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Il Nobel che voleva «mediare» tra Madre Teresa e i computer

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Il Nobel che voleva «mediare» tra Madre Teresa e i computer

Fra i vincitori dei premi Nobel dell’economia vi sono anche delle “rara avis”. Per esempio, parleremo un giorno del premiato del 2002, Daniel Kahneman, uno psicologo che non aveva mai studiato economia (per la verità, ne abbiamo già parlato discettando, nel Sole Junior del 26-2-2012, sulla finanza comportamentale; ma ci torneremo sopra, quando arriveremo al Nobel del 2002). Per ora siamo arrivati al Nobel del 1988, che fu assegnato a un’altra rara avis, il francese Maurice Allais. Perché rara? Allais è forse il più poliedrico fra i vincitori del Nobel, e in questo assomiglia a quegli uomini del Rinascimento, da Leonardo da Vinci a Pico della Mirandola, che eccellevano in diverse discipline.

Non contento con l’aver dato contributi fondamentali all’economia, si appassionò alla storia e scrisse un ponderoso libro sull’ascesa e il declino delle civiltà. L’altra sua passione – la terza – era la fisica, e in particolare il perseguimento di quel “Sacro calice” che era – ed è ancora – una spiegazione unificata della gravità, dell’elettromagnetismo e della teoria quantistica.

Ma veniamo all’economia. Il suo contributo può sembrare astratto e teorico: un trattamento matematico delle condizioni di equilibrio nel sistema dei prezzi, dei redditi e della produzione. In questo si colloca nel solco di una illustre tradizione che ha le radici nell’intuizione di Adam Smith sulla “mano invisibile”. Una intuizione di cui abbiamo parlato più volte. La gente compra, vende, lavora, produce, consuma, investe, milioni di decisioni individuali si intrecciano e si accavallano in quel che sembra un caos disordinato. Eppure, disse Smith, una mano invisibile mette ordine in tutto ciò, e il risultato finale, la conclusione di comportamenti in cui ognuno cerca il proprio tornaconto, è il massimo di benessere: l’egoismo individuale porta alla felicità collettiva.

Adam Smith aveva formulato queste idee in prosa. É possibile dimostrarle matematicamente? Sì, e per primo ci provò, circa un secolo dopo Smith, nel tardo Ottocento, un altro francese, Léon Walras, che descrisse l’operare di un sistema economico con un complesso di equazioni per la domanda e l’offerta dei diversi beni. La soluzione di questo sistema di equazioni dava i prezzi di equilibrio che assicuravano la congruenza fra domanda e offerta. Il trattamento matematico di questo equilibrio generale, come si chiama in economia, fu poi sviluppato da un economista italiano, Vilfredo Pareto.

Si potrebbe obiettare che questi rarefatti trattamenti si basano su ipotesi semplificatrici – indispensabili per la rappresentazione matematica – che difficilmente trovano riscontro nella realtà. Il contributo di Allais si inscrive in un ampliamento e in un approfondimento di questi modelli di equilibrio generale. Si introducono, pur rimanendo nell’armonia astratta delle equazioni, considerazioni dinamiche: le rappresentazioni precedenti erano statiche, come una fotografia, ma la realtà è “cinematografica”, i parametri cambiano, e Allais introdusse sofisticati metodi matematici per tener conto di questi cambiamenti. La sua formulazione dinamica permette di seguire il sistema economico nel tempo e quindi di integrare la teoria del capitale e dell’accumulazione con la teoria dell’equilibrio generale.

Un risultato delle sue analisi che estese i confini dell’equilibrio generale riguarda la efficienza sociale di tale equilibrio: dimostrò che ogni equilibrio di mercato è socialmente efficiente nel senso che nessuno può “star meglio” senza che qualchedun altro “stia peggio”. E, per converso, una soluzione socialmente efficiente può essere raggiunta in un contesto di equilibrio generale dopo una redistribuzione delle risorse iniziali.

L’equilibrio generale è egualmente valido per economie di mercato ed economie di comando, come i Paesi del socialismo reale? In teoria sì, è possibile escogitare soluzioni a tavolino: un “Gosplan” che sa tutto e assicura il benessere di tutti, un miscuglio di un supercomputer e Madre Teresa. Ma Allais mise l’accento sul ruolo cruciale delle istituzioni in cui si dipana la “mano invisibile”: perché questa possa funzionare c’è bisogno anche della “mano visibile” di organi cioè che rappresentino l’interesse pubblico. Anche qui, c’era stata un’intuizione di Adam Smith: molti conoscono la sua famosa frase sul fornaio che, facendo il proprio interesse, fa l’interesse di tutti. Ma Smith non aveva illusioni; un’altra frase, meno conosciuta, ma già in passato citata su queste colonne, diceva: «Quelli che fanno lo stesso mestiere di rado si incontrano, foss’anche per divertirsi, ma se si trovano assieme la conversazione volge sempre in una cospirazione contro il pubblico, o in qualche modo di alzare i prezzi».

In effetti, Allais non fu mai un teorico astratto. Professionalmente, il suo primo lavoro nel Bureau des Mines lo portò a confrontarsi con aspetti concreti, e la sua attività pubblica lo vide analizzare problemi e consigliare enti nazionali e internazionali sulle grandi scelte del momento, a cominciare dalla creazione della Comunità europea.

Il “paradosso di Allais” non è facile da spiegare, ma si tratta di una sfida alla razionalità, centrata sulla scelta di due lotterie alternative, con diversi esiti di vincite e di perdite. Allais dimostrò che esperimenti sul campo portavano a scelte diverse da quelle razionali. In un certo senso, questo contributo anticipa quei temi della finanza comportamentale che oggi sono diventati oggetto di molti studi. L’Homo oeconomicus si fa sviare da diverse formulazioni di una scelta: per esempio, se chiesto di scegliere fra due modi per descrivere per l’esito di un'operazione, “c'è il 70% di probabilità di sopravvivenza” o “c'è il 30% di probabilità di morte”, le risposte tendono alla prima formulazione, anche se, naturalmente, ambedue dicono la stessa cosa.

fabirizio@bigpond.net.au

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