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Bolle sempre in viaggio verso la bellezza

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Al cinema l’arte della danza

Bolle sempre in viaggio verso la bellezza

Roberto Bolle alla presentazione del film documentario “L’arte della danza” (Ansa)
Roberto Bolle alla presentazione del film documentario “L’arte della danza” (Ansa)

Presentato al “Torino Film Festival” e destinato a girare in molte sale cinematografiche del Paese, Roberto Bolle. L’arte della danza, non è propriamente un film, bensì un documentario dalle splendide immagini, messe insieme dalla regista/critico di danza Francesca Pedroni. Piacerà ai fan, agli ammiratori del magnifico e tenace ballerino: qui alla prese solo con le più recenti tournée (Pompei, Caracalla, Arena di Verona) concepite per se stesso ma anche per i suoi “Friends”: la scaligera Nicoletta Manni, Melissa Hamilton del Royal Ballet come Matthew Golding, i gemelli Jiři e Otto Bubeníček, rispettivamente della Semperoper Ballet di Dresda e dell’Hamburg Ballett al pari di Alexandre Riabko, Anna Tsygankova del Dutch National Ballet, Maria Kochetkova e Joan Boada del San Francisco Ballet.

La formula di gala con divo e “Friends” fu messa a punto, già da quel dì, dall’arguto Rudolf Nureyev. Bolle gli rende il merito dell’invenzione (tra l’altro copiata da molte altre star, tra cui Svetlana Zakharova) e lo ricorda per averlo scelto, a soli quindici anni, per danzare in Morte a Venezia, una coreografia concepita in Italia, per ballerini nazionali (n.d.r.).

L’inizio del documentario e la sua fine coincidono. Bolle interpreta lo Schiavo in perizoma e fascia d’oro, al Teatro Grande di Pompei, con l’abituale vigore. Se all’inizio, passeggiando per la città sepolta e riemersa, almeno in parte, ci spiega come la bellezza possa essere il vero antidoto contro la crisi esistenziale e sociale del nostro presente, al termine del filmato ribadisce quanto proprio la scelta di quel passo a due da Excelsior (1881) - lui Schiavo liberato dalla Civiltà - coincida con i valori del progresso, della ricerca scientifica, della fratellanza dei popoli. Tutti ideali profetizzati all’epoca da Luigi Manzotti, il coreografo del “gran ballo” (n.d.r), cui il nostro divo “ impegnato” e mai indifferente alle temperie dei giorni nostri, sente di aderire ancora.

Un «artista pop» ambasciatore della grande danza.

Verso la fine del documentario egli stesso si definisce “un artista pop”, ma nel senso più alto del termine, cioè tramite di una cultura della danza - nel suo caso preferiremmo, tuttavia, la parola balletto - destinata, a suo avviso, ancora ad una élite di spettatori. Mentre ci vengono mostrati oceani di pubblico plaudenti, in visibilio e asserragliati al termine dei gala a chiedergli autografi e fotografie, la considerazione sembra contradditoria. Certo Bolle, gloria d’Italia, non è un ballerino qualunque: di lui si parla e scrive in continuazione, e di recente gli è stata cucita addosso anche una seguitissima trasmissione televisiva per la regia di Giampiero Solari.

Roberto, nato a Casale Monferrato nel 1975, ha molte frecce nel suo arco. In primis, un corpo statuario e perfetto, e che si mantiene tale grazie a un allenamento quasi ossessivo ma necessario come si evince nelle riprese di prova del video. Possiede una dolce simpatia, una naturalezza invidiabile, da “bravo ragazzo”: tutti vorrebbero essergli amici. Ha anche imparato, nella progressione dei suoi molti gala, a mettere insieme programmi non banali, cosa che potrebbe avviarlo alla direzione di qualche compagnia… .

Nel suo apologetico Roberto Bolle. L'arte della danza balla molti ruoli: da Apollo di George Balanchine a Don José nella Carmen di Roland Petit, a Romeo nell’eponimo Romeo e Giulietta di Kenneth Mac Millan. Soprattutto, ci regala un passo a due maschile, da noi pressoché sconosciuto - Opus 100, confezionato anni fa dal grande coreografo John Neumeier per il settantesimo compleanno dell’amico Maurice Béjart. In tanta eclatante ricchezza due soli nei: l’assenza, nel progetto, di una drammaturgia/sceneggiatura vera, in grado di spezzare, più di quanto non faccia, la serie di gala, prove, balletti, riprese di viaggio - secondo un andamento alla lunga prevedibile. Infine, una nota che potrebbe suonare antipatica ma non lo è, proprio perché al divo Bolle vogliamo molto bene, gli suggeriremmo la cura della sua voce. Andrebbe compreso da tutti i ballerini che il corpo ha anche un’emissione vocale e con esso, questa fa tutt’uno. Beiamoci, comunque, nella bellezza muta del finale “extra più” del documentario (successivo al passo a due di Excelsior), del nostro autorevole soggetto, così libero in costume quasi nature, su poche note del Lago čajkovskiano, e ripreso in immagini di intensa passione.

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