con il suo grappolo di ragazzini appeso all’esterno.

Le mura di Istanbul sono un tipico esempio dell’estrema compenetrazione del passato e del presente. Diversamente da quanto siamo abituati a vedere, dalle nostre mura antiche alla grande muraglia cinese, quella cinta ciclopica che proteggeva la polis è in notevole parte fusa con una folla di edifici grandi e piccoli, antichi e moderni. Vitale e malinconica, millenaria e moderna Istanbul, secondo Cocteau, resta il punto in cui l’Asia «tende verso l’Europa la sua vecchia mano coperta di anelli».

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