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Il filosofo sconosciuto Jean-Albert Belin alla ricerca della pietra…

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Il filosofo sconosciuto Jean-Albert Belin alla ricerca della pietra filosofale

Il nome di Jean-Albert Belin (morto nel 1677), se si cerca in qualche annale ecclesiastico, figura tra i vescovi di Belley e tra i predicatori di successo che operarono a Parigi. Tra le sue opere non manca un piccolo libro sulle “Prove convincenti delle verità del cristianesimo” (1666), dedicato al ministro Colbert; eccone poi un altro, tra i numerosi pubblicati, su “La verità della religione cattolica e la falsità della religione pretesa riformata”. Quest'ultimo, anzi, uscì postumo, nel 1683. Eppure, se si osservano attentamente gli scritti di questo prelato, si scopre che Belin fu un alchimista, un iniziato, un apologeta della Grande Opera sulla medicina magnetica e sulla talismanica.

Abate benedettino, introdotto a corte e stimato da Luigi XIV, il re Sole, vede ora tradotto per la prima volta in italiano il suo testo iniziatico più celebre: “Le avventure del filosofo sconosciuto alla ricerca e nell'invenzione della pietra filosofale”. Il libro esce nella “Nuova Biblioteca Ermetica” diretta da Massimo Marra (che, in tal caso, è anche curatore e traduttore) per le Edizioni Mediterranee (pp. 280, euro 27,50). In appendice è data anche la prima traduzione nella nostra lingua di un'altra sua operetta preziosa per conoscere l'ideologia alchemica del XVII secolo, ovvero “L'apologia della Grande Opera”.

Libro fascinoso, sin dalla dedicatoria in cui l'autore dichiara trattarsi del lavoro “di un giovane che mi è stato un tempo assai familiare e che è morto da poco in reputazione di uomo per bene e sapiente”, invita a leggere pagine si aprono con alcune strofe dedicate al “Filosofo sconosciuto”: “…sui tuoi scritti/ Un mondo di piccoli spiriti/ Eserciteranno diverse censure”. E poi inizia il viaggio proprio con questo Filosofo Sconosciuto che ha sentito parlare delle meraviglie della Pietra Filosofale e lascia il suo Paese per giungere in una grande città d'Europa dove incontra una “Dama assai anziana che si diceva sapesse fare la Pietra dei Filosofi”.

Ma qui, come si suol dire, dobbiamo interrompere il nostro viaggio o inseguimento che dir si voglia, lasciando al lettore il desiderio di proseguire nelle pagine del vescovo di Belley. Il quale conosce innumerevoli questioni ermetiche e nelle ultime battute dell'”Apologia” raccomanda distinzioni utili ancora oggi: “Si faccia un saggio discernimento tra falsi e veri Filosofi, per estirpare gli uni e onorare gli altri, si detestino gli abusi che hanno portato nella chimica tutti questi Soffiatori, circolatori e impostori, ma mai si smetta di approvare e amare quest'arte tutta divina”.

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