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Quella voce misteriosa all’Eiar

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Quella voce misteriosa all’Eiar

Romantico. «Ogni movimento rivoluzionario è romantico
per definizione» (Antonio Gramsci)
.
Radio. La principale trasmissione radiofonica dell’Eiar negli anni del fascismo era il Commento ai fatti del giorno, punta di lancia del regime. Si alternavano ai microfoni propagandisti scelti, come Mario Appelius o Giovanni Ansaldo. Andava in onda alle 20,20, tutte le sere.
Inglesi. «Dio stramaledica gli inglesi!» (invettiva abituale con cui Appelius chiudeva la trasmissione).
Voce. Il 6 ottobre del 1941, improvvisamente, durante una pausa nel discorso di Appelius, una voce metallica dichiarò: «Italiani, qui parla la Voce della verità». Appelius continuò senza sentirla. Nuova pausa del conduttore, e di nuovo la voce: «La Voce dell’Italia libera!». Appelius proseguì. «La Voce dell’Italia antifascista!» risuonò ancora. E via così. Ad ogni pausa di Appelius, una nuova interferenza. Il primo diceva: «Non può sfuggire la vittoria dell’Asse contro le potenze demo-giudo bolsceviche». E la voce ribatteva: «Non è vero!». La voce si insinuò poi tutti i giorni nella trasmissione.
Agitazione. «Per tutti coloro che ascoltano la radio, e sono milioni, il fatto del giorno è l’apparizione nelle trasmissioni dell’Eiar di una voce misteriosa, che con frasi brevi, imperiose, incisive proclama la verità popolare, dice la verità, denuncia l’asservimento dell’Italia alla Germania e chiama il popolo italiano alla lotta per la fine della guerra. Il fatto ha dato luogo nei locali pubblici a scene vivacissime. Dapprima la sorpresa fu generale. Poi incominciarono le discussioni. La maggioranza ha capito benissimo che si tratta di un nuovo efficace mezzo di agitazione contro il regime anche se nessuno si rende conto del modo come la cosa sia fatta» (l’editoriale di Ercoli a Radio Milano, qualche giorno dopo la prima intrusione della voce).
Polano. La voce era quella di Luigi Polano che era stato incaricato direttamente da Togliatti di disturbare la trasmissione. Inizialmente trasmetteva dalla zona libera di Užice, piccola repubblica partigiana in Serbia. Poi, i nazisti avanzando, dovette trasferirsi nel monastero di Studenica, in Montenegro, infine a Novorossijsk.
Spettro. «Per ultimo è stato raccattato uno sciagurato, è stato nominato “spettro” di prima classe e incaricato di intervenire nelle nostre onde per fare paura agli italiani. Paura gli spettri fanno ai bimbi! Non a un vecchio popolo imperiale come l’italiano che era già padrone e amministratore di un impero quando gli inglesi mangiavano ancora il pesce crudo...» (Mario Appelius, Parole dure e chiare, 1942).
Lenin. Luigi Polano, «comunista spinto», sardo, sposato con la compagna Maria Piras, un figlio, Tello. Nel 1920 era segretario della Federazione giovanile socialista italiana e membro dell’esecutivo dell’Internazionale giovanile quando aveva incontrato Lenin per la prima volta. Convocato per un colloquio, rispose così al leader comunista: «Ti confesso che siamo forti nei centri operai del Nord e dove è presente il bracciantato agricolo. Ma non abbiamo dedicato una particolare attenzione alla penetrazione tra la gioventù contadina...». Si sentì dire da Lenin: «Fatelo. Dedicate uno sforzo di penetrazione tra le masse della gioventù contadina perché la classe operaia nella sua lotta rivoluzionaria deve avere come alleati i giovani contadini. Oltre a diffondere l’ideale socialista fra i giovani dovete occuparvi di problemi concreti. Lo studio, il lavoro, il tempo libero».
Missione. La voce di Pelano si insinuò quasi tutti i giorni fino al 5 giugno 1944, quando arrivò la notizia della liberazione di Roma e della fine della missione.
Mirafiori. «Mirafiori, Officine Rasetti, Microtecnica e, ora, anche i tranvieri torinesi. Nei giorni scorsi tutte le fabbriche di Milano. In sciopero! Capite, compagni? In sciopero gli operai delle grandi fabbriche del Nord Italia! Contro la guerra e per chiedere condizioni di lavoro migliori. Centomila operai hanno incrociato le braccia e non succedeva da vent’anni» (comunicato letto dalla voce di Polano alla radio nella primavera del 1943).

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