Cultura

Per battere Little Trump ci vuole Supermeno

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i fumetti della domenica del sole. intervista a massimo giacon

Per battere Little Trump ci vuole Supermeno

Massimo Giacon, 55 anni, artista padovano che fa il pendolare con la Milano dell’editoria, del design e dello stile, afferma di non prendersi troppo sul serio. In Massimo, in effetti, coabitano molte anime, pronte a materializzarsi in altrettante opere d’arte che esprimono, prima di tutto, un grande senso di libertà e un certo gusto per l’imprevisto. Massimo è fumettista, designer, musicista, illustratore, e probabilmente molte altre cose ancora, che un bel giorno ci rivelerà.

In un momento in cui il mondo del fumetto (e non solo quello) appare iperattivo, ipercolorato, superveloce, Supermeno, l’anti-personaggio che Giacon ha tirato fuori dal cilindro per “C’è qualcuno che sa leggere” della Domenica del Sole, dà l’idea di una dissacrante operazione di recupero di una dimensione più lenta, e decisamente più umana, dell’esistenza. «Mi piaceva - spiega Massimo - l’idea di questo supereroe piccolo, che sarebbe anche potenzialmente capace di fare di tutto, però non ha voglia di fare niente. Forse l’atteggiamento di Supermeno corrisponde anche a un momento personale, a un momento in cui mi “costringono” a disegnare, a fare talmente tante cose che anch’io vorrei rallentare, prendermi una pausa di riflessione. Però, quando sei chiamato a lavorare con una certa pressione, secondo me vengono fuori le cose migliori, perché riesci a fare delle cose diverse dal solito.

Sei considerato un artista poliedrico, capace di spaziare su più generi.

Diciamo che non mi prendo molto sul serio. In definitiva io non sono considerato appartenente a nessuna categoria da parte delle “altre” categorie. Non sono considerato un artista da quelli che si occupano d’arte, e non sono considerato un fumettista da chi si occupa di fumetti. Per i fumettisti sono troppo artista, per gli artisti sono troppo designer, per i designer sono troppo musicista, per i musicisti sono un bravo designer. Perciò, alla fine, dicono: «Sì, Giacon è bravo, ma non fa parte della mia categoria».

Questo ti crea degli ostacoli o ti dà maggiore libertà?

Io so che nel mondo dell’arte, se per un po’ hai fatto i fumetti, non sei considerato un artista. Non è importante che tu, magari, abbia smesso. Nel mondo dell’arte è importante che tu comunque i fumetti li hai fatti, e quindi questo “marchio” ti perseguiterà per tutta la vita. Hai fatto i fumetti, quindi non sarai mai un artista “serio”. Una volta che sei arrivato alla coscienza di questa cosa, la prendi tranquillamente....

Però il fumetto è un’arte di tutto rispetto...

Certo, questa è una cosa che per fortuna inizia a essere ribadita da parte di molti critici giovani che, in qualche maniera, sono cresciuti nella cultura del fumetto. Però, fino a un po’ di tempo fa, era difficile che questo venisse riconosciuto. E poi c’è una questione relativa all’economia, al mercato dell’arte. Un gallerista storcerà sempre il naso per il fatto che tu fai i fumetti. Per il mercato, il fatto che tu realizzi anche delle opere d’arte che vendi a migliaia di euro non corrisponde al fatto che tu vada alle convention di fumetti e faccia i disegnini che poi regali ai bambini. Questa cosa qui, per un gallerista, è inconcepibile. Per fortuna, ci sono anche i galleristi che di queste cose qui se ne fregano.

Ti senti più fumettista, più pittore, più musicista?

Non mi sento niente, mi sento me stesso. Quando sono stato in Canada, di recente, a fare una mostra, il gallerista canadese mi ha detto: «Sa qual è la caratteristica di tutti gli artisti italiani che ho visto qui? Che quando li presento al pubblico, e dico che sono dei grandi artisti, tendono a minimizzare». Forse noi italiani siamo condizionati dal fatto che appena uno è cosciente della propria capacità, e parla bene del proprio lavoro perché ne è orgoglioso, il resto degli italiani dice “ma quanto se la tira questo qui”.

