
La cultura del contemporaneo in Italia, si sa, non ha sempre vita facile, ed inevitabilmente questa sorte non può che toccare all’istituzione di punta dell’arte e dell’architettura contemporanea nazionale, il MAXXI. Dopo la risposta entusiastica di pubblico all’apertura nel 2010, che suscitò in molti la speranza che finalmente anche da noi si fossero create le condizioni per un dialogo reale tra la nostra società e le espressioni culturali più innovative delle ultime generazioni, è iniziata una fase travagliata, non priva di momenti di crisi – una situazione che, peraltro, ha investito in varia misura l’intero sistema museale del contemporaneo italiano, mettendo alla prova la resilienza e la capacità adattativa delle sue istituzioni di punta così come di quelle più piccole e periferiche, alcune delle quali, purtroppo, non sono sopravvissute alla prova o ne sono uscite sostanzialmente ridimensionate. In alcuni casi, però, il momento difficile è stato anche l'occasione per un salto di qualità strategico e per un allargamento importante del raggio d’azione nei confronti della società civile in tutte le sue espressioni.
E questo è senz’altro vero, in particolare, proprio per il MAXXI, che ha superato la boa del primo quinquennio con uno slancio progettuale nuovo che è il risultato di una felice combinazione di visione e lavoro curatoriale, lucidità strategica, e solidità gestionale. Lungi da poter contare sull’apporto di risorse pubbliche di un Centre Pompidou, il MAXXI ha sviluppato una notevole capacità di autofinanziamento, che copre il 40% circa delle entrate di bilancio tra sponsorizzazioni e mecenatismo, bigliettazione, royalties e locazione di spazi. L’andamento tendenziale dei visitatori del 2016 registra un incremento di bigliettazione nei primi dieci mesi del 2016 di quasi il 30% sull’anno precedente.
L’obiettivo principale non è però la massimizzazione del pubblico pagante (le entrate dalla bigliettazione, per quanto importanti, sono raramente decisive nella sostenibilità finanziaria di un museo di questa natura e queste dimensioni), quanto piuttosto la paziente costruzione di un pubblico attento e fidelizzato, anche grazie ad una politica accorta e mirata delle free admissions. La collezione permanente, che è già visitabile gratuitamente dal martedì al venerdì, a partire dalla primavera del prossimo anno triplicherà i suoi spazi con un importante riallestimento, e si aprirà uno spazio di ristorazione accessibile indipendentemente anche al di fuori dagli orari di apertura del museo. Il MAXXI vuole così diventare, ancora più di quanto non lo sia oggi, non soltanto un luogo della contemporaneità, ma uno spazio di relazione fortemente integrato nella vita della città. Questa filosofia si sposa con un impegno costante verso la mediazione e il raggiungimento di nuovi pubblici, con una programmazione di attività che escono anche dallo spazio fisico del museo per raggiungere i banchi di scuola, forse il luogo più fertile e necessario per un dialogo sulla contemporaneità. Una piattaforma civica quindi, ma anche di diplomazia culturale, grazie all’attenzione preferenziale rivolta in questi ultimi anni alle scene culturali di paesi che, come la Turchia o l’Iran, e prossimamente il Libano, vivono la tensione tra innovazione culturale e tradizione in modo problematico e quindi, allo stesso tempo, particolarmente intenso.
Il MAXXI sta dunque raggiungendo finalmente un assetto che rispecchia ampiamente ed in modo coerente la missione di un museo nazionale del XXI secolo, capace di produrre mostre di qualità ma anche, e forse soprattutto, di contribuire alla costruzione di una consapevolezza sociale diffusa dell’importanza della cultura del contemporaneo in tutti gli aspetti della nostra vita sociale e civile, nonché nel racconto di noi stessi al mondo come paese identificato sì con la cultura, ma troppo spesso, fino ad oggi, quasi esclusivamente con una cultura che è espressione, per quanto straordinaria, di epoche lontane dalla nostra. C’è ancora molto lavoro da fare, ma è importante sottolineare che ci si sta muovendo nella direzione giusta, e che si può puntare a traguardi ancora più ambiziosi. Specialmente se la capacità di raccolta di risorse private dimostrata in questi ultimi anni fosse vista come una valida ragione per aumentare l’impegno delle risorse pubbliche. Sarebbe un segnale importante, non solo per il MAXXI e per il contemporaneo, ma per tutto il sistema museale italiano. E sarebbe soprattutto un segnale coerente con la filosofia gestionale che informa la svolta delle politiche museali di questi ultimi anni: l’attrazione di risorse private non in sostituzione di quelle pubbliche, ma come spinta ulteriore per un salto di qualità.
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