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Shakespeare balla con Misty

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DANZA

Shakespeare balla con Misty

Classico. «Lago dei cigni» di Alexei Ratmansky
Classico. «Lago dei cigni» di Alexei Ratmansky

Punto di domanda: chi sarà il nuovo direttore del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala? Sulla stagione coreutica, al via il 20 dicembre sul palco del Piermarini, grava questo non poco irrilevante interrogativo. Dopo la defezione di Mauro Bigonzetti per “motivi di salute”, è saltata la sua Coppélia inaugurale; il cartellone ha subito modifiche, con inevitabili riprese decise da Frédéric Olivieri, l’incaricato pro tempore (fine febbraio), già alla testa del complesso scaligero dal 2002 al 2007, ma da dieci anni felicemente passato a dirigere la Scuola di Ballo scaligera.

Se il toto-direttore oscilla tra i divi Roberto Bolle e Alessandra Ferri, dal francese Laurent Hilaire, passando per lo stesso Olivieri e l’ex-scaligero Francesco Ventriglia, sino a ieri leader del Balletto Reale neozelandese, la difficoltà vera consiste nel trovare una guida colta - e l’aggettivo va sottolineato - in grado di amalgamare tradizione e innovamento, secondo una progettualità definita. Il Balletto della Scala se lo merita: oggi, grazie anche all’ottimo lavoro dietro le quinte di Massimo Murru, già étoile del Teatro e dei vari maître, il complesso scaligero ha raggiunto un livello tecnico-espressivo assai elevato (eredità sicura di Makhar Vaziev, il penultimo direttore russo) e può bagnare il naso all’altezzoso complesso dell’Opéra, come ha dimostrato proprio di recente, in casa del “rivale”, a Parigi, nelle esaurite recite del più che raffinato Lago dei cigni di Alexei Ratmansky.

Questa delicata produzione, tutta tesa a riportare alla luce la poesia del Lago e lo stretto legame con la musica di Čajkovskij, senza eccedere in virtuosismi tecnici, nacque nella stagione scorsa. Troneggia però, nel nuovo cartellone, imperdibile anche se in luglio (8-21) come suo penultimo appuntamento. L’ultimo sarà infatti Onegin nella collaudata versione di John Cranko (23 settembre-18 ottobre) che ne fece, nel 1965 un accorato e infelice “dramma danzato”, ispirandosi all’eponimo romanzo in versi di Aleksandr Puškin e a molta musica ancora di Čajkovskij.

Intanto, dopo l’attesa Madama Butterfly, tutti gli occhi son puntati su di un Romeo e Giulietta - sostituto della mancata Coppélia - destinato a creare scalpore anche se offerto nella ben nota versione di Kenneth MacMillan . L’ospite d’onore, nelle prime quattro recite, sarà infatti Misty Copeland, messa sotto tutti i possibili riflettori pubblicitari del globo, per essere stata la prima afro-americana nominata Principal Dancer all’American Ballet Theatre, per il suo difficoltoso passato; l’impegno a favore di chi non può permettersi di frequentare scuole di balletto di alto livello, and last but not least per il suo fisico muscoloso ed energico, tipico nelle ballerine moderne e/o contemporanee, e perciò, sino a qualche anno fa, negato ai ruoli da silfide eterea del grande repertorio.

Giulietta non è uno di questi ruoli e in coppia con Roberto Bolle la vigorosa Copeland potrebbe fare faville. Tuttavia, a Capodanno, e per un’unica recita beneaugurante, Misty avrà una concorrente insidiosa: quella Alessandra Ferri (classe 1963), in passato sua maestra e choac proprio all’American Ballet Theatre. Tornata a danzare dopo un accorato addio alle scene scaligere nel 2007, e ben nove anni di “riposo”, comunque occupati a programmare danza, a esempio per il Festival dei Due Mondi di Spoleto, la Ferri riacciuffa il suo ruolo “di battaglia”, quello appunto di Giulietta, e accanto al più giovane partner Herman Cornejo. Quest’audace responsabile del ritorno alle scene della Ferri deve aver influito sulle energie psico-fisiche della ballerina, un po’ come accadde alla già matura Margot Fonteyn quando cominciò, ma siamo negli anni Sessanta, a far coppia fissa con Rudolf Nureyev, giovane e irresistibile esule tartaro.

Dopo l’inaugurazione, due appuntamenti quasi complementari nel loro essere legati all’esperienza dei Ballets Russes: una Serata Stravinskij, sul podio Zubin Metha (11 febbraio-1 marzo) e un trittico in cui compare anche Symphonie in C di George Balanchine (19 aprile-13 dai maître di casa maggio). L’omaggio stravinskiano affianca un “must” della compagnia ideata e diretta da Sergej Djagilev dal 1909 al 1929: Le Sacre du printemps (1913) a Petruška (1911). Ripescato dal repertorio scaligero, il primo balletto sarà restituito nella glaciale versione di Glen Tetley: il coreografo statunitense immaginò, nel 1975, un livido sacrificio non più primaverile bensì invernale. Quanto a Petruška (1911) si rimanda al prezioso originale di Michail Fokin, presumibilmente riallestito dai maître di casa, secondo il diktat dello scomparso Evghenj Polyakov. Il Trittico inizia, invece, con La Valse, su musica di Maurice Ravel, una creazione del 1929, allestita dalla compagnia di Ida Rubinstein e ora affidata, per un nuova versione a Stefania Ballone, Marco Messina e Matteo Gavazzi, tre danzatori scaligeri in veste di neo-coreografi o quasi.

Debutto assoluto anche per Shéhérazade, su musica di Nikolaj Rimskij-Korsakov; l’esotica coreografia del 1910, questa sì creata, in origine, per i Ballets Russes e con le magnifiche scene di Léon Bakst, è stata cosegnata all’estro trasformatore di Eugenio Scigliano, per la prima volta coreografo ospite alla Scala. Poi, forse grazie alla direzione pro tempore di Frédéric Olivieri, tornerà sul palco del Piermarini uno spettacolo della “sua” Scuola di Ballo (22-30 aprile) e Il sogno di una notte di mezza estate (28 giugno-22 luglio) di Balanchine (1962), di cui lo stesso Olivieri fu accanito promotore negli anni della sua leadership del Balletto scaligero. Olivieri riuscì a stabilire una buona relazione con il “Balanchine Trust” di New York e ad ottenere i diritti in esclusiva del Sogno per vari anni. Conquista preziosa: grazie a questo balletto di Mister B., letteralmente risorto grazie alle scene e ai costumi indovinati di Luisa Spinatelli, fece galoppare il Balletto scaligero nel mondo, e sino in Cina.

Quanto a Mauro Bigonzetti, non tornerà alla Scala ma lascerà una novità. Con la prima assoluta di Progetto Händel (20 maggio-primo giugno) riabbraccerà la sua spiccata predilezione per la musica antica e barocca, riportando all’origine le Suites di Georg Friederich per pianoforte/clavicembalo, ma anche altre composizioni cameristiche per fiati e archi. I protagonisti saranno Roberto Bolle e soprattutto Svetlana Zakharova, per la quale Bigonzetti non ha ancora creato coreografie. L’étoile ucraina, in carica dal 2008 come tale al Teatro alla Scala, donerà il suo fascino all’immaginazione fervida del compositore barocco.

Stagione dai molti cromatismi, tutta da seguire: nonostante tutto…

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