Cultura

L’abbecedario miniato degli Sforza

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meraviglie in miniatura

L’abbecedario miniato degli Sforza

Facsimile. La prima pagina del trattato grammaticale «Ianua», con il ritratto del destintario del libro, il conte Massimiliano Sforza, figlio primogenito di Ludovico il Moro qui miniato da Giovanni Ambrogio de Predis. Il libro originale si trova conservato nella iblioteca Trivulziana di Milano
Facsimile. La prima pagina del trattato grammaticale «Ianua», con il ritratto del destintario del libro, il conte Massimiliano Sforza, figlio primogenito di Ludovico il Moro qui miniato da Giovanni Ambrogio de Predis. Il libro originale si trova conservato nella iblioteca Trivulziana di Milano

Nonostante l’avvento dell’informatica, a scuola gli studenti usano ancora i libri sottoponendoli, il più delle volte, a stressante usura. Constatiamo infatti che ben pochi «libri di studio» riescono a sopravvivere agli studenti. Ma questo non deve stupire perché è sempre stato così. Dove sono finiti i testi scolastici usati dai bambini durante il Medioevo e il Rinascimento? La risposta è semplice: sono praticamente spariti ad eccezione di qualche raro esemplare.

Due bellissimi libretti scolastici illustrati si trovano, ad esempio, nella Biblioteca Trivulziana di Milano, e ora ne parla perché l’editore Franco Cosimo Panini di Modena ha deciso di riprodurli in facsimile, accompagnandoli a un ricco commentario firmato da Jonathan J.G. Alexander, Pier Luigi Mulas e Marzia Pontone.

Il facsimile Panini riproduce due piccoli manoscritti d’educazione realizzati per un bambino illustre, vale a dire il conte Massimiliano Sforza, figlio maggiore del duca di Milano Ludovico Sforza detto il Moro. Questi libretti - probabilmente composti tra il 1495 e il 1498 - devono essere sopravvissuti all’usura sia il loro valore venale sia per il loro spessore simbolico. Ricchi di splendide miniature, vennero probabilmente trattati con ogni riguardo e, a ben vedere, il loro stato di conservazione è talmente eccellente da sollevare il sospetto che forse non furono neppure mai usati. D’altro canto il destinatario non era esattamente uno scolaretto qualunque: Massimiliano Sforza sarebbe stato l’ erede del Ducato di Milano e questi due libri miniati gli furono regalati per ribadire il ruolo di futuro capo di stato dotto e pio, istruito all’arte della grammatica, ai valori della fede, alle massime della saggezza.

Proprio grazie a questo facsimile possiamo ora addentrarci più agevolmente nelle meraviglie dei due libri. Il primo volumetto conserva la legatura originale in pelle con gli stemmi e le imprese del duca Ludovico Sforza. In origine conteneva 54 fogli ed è scritto in caratteri umanistici da Giovanni Battista Lorenzi, uno dei migliori calligrafi del tempo. Si tratta di un libro di grammatica detto Ianua (dalla prima parola posta sul frontespizio oggi perduto), che era il principale libro di testo usato nelle scuole elementari italiane durante il Medioevo e il Rinascimento. È un testo d’epoca medievale ma per lungo tempo è stato falsamente attribuito al grammatico romano Elio Donato (vissuto nella seconda metà del IV secolo d.C) e per questo è detto anche «Grammatica del Donato». Ianua è un testo d’analisi grammaticale che si struttura secondo domande e risposte con le quali vengono spiegate le componenti di base del latino: nome, pronome, verbo, particella, congiunzione, preposizione, avverbio e interiezione. La grammatica è seguita dai cosiddetti Disticha Catonis, brevi massime morali che si supponeva fossero state composte dal romano Marco Catone il Censore, e che invece risalgono anch’esse al Medioevo. Splendide miniature abbelliscono il codicetto. La prima pagina contiene un mezzobusto di Massimiliano Sforza in armatura (opera di Giovanni Ambrogio de Predis), mentre nell’ultima pagina del libro è riprodotto il ritratto di suo padre Ludovico il Moro. Altre quattro illustrazioni a piena pagina decorano il libro: una mostra Massimiliano Sforza che cavalca per Milano (forse miniata da Giovanni Ambrogio de Predis), un’altra mostra Massimiliano Sforza a lezione tra compagni distratti (il miniatore è Giovan Pietro Birago), una terza ci fa vedere Massimiliano Sforza a colazione in giardino (il miniatore è il Maestro del Messale di Anna Sforza) e una quarta illustra il Trionfo di Massimiliano Sforza, miniato da Giovan Pietro Birago. Al foglio 3 esisteva una quinta, bellissima miniatura: era il frontespizio del libro sul quale si leggeva la prima parola «Ianua» e si ammirava un arco di trionfo dentro il quale si scorgeva Massimiliano Sforza intento a giocare per strada. Purtroppo questa superba miniatura, forse opera di Giovanni Ambrogio de Predis, è stata strappata dal libro e rubata nel 1935. Di essa rimane una fotografia in bianco e nero, e così, in occasione della realizzazione del facsimile l’editore Panini ha deciso di far rifare la pagina perduta alla miniaturista Agnieszka Kossowska e di inserirla nel facsimile al posto d’origine.