Cosa è per te il fumetto?

Ho sempre pensato al fumetto come a un progetto a tutti gli effetti. Il fatto che molte persone che vengono dal fumetto abbiano poi affrontato altri media ne è la prova. Molti ex fumettisti sono diventati musicisti, video maker, registi, designer. Il fumetto è un progetto complicato: devi raccontare una storia attraverso le immagini, e allo stesso tempo devi scegliere come disegnare, che stile adottare, che colore utilizzare. Insomma, anche quando è diretto ai bambini, il fumetto è un oggetto complicato, pieno di informazioni.

Nella tua formazione di artista ha avuto un ruolo importante la frequentazione di Ettore Sottsass, uno dei più noti designer italiani. Ce ne puoi parlare?

Ettore mi ha fatto capire che nel raccontare una storia a fumetti sono importanti gli oggetti, è importante l’architettura, è importante l’ambiente. In generale, per un fumettista alle prime armi, l’interior design, l’architettura, le case, ma anche gli alberi, la natura, sono quelle cose che devi mettere dietro al personaggio per riempire la vignetta. E da usare solo quando sono strettamente necessarie. Ettore invece mi ha fatto capire quanto gli oggetti siano importanti a livello narrativo. I colori, le forme, comunicano la storia. Sottsass lavorava con dei solidi primari, esattamente come le costruzioni di un bambino. Solo che le sue, messe insieme in quel modo, erano sempre sorprendenti, anche se erano l’assemblaggio di cose semplici. Ettore in più era un grande viaggiatore al quale piaceva entrare in contatto con altre forme di cultura, non aveva pregiudizi di tipo politico o morale.

Come nasce l’ispirazione per creare un oggetto di design?

All’inizio, quando ero passato dal fumetto al design, non pensavo alla funzionalità dell’oggetto. Poi, però, gli oggetti li devi realizzare industrialmente. La frequentazione degli ingegneri mi ha portato a essere più riflessivo, non solo sulla funzionalità, ma anche sulla fattibilità degli oggetti di design. Io, più che all’oggetto, penso alle persone che lo devono tenere in casa. Anche questa è una cosa che mi ha insegnato Ettore Sottsass.

Qual è il fumetto che preferivi da bambino?

Naturalmente Nembo Kid. Quando ho fatto vedere le prime “matite” di Supermeno, qualche vignetta esplorativa per vedere le reazioni dei miei amici, la cosa è stata divertente perché, a volte, ci sono feedback che ti danno nuove idee. Uno dei miei amici, dopo aver visto il ciuffo ribelle di Supermeno, mi ha detto: «Ah, è Little Trump?» E io gli ho risposto: «Ma sai che questa è una buona idea? Potremmo fare incontrare Supermeno con Little Trump, che magari è un bambino iperattivo che lo vuole coinvolgere nei giochi e lui non ha voglia di fare niente. Supermeno e Little Trump non si sono ancora incontrati, ma potrebbero incontrarsi in una seconda puntata....

Esprimi un desiderio

Che si faccia un rewind rispetto alle elezioni americane (rispetto all’elezione di Donald Trump, ndr). Mi piacerebbe avere la macchina del tempo e tornare indietro di qualche mese, mettere da parte Trump e trovare un altro candidato. Ma questa è una risposta troppo politica.

Di cosa ti stai occupando ora?

Mi sto occupando di una serie di piccole ceramiche d’artista per una manifestazione che ha secoli di storia, la Focara di Novoli, in provincia di Lecce. Sto facendo poi un libro nuovo per Panini, poi avrei un progetto su Olivetti, poi un’altra cosa biografica su Elio Fiorucci. Insomma, non si finisce mai......

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