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L’Accademia (senza il David)

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L’Accademia (senza il David)

La Galleria dell’Accademia di Firenze (oggi diretta da Cecilie Hollberg) è universalmente e giustamente nota perché conserva al suo interno il maggior numero di sculture di Michelangelo al mondo (ben sette), fra le quali “giganteggia” (è il caso di dirlo) il celeberrimo David. La semplice presenza del David e dei Prigioni pone questo museo al quarto posto tra i siti più visitati d’Italia nel 2015, dopo il Colosseo e il Foro Romano (1° posto), Pompei (2° posto) e gli Uffizi(3°posto).

Ma, oltre a Michelangelo, il museo ospita anche qualcos’altro? La domanda è ovviamente paradossale, ma serve a sottolineare un concreto dato di fatto: che pochi tra noi - svegliati nel cuore della notte - sarebbero in grado di citare a memoria altre opere qui conservate. Eppure le Galleria dell’Accademia di Firenze. oltre alle collezioni di statue, conserva una delle più vaste raccolte al mondo di pittura su fondo oro, assieme a un notevole Museo degli strumenti musicali, nel quale sono esposti molti manufatti appartenenti alla collezione storica del Conservatorio Luigi Cherubini, e dove campeggia forse il più antico pianoforte della terra. Per non dire della spettacolare Gipsoteca ottocentesca.

La mostra su Giovanni dal Ponte - protagonista rimesso in luce della fantastica stagione pittorica fiorentina a cavallo tra Gotico e e Rinascenza - può offrire l’occasione di soffermarsi con più attenzione e consapevolezza proprio sulle raccolte di dipinti antichi attigue alla mostra stessa. Insomma l’invito è di venire alle Gallerie dell’Accademia e, per una volta, di lasciar perdere quel mirabile déjà vu del David per concentrarsi sulla raccolta dei dipinti, tra l’altro magistralmente studiata negli ultimi decenni da Miklòs Boskovits e Angelo Tartuferi.

Le emozioni, anche in questo caso, sono garantite. Ma da dove proviene questa raccolta? Ecco, in breve la storia.

L’Accademia di Belle Arti di Firenze venne fondata nel 1784 dal granduca Pietro Leopoldo di Lorena (che vi riunì le antiche accademie artistiche medicee) per diventare il luogo deputato all’insegnamento delle arti. A questo scopo l’Accademia venne affiancata da una Galleria, nella quale gli studenti avrebbero potuto trovare opere originali e riprodotte sopra le quali studiare e formarsi: gessi, calchi, disegni e naturalmente molti dipinti antichi.

La quadreria dell’Accademia si arricchì dei tesori provenienti da conventi e monasteri soppressi prima da Pietro Leopoldo e poi da Napoleone. In Accademia approdarono così strepitori capolavori di Cimabue, Giotto, Masaccio, Masolino, Angelico, Gentile da Fabriano, Verrocchio, Leonardo, Pontormo, eccetera. C’era persino la Primavera di Botticelli, di provenienza granducale.

Con il Risorgimento e la proclamazione di Firenze capitale d’Italia (1865-1871), tutti i musei cittadini vennero ridisegnati, Galleria dell’Accademia compresa. Innanzitutto, nella Galleria si ricoverò il David di Michelangelo (1872) con la costruzione di una nuova Tribuna scenograficamente posta al termine della Galleria dei Quadri antichi. Il nuovo Museo michelangiolesco venne inaugurato nel 1882 e accanto al colosso vennero posizionati i quadri. Ai primi del Novecento vennero qui trasferiti i Prigioni michelangioleschi (che si trovavano nella Grotta del Buontalenti a Boboli, il San Matteo che da anni «sonnecchiava» sotto l’atrio dell’Accademia, il Torso di fiume dall’Accademia di Belle Arti e il Genio della Vittoria dal Bargello.

Nel 1919 però un nucleo di dipinti-cardine della scuola fiorentina venne destinato agli Uffizi (Giotto, Cimabue, Masaccio, la Primavera di Botticelli, ecc.), e nel 1922 le opere di Beato Angelico vennero trasferite al nascente Museo Nazionale di San Marco. Rimasero comunque in sede moltissime altre opere di pittura fiorentina dal Duecento al Rinascimento.

Il riordino di queste collezioni pittoriche è il frutto del lavoro dei direttori succedutisi negli ultimi decenni (Luciano Bellosi, Giorgio Bonsanti, Franca Falletti e Angelo Tartuferi) che hanno tracciato il filo cronologico dell’esposizione coprendo l’intero percorso dell’arte fiorentina dal XIII al XIX secolo: dalle meraviglie dei fondi oro - conservati nelle sale del Duecento e del primo Trecento, dei Giotteschi, degli Orcagna, di Giovanni da Milano, del tardo Trecento, di Lorenzo Monaco e del Gotico internazionale - alle perle del Rinascimento (riunite nella Sala del Colosso con Paolo Uccello, Botticelli, Perugino, Filippino Lippi, Ghirlandaio e Botticelli), fino alle opere del Manierismo, dell’Ottocento e della Collezione delle icone russe. Il tutto sotto lo sguardo, maschio e acciliato, del grande David.

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