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Mario, che trasforma la linea in un punto

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Mario, che trasforma la linea in un punto

Mario è un ragazzino piccoletto che a volte ci regala intuizioni che volano alte. Vivacissimo nei movimenti, in prima elementare non voleva entrare in classe. Ogni volta che varcava la soglia dell'aula, si buttava a terra e s'inventava qualche scusa per ritirarsi in un angolo o vicino alla finestra per urlare silenziosamente, con l'esplicita lingua del corpo, che lui in quel posto non voleva proprio starci.

All'inizio ci rimanevo male, insistevo a invitarlo a stare con noi in cerchio, ma era peggio. Lui reagiva facendo tutto a rovescio, sempre più immusonito.

Poi, ascoltando anche i suggerimenti della mia collega Cornelia, ho capito che era meglio aspettare, non opporsi e lasciare che fosse lui ad avvicinarsi alle nostre attività quando si sentiva di farlo. E infatti, dopo una decina di minuti, attratto da dalle risa e dalle complicità con cui i compagni partecipavano ai primi giochi mattutini, piano piano Mario cominciava ad avvicinarsi sornione, attento a che nessuno si accorgesse che era arrivato anche lui. Sembrava volesse nascondere anche a se stesso il fatto che, tutto sommato, quello che stavamo facendo lo attirava e divertiva. E, infatti, dovevamo tutti far finta di niente e non guardarlo, altrimenti scappava via di nuovo.

Negli anni Mario ha via via trasformato questo suo bisogno di distinguersi, facendo prevalere il desiderio di stupire compagne e compagni con irruzioni comiche e trovate e movimenti incongrui, come quello di mettersi a testa in giù, facendo la verticale poggiato al muro, per ribadire che lui, comunque, le cose voleva guardarle alla rovescia.

Un giorno, in terza elementare, stavamo discutendo della linea verticale e, per ragionarci meglio, avevo legato il nostro martello a uno spago. Mentre ci passavamo di mano in mano quest'improvvisato filo a piombo, un bambino ha spiegato che suo papà lo usa quando costruisce i muri. Ci siamo chiesti in quali direzioni andasse il segmento di retta che avevamo in mano e, raccogliendo diverse ipotesi, siamo arrivati alla conclusione che il giù della nostra linea verticale va verso il centro della Terra, mentre il su va nella direzione opposta, che ho detto loro si chiama Zenit.

E' a questo punto che Mario, salendo d'un balzo sopra al suo banco si è sporto e, guardando dall'alto lo spago col martello appeso che teneva in mano, ha detto: “Se la guardo da qui, la linea diventa un punto”.

I suoi occhi avevano visto una straordinaria trasformazione geometrica, resa possibile non da un sofisticato programma al computer in 3D, ma dal suo corpo irrequieto, il cui libero muoversi nello spazio lo aveva aiutato a pensare. Col suo movimento Mario ci stava aiutando a ragionare intorno a quel curioso caso limite che tramuta un segmento di retta in un punto. Ci stava ricordando quanto un corpo in movimento aiuti il pensiero e quanto sia importante saper mutare il nostro punto di vista. Non solo in geometria.

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