Il secondo volumetto riprodotto è detto Liber Iesus ed è composto di 14 fogli con legatura in pergamena settecentesca. Anch’esso redatto dal calligrafo Giovanni Battista Lorenzi, il libretto contiene una miscellanea di testi: le preghiere cristiane che ogni bimbo deve sapere a mamoria (Padre Nostro, Ave Maria, Credo, ecc.), alcune brevi poesie e l’abbecedario delle lettere maiuscole e minuscole. Il tutto, ovviamente, intervallato da meravigliose illustrazioni. Già al foglio 1, infatti, compare una miniatura a piena pagina che ritrae Massimiliano Sforza bambino in armatura su un cavallo bianco (il miniatore è il Maestro dell’Epitalamio di Giasone). Sul foglio opposto una poesia in italiano spiega che, nonostante le armi si addicano a un principe, anche lo studio delle lettere gli è egualmente necessario. Gran bell’insegnamento. Poi, seguono le preghiere con relative figure. Nell’iniziale «P» del Padre Nostro è miniato Cristo che benedice. Nella «A» dell’Ave Maria è invece ritratta la Vergine col Bambino. Nella «C» del Credo si vede San Pietro. Al piede di questa stessa pagina si nota una curiosità: una mano impugna una frusta e accanto ci sono due righe minacciose: «Questa fu facta per noi ragazi. E anchor per quei che son bestial e pazi». Insomma, i bambini erano avvisati: se non stavano buoni venivano fustigati, compreso il signor conte.

Nel caso il piccolo Massimiliano Sforza avesse incontrato l’imperatore Massimiliano d’Asburgo (alleato del padre, e di cui portava il nome) avrebbe dovuto saper interloquire con lui con qualche frase in tedesco. Ecco allora che nel foglio 5 del Liber è riportato un dialogo in italiano e in tedesco, e la conversazione tra i due viene raffigurata nella miniatura sulla pagina adiacente, opera di Boccaccio Boccaccino.

Dopo tanto studio arriva finalmente l’”intervallo”: a fine libro una miniatura ritrae Massimiliano e i suoi paggi che mangiano a tavola, e una seconda miniatura, più avanti, ritrae Massimiliano e il suo compagno di giochi Franceschino che si distraggono con una gabbietta di uccellini: il precettore di Massimiliano, Antonio Secco, conte di Borella, osserva benevolo la scena. Una stella brilla annunciando l’arrivo della notte e, da una torre, un personaggio avverte che è iniziato il coprifuoco. La scena è accompagnata da una breve poesia in italiano. Il giorno è finito e lo studio anche!

Gli studiosi si sono naturalmente chiesti quali potessero essere le ragioni che portarono a scegliere questi testi e queste immagini. Massimiliano Sforza era nato il 25 gennaio 1493. Sua madre, Beatrice d’Este, aveva sposato il duca Ludovico Sforza nel 1491 e morì nel 1497. Inizialmente Massimiliano, che era il figlio maggiore, era stato battezzato con il nome del nonno materno, Ercole d’Este, ma il nome Ercole fu presto cambiato in Massimiliano per onorare l’imperatore Massimiliano d’Asburgo. Nel 1496 Ludovico il Moro incontrò personalmente due volte l’imperatore (a Bormio e a Meda) e a uno di questi incontri sembra far riferimento la miniatura del Liber Iesus. Fu proprio la tesa situazione politica e dinastica del Ducato -che i Francesi consideravano illegittimamente usurpato dal Moro - a fare da sfondo alla produzione dei due manoscritti. Nella Ianua si insiste infatti moltissimo sulla legittimazione ereditaria del fanciullo, enfatizzata dagli stemmi Visconti-Sforza, dai ritratti in armi, dai titoli ereditari (Massimiliano è detto in più punti «conte di Pavia») e dall’ossequio che il giovane erede è invitato a tributare al padre Ludovico.

In seconda istanza le miniature servono da supporto didattico. Ad esempio, sono utili per imparare meglio i verbi latini. Al foglio 11 si legge: «Amo, amas, amat» e accanto c’è l’immagine del giovane Massimiliano che va a cavallo mentre una giovane donna lo concupisce con lo sguardo. Il cartellino sottostante recita «Va per Milano el conte innamorato. E da tutte le dame e contemplato». Analogamente, la miniatura che ritrae il pic-nic all’aperto reca a lato la parola latina Edo (io mangio), mentre la parola Gaudeo (io gioisco) è accompagnata dall’immagine di Massimiliano alla guida un carro di trionfo.

Infine, le miniature insistono su insegnamenti moraleggianti. In una di esse, ad esempio, lo studente si trova tra le personificazioni del Vizio e della Virtù. Il ragazzino, ovviamente si gira verso la Virtù che a sua volta gli indica il cielo. Ma tutte queste belle immagini e tutti questi saggi auspici servirono sul serio alla carriera politica del discepolo? Ahinoi, no. Pur succeduto al padre, Massimiliano Sforza venne fatto sloggiare dai Francesi nel 1515, e perdette malamente sia Milano che il Ducato. E finì i suoi giorni in esilio a Parigi.

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