
Alla soglia del XX secolo un’aura di satanica perversione circondava uno scrittore dal sulfureo talento, irradiante energia magnetica e aborrito dalle buone madri di famiglia. I genitori, un po’ svizzeri un po’ americani di vocazione illuministica, lo avevano chiamato con due nomi propri, Benjamin Franklin: nome e cognome di colui che fra l’altro inventò il parafulmine e l’ora legale. Molto presto, B.F. volle come prenome solo l’abbreviazione fulminea del primo nome. Frank Wedekind nacque a Hannover domenica 24 luglio 1864. L’arrugginita formula, «esercitò i mestieri più disparati», gli si adatta a meraviglia. Nel 1886 lavorò per un’industria alimentare, la produttrice dei celebri Dadi Maggi. Si scoprì scrittore, fu attivo nell’apparato burocratico, lavorò in un circo, fu attore e cantante di cabaret accompagnandosi approssimativamente con la chitarra.
Accanito nella satira, insieme con Albert Langen fondò nel 1896 il celebre periodico «Simplicissimus», e per avere ridicolizzato (bravo!) un viaggio dell’imperatore Guglielmo II in Palestina scontò, due anni dopo, 9 mesi di carcere. Molti, ai suoi tempi, commentarono ammirati o scandalizzati la sua prodigiosa attività sessuale. Sedusse persino Frida Uhl, moglie di August Strindberg, e ne ebbe il figlio Friedrich (Strindberg!). Colpito da sifilide, Wedekind finì per condividere più il destino di Schumann, di Nietzsche, di Wolf, dell’immaginario Adrian Leverkühn, che non quello di Rocco Siffredi. Poi, la nemesi. Quarantaduenne, sposò nel 1906 l’attrice austriaca Tilly Newes, di 22 anni più giovane. Da lei ebbe due figlie, Pamela e Kadidja. Per onorarla e mostrarle rispetto, si mantenne rigidamente monogamo, e fu corroso dalla gelosia. Morì a Monaco di Baviera sabato 9 marzo 1918. Più tardi, Tilly fu a lungo l’amante di Gottfried Benn.
Nel lascito d’autore, al dramma d’esordio, Frühlings Erwachen (Risveglio di primavera, 1891), si lega tematicamente lo splendido frammento di romanzo Mine-Haha, über die körperliche Erziehung (M.-H, sull’educazione fisica delle fanciulle, 1903), da cui due film: Innocence (2004) di Lucile Hadžihalilovič, e The Fine Art of Love (2005) di John Irvin. Aspro e torbido è il dramma Hidalia, oder Sein und Haben (H, o L’Essere e l’Avere, 2004). Al vertice, la “doppia tragedia” Erdgeist (Spirito della Terra, 1895) e Die Büchse der Pandora (Il vaso di Pandora, 1904). Nella “dilogia”, la protagonista è Lulu, derelitta e prostituta d’assoluto cinismo, corrotta sino al midollo e moralmente orrenda ma anche seducente, pericolosa, fatale. Alla fine, un essere ancora più mostruoso di lei le infligge una morte orribile. Ricordiamo almeno due fra i film che dalla “doppia tragedia” derivarono: Die Büchse der Pandora (1928) di Georg Wilhelm Pabst, con la leggendaria Louise Brooks (1906-1985) dalla chioma nera a caschetto nel ruolo di protagonista, sostituita all’ultimo momento a Marlene Dietrich, e Lulu (1980) di Walerian Borowczik.
Nel 1905 il ventenne Alban Berg (Vienna, lunedì 9 febbraio 1885 ̶ ivi, lunedì 23 o martedì 24 dicembre 1935) fu presente a una rappresentazione della Büchse der Pandora, organizzata da Karl Kraus in privato per eludere la censura. Trascorsero vent’anni: lunedì 14 dicembre 1925, alla Staatsoper “Unter den Linden” di Berlino andò in scena, con immenso successo, Wozzeck diretto da Erich Kleiber. Berg prese in mano il soggetto di Wedekind, ma riuscì a comporre la musica soltanto per i primi due atti. Lo stesso Kleiber diresse a Berlino brani sinfonici dall’opera venerdì 30 novembre 1934, poco prima di lasciare la Germania. Morto Berg, musicista sgradito al nazismo, l’opera Lulu (anch’essa, come Wozzeck, su libretto del compositore) fu rappresentata incompleta, postuma e “in esilio”: allo Stadt-Theater di Zurigo, mercoledì 2 giugno 1937, diretta da Robert Denzler, protagonista il soprano Nuri Hadžić. Si offrì al pubblico un riassunto verbale del III atto; poi, l’orchestra eseguì il IV e V tempo della Lulu-Symphonie realizzata grazie ai suddetti brani sinfonici, con la scena finale dell’assassinio di Lulu mimata e cantata. Per molti anni, un fronte di opposizione guidato da Arnold Schönberg e da Helene Nahowski Berg, vedova di Alban, impedì qualsiasi tentativo di completamento. Schönberg morì nel 1951, Helene nel 1976. Fu possibile al compositore Friedrich Cerha (nato a Vienna mercoledì 17 febbraio 1926) una ricostruzione del III atto. Così completata, Lulu fu eseguita all’Opéra di Parigi sabato 24 febbraio 1979, diretta da Pierre Boulez, con regia di Patrice Chéreau. Un’ulteriore saggio di ricostruzione è stato quello di Eberhard Kloke (n. ad Amburgo mercoledì 24 novembre 1948), per una Lulu andata in scena a Copenhagen venerdì 15 ottobre 2010.
Il dittico tragico di Wedekind comprende sette atti, i luoghi delle azioni sono molti e continuamente mutevoli, numerosissimi i personaggi. Oltre a ridurre a tre gli atti, Berg semplificò drasticamente l’azione, anche se agiscono in scena pur sempre 25 personaggi. Nell’opera, il cui Prologo si apre con una beffarda musica da circo sulla quale un domatore esce dal sipario prima parlando e poi cantando su una musica profonda dalla mahleriana passionalità, Lulu appare nel I atto destreggiandosi con cinismo tra il marito, il primario medico dottor Goll, un pittore che la sta ritraendo in costume di Pierrot, e il dottr Schön, redattore capo di un quotidiano e amante di lei, ed è presente anche il giovane Alwa, figlio di Schön e di lei perdutamente innamorato. Nel corso dell’azione, Lulu è la causa della rovina di tutti gli uomini che la avvicinano, a parte quelli che ella, con pari cinismo, uccide con le proprie mani; e trascina nella rovina anche la contessa Martha Geschwitz, una lesbica innamorata di lei, la quale tenta di salvarla in innumerevoli occasioni, sino a quando, alla fine dell’opera, Lulu e la stessa Geschwitz sono uccise da Jack lo Sventratore, e il canto della Geschwitz morente è l’elegia finale, là dove, come Berg aveva scritto delle ultime battute della sua Lyrische Suite, «la musica non finisce, ma continua sempre; siamo noi che non la udiamo più».
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