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Ottanta anni per le donne

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Libri

Ottanta anni per le donne

(Contrasto)
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Siamo lieti di festeggiare il compleanno di Dacia Maraini, scrittrice e intellettuale che ha ispirato e offerto riflessioni importanti sui nostri anni. Poeta, autrice di teatro, saggista, narratrice, con fermezza e delicatezza Dacia Mariani ha dedicato intelligente attenzione al sentimento del tempo e specifico impegno all’identità e all’emancipazione femminile, in letteratura e nella società.

Nata a Firenze in una famiglia di cultura e respiro internazionali, Dacia piccolissima seguì il padre Fosco, antropologo e scrittore, in Giappone durante gli anni della seconda guerra mondiale e per le idee antifasciste del padre subì la drammatica prova del campo di concentramento.

L’esordio narrativo fu nei primi anni Sessanta, con La vacanza (1962) e L’età del malessere (1963), testi sul disagio adolescenziale e giovanile che si inseriscono nella scia di Agostino di Moravia, di Ernesto di Saba e dell’Isola di Arturo di Elsa Morante. È il periodo del Giardino dei Finzi Contini di Bassani e della Vita agra di Bianciardi, della Giornata di uno scrutatore di Calvino, di Fratellid’Italia di Arbasino, delle Piccole virtù e di Lessico famigliare di Natalia Ginzburg, di una Questione privata di Beppe Fenoglio, della Ragazza Carla di Elio Pagliarani e del Gruppo 63. Dacia Maraini portò freschezza e uno sguardo interrogativo e inquieto sul mondo, condiviso e rapidamente maturato tramite amori, affetti e amicizie decisive con Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini ed Elsa Morante, con i quali intraprese anche numerosi viaggi, a integrare e sviluppare curiosità e passioni coltivate fin dall’infanzia («Il primo sapore che ho conosciuto, e di cui conservo memoria, è il sapore del viaggio»).

Agli anni Novanta risalgono alcuni dei libri più significativi, tra cui spiccano La lunga vita di MariannaUcrìa (1990) e Bagheria (1993), che segnano la riappropriazione delle origini siciliane, nobili e anti convenzionali. È stato pure il modo per raccontare ingiustizie e sofferenze storiche e personali vinte con la determinazione del carattere e l’affermazione di figure risolute quali Marianna Ucrìa, giovane sordomuta che scopre con terrore la violenza dei rapporti matrimoniali e si oppone a un destino che sembra obbligato. Anche per mezzo della letteratura Marianna scopre l’esistenza di un amore sconosciuto, che a sorpresa coinvolge emozioni e immaginazione: «Trepidare con i personaggi che corrono fra le pagine, bere il succo del pensiero altrui, provare l’ebbrezza rimandata di un piacere che appartiene ad altri. Esaltare i propri sensi attraverso lo spettacolo sempre ripetuto dell’amore in rappresentazione, non è amore anche questo?». Così a Marianna «i libri non bastano mai», non solo romanzi ma anche opere di storia e di filosofia, letture che si protraggono fino a notte fonda «prostranti ma anche dense di piaceri»: «uscire da un libro è come uscire dal meglio di sé». È una possibile soluzione all’«età del malessere», superata attraverso l’umiliazione della sottomissione e la forza di un’ostinata ribellione, che trova altre persuasive pronunce e declinazioni in Bagheria. L’interpretazione dell’età infantile e giovanile, dei suoi traumi, delle violenze e degli smarrimenti, è proseguita in altre forme nella raccolta di racconti Buio (1999), vincitrice del Premio Strega.

Le indagini narrative sulla condizione individuale sono associate alla ricostruzione di episodi fondamentali della storia europea, come il «girone infernale di Auschwitz-Birkenau» e la rivolta d’Ungheria del 1956 al centro del romanzo Il treno dell’ultima notte (2008), ambientato tra Vienna e Budapest nel “cuore di tenebra” dell’Europa. La prospettiva individuale si coniuga con l’esperienza universale e dà luogo a bilanci non introversi ma aperti al mondo e al futuro. La capacità di contrastare con tenacia le vicissitudini tragiche dell’esistenza è una caratteristica che distingue l’intera opera di Dacia Maraini e ricorda il coraggio con cui il padre reagì alla deportazione giapponese («Niente può sostituire l’esperienza di ciò che si è vissuto sulla propria pelle»).

Il senso di responsabilità collettiva nutre i libri come gli interventi giornalistici, in un’ottica di continuità tra la lunga durata della storia (e delle storie) e la necessità di un quotidiano e partecipe coinvolgimento.

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