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Torino Film Festival: delude «Free State of Jones», bene Lav Diaz

Delude le aspettative «Free State of Jones», uno dei titoli più attesi del Torino Film Festival 2016, diretto da Gary Ross con protagonista Matthew McConaughey.

L'attore interpreta Newton Knight, un contadino del Sud degli Stati Uniti che durante la Guerra Civile Americana si ribellò all'esercito confederato. Con l'aiuto di un gruppo di agricoltori, darà il via alla rivolta che porterà la Contea di Jones a separarsi dagli Stati della Confederazione.

Ispirato a eventi realmente accaduti, «Free State of Jones» è un kolossal storico che fatica a coinvolgere ed emozionare.

Troppo lento il ritmo per un film che dovrebbe essere avvincente, mentre la regia di Ross si limita a un compitino meramente scolastico. La retorica prende il sopravvento e la scrittura dei personaggi è tanto didascalica quanto grossolana, mentre la lunga durata contribuisce a rendere la visione ancor più pesante e insoddisfacente.

Molto più lungo, ma decisamente più interessante, è «A Lullaby to the Sorrowful Mystery», film torrenziale, della durata di otto ore, firmato dall'autore filippino Lav Diaz e premiato all'ultimo Festival di Berlino.

In questo lungometraggio, il regista esamina il mito di Andrés Bonifacio y de Castro, colui che ha dato inizio alla rivoluzione filippina contro il dominatore spagnolo, negli ultimi anni dell'Ottocento.

Mentre il governatore cerca di sedare le rivolte, la vedova di Bonifacio si addentra sempre più nella giungla in cerca del corpo del marito.

Utopia, mito, colpe e responsabilità: sono soltanto alcune delle tematiche che porta avanti questo film complesso e stratificato, sublime e respingente allo stesso tempo.

Seppur non rientri tra i titoli più significativi della filmografia di Diaz (si pensi a «From What Is Before» o al recente «The Woman Who Left», Leone d'oro alla Mostra di Venezia 2016), a causa di una certa ridondanza narrativa che va al di là della lunga durata, il film ha momenti di enorme fascino e resta un'esperienza cinematografica unica e affascinante.

Magnifici i giochi di luce e ottimo anche il lavoro degli attori in questo film debordante, certamente non per tutti ma anche capace di regalare riflessioni tutt'altro che banali.

Sempre dalle Filippine arriva l'atteso «Ma' Rosa» di Brillante Mendoza.
Al centro una donna, Ma' Rosa, che ha quattro figli e gestisce un negozio in uno dei quartieri più poveri di Manila. Insieme al marito, però, si occupa anche dello spaccio di narcotici e avrà presto grossi problemi con la polizia locale.

C'è qualche problema di ritmo e un inizio che fatica un bel po' a carburare nel nuovo lavoro dell'autore di «Kinatay»: la prima parte è respingente e prolissa, mentre decisamente meglio va la seconda quando si rimane maggiormente coinvolti dalla vicenda. Anche la conclusione è efficace, ma i limiti iniziali lo rendono un prodotto che funziona solo a metà, troppo altalenante per poter convincere fino in fondo.

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