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Buon Dio giardiniere

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Religione

Buon Dio giardiniere

Pensare all’ambiente avendo cura della casa comune - come ha ricordato Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’ - rientra nell’orizzonte di una fede vissuta prima ancora che in un impegno sociale e politico. La sensibilità per la natura è parte costitutiva dell’uomo religioso e, in particolare, del cristiano che nella sua professione di fede afferma: «Credo in Dio, Padre Onnipotente, creatore del cielo e della terra». L’origine di uno stile di vita ecologico trova fondamento nella riflessione sulla Creazione, nella presa in carico dello spirito dei sette giorni della Genesi e dell’incarnazione di Cristo. Scrive il teologo riformato Karl Barth ne La dogmatica ecclesiale che «lo scopo della creazione è quello di rendere possibile la storia dell’alleanza di Dio con l’uomo, un’alleanza che possiede il suo punto di partenza, il suo centro e il suo fine in Gesù Cristo». Custodire il mondo diventa una prioritaria responsabilità di chi lo abita per non deturpare l’azione di Dio né ostacolare la sua presenza. Il Cristianesimo ha sempre alimentato la visione della natura come dono ricevuto e come strumento di conoscenza per arrivare a Dio. Una distorta lettura dell’affermazione biblica «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra, soggiogatela» (Genesi) ha indotto alcuni ad attribuire ai cristiani il saccheggio dell’ambiente in quanto portatori di un pensiero di dominio e di sfruttamento. In altre direzioni, invece, andrebbero ricercate le radici storico-culturali della profonda alterazione del rapporto uomo-natura. Per il teologo Wolfhart Pannenberg, autore di Antropologia in prospettiva teologica (Queriniana), il secolarismo ha giocato un ruolo da protagonista nel dissesto ambientale perché, cancellando Dio dall’orizzonte dell’agire umano, ha reso tutto possibile e ha eletto il dispotismo a criterio naturale di qualsiasi relazione.

L’enciclica Laudato sì, nel rilanciare l’urgenza della salvaguardia del pianeta, invita a considerare i fondamenti che rendono possibile e duraturo tale impegno il cui orizzonte va ampliato per abbracciare una vera “ecologia umana” dove natura e uomo vengano sottratti alla schizofrenia permanente che separa ecologia e antropologia. A rafforzare teologicamente il concetto di “Creazione come ecologia compiuta” è da poco uscito il saggio Dio è anche giardiniere di Christophe Boureux, teologo domenicano e docente a Lione. Il suo lavoro restituisce centralità all’evento originario invitando a «considerare-guardare la Creazione come paesaggio cristiano». Usa il termine “paesaggio” attribuendogli la forza di descrivere e far capire anche visivamente le relazioni strette esistenti tra ogni componente del mondo. Un “paesaggio cristiano” – specifica - che mostra il volto delle cose e del loro Creatore. Boureux conduce il lettore nel “teatro della Creazione”, facendone capire il tempo, lo spazio, l’urgenza della condivisione e l’umanizzazione portata in essa dagli animali. L’ecologia resta sullo sfondo, non è oggetto specifico di trattazione, perché il teologo francese vuole che si rifletta sulla sola nozione in grado di valorizzare, illuminandoli, i concetti di natura e di esistenza: ovvero la «creazione in Cristo, primogenito di ogni creatura». È la via per non assolutizzare la tecnica, conservare la centralità dell’uomo, ristabilire la relazione tra Dio e la realtà. La “Creazione secondo Cristo” evita di fermarsi alla riduzione creazionista o di abbandonarsi a una visione solo evoluzionistica.

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