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Nuovi ricchi e facili guadagni senza più «cortesia e valor»

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Nuovi ricchi e facili guadagni senza più «cortesia e valor»

Questa domenica non abbandoniamo il tema delle diseguaglianze ma vi torniamo per vie traverse, parlando del XVI° Canto dell’Inferno, dove Dante menziona «la gente nuova e i sùbiti guadagni». A Firenze non vi sono più «cortesia e valor», e le facili ricchezze dei nuovi ricchi «orgoglio e dismisura han generata».

Come si vede, non solo tutto il mondo è paese, ma tutte le epoche si rassomigliano. Le diseguaglianze, attizzate dai «sùbiti guadagni», sfilacciano la coesione sociale. Vediamo di sottolineare le differenze fra quello che successe nella “Fiorenza” di fine Duecento e quello che succede oggi in Italia e nel mondo. Allora la distanza fra ricchi e poveri si allargava, come oggi, ma l’ambiente umano era relativamente omogeneo. Anche la «gente nuova» non veniva da lontano, erano tutti abitanti della penisola, con la stessa pelle e gli stessi costumi. In un certo senso la situazione di oggi è più tesa, perché alle tensioni da diseguaglianza si sono andate aggiungendo le tensioni da immigrazione.

L’Italia non è più quella di una volta, l’Italia omogenea del “Lascia o raddoppia” o del “Domenica è sempre domenica...” cantato da Mario Riva. La percentuale di stranieri nella popolazione italiana – circa l’8%, maggiore nelle città grandi e minore nelle città piccole e nelle campagne – non è la più alta in Europa, ma gli italiani sono “più italiani” di quanto i francesi siano francesi e i tedeschi siano tedeschi, talché gli strappi nell’omogeneità etnica si sentono di più. E naturalmente, non c’è niente, nella Firenze di allora, di quell’afflusso improvviso e lacerante dei profughi sospinti dai sanguinosi conflitti del Medio Oriente: un afflusso che colpisce in primis l’Italia, i cui 7mila chilometri di coste sono maggiormente esposti all’esodo dei disperati.

L’altra grande differenza sta nel ruolo della tecnologia nel creare diseguaglianze. La volta scorsa ne abbiamo parlato a proposito dello “star system”. Una volta un concerto poteva essere sentito solo da coloro che compravano il biglietto per la sala. Ma oggi quel concerto può essere trasmesso in televisione o alla radio, via Cd e Dvd, ascoltato da milioni di persone. Questo enorme ampliamento del pubblico fa sì che i possessori di “abilità rare” – concertisti, cantanti, attori, calciatori... – ricevano emolumenti milionari, molto più di quello che potevano ottenere in passato.

Si potrebbe dire: ma anche i «sùbiti guadagni» dei tempi di Dante erano frutto di innovazioni: magari il modo di far circolare il danaro, con prestiti e tratte, o una logistica più efficiente, per i mercanti che sapevano come far arrivare la merce più presto e con minori perdite. Questo è vero, ma il ruolo dell’innovazione tecnologica oggi è molto più pervasivo nel creare diseguaglianze. E questo per due grandi ragioni.

La prima sta nel fatto che questa rivoluzione industriale in corso premia la conoscenza. Un ingegnere informatico di eccezionale valore può guadagnare cento volte di più di un ingegnere informatico medio. Una volta non c’erano queste disparità. Disparità che si giustificano con le straordinarie opportunità offerte dalle nuove tecnologie: rivoluzionare processi produttivi, risparmiando sui costi, creare nuovi prodotti, esaltando i ricavi. In Italia il numero di laureati, in percentuale della popolazione, è molto più basso rispetto agli altri principali Paesi, anche se bisogna dire che, grazie al nostro geniaccio, molta innovazione viene fatta in casa, senza bisogno di lauree e dottorati. Questa è una consolazione, ma alquanto magra. Andando avanti nel tempo, ci sarà sempre più bisogno di un capitale umano migliore, in quantità e qualità.

La seconda ragione sta nel fatto che la rivoluzione industriale in corso (che è irreversibile – opporvisi sarebbe come tentare di abrogare la legge di gravità) è per sua natura “labour saving”, cioè a dire, fa risparmiare sul lavoro. Il progresso tecnico fa sì che per ogni compito ci sia bisogno di minor lavoro, o almeno di minor lavoro fatto da esseri umani. I progressi nell’informatica e nell’intelligenza artificiale fanno sì che molti lavori di tipo ripetitivo o impiegatizio siano a rischio di essere sostituiti da robot più o meno pensanti. Prima erano i lavori manuali in fabbrica a essere automatizzati; oggi sono anche lavori di ufficio a correre questo rischio. Questo non vuol necessariamente dire una disoccupazione crescente: in due Paesi avanzati come gli Stati Uniti e il Giappone i tassi di disoccupazione sono molto bassi (rispettivamente, il 4,9 e il 3%). Segno che i posti di lavoro che si perdono sono sostituiti da altri nei servizi che non si prestano all’automazione (servizi alla persona, turismo, settori del terziario avanzato, detto anche “quaternario”).

Tornando alle diseguaglianze, ai tempi di Dante la qualità della convivenza, come si evince dal dialogo fra il Poeta e i tre gentiluomini fiorentini (Jacopo Rusticucci, Tegghiaio Aldobrandi e Guido Guerra) fu lacerata dall’emergere di “nuovi ricchi”. Il problema, allora come oggi, non sta tanto nella ricchezza assoluta ma in quella relativa: l’ordito e la trama della società vengono sfilacciati quando si allarga la distanza fra ricchi e poveri e quando i compensi alla ricchezza offendono il comune sentire dei cittadini: come quando un manager guadagna mille volte di più di un operaio (un tempo era, magari, venti o trenta volte di più o anche meno). O quando un amministratore delegato che ha portato la sua azienda a perdere soldi lascia la sua poltrona con una ricca e milionaria buonuscita.

Le conclusioni? Sono quelle già esposte. Globalizzazione e progresso tecnico non si possono fermare, anche se i partiti populisti ci proveranno. Le direttrici di azione sono tre: rafforzare la rete di sicurezza sociale con misure attive e passive di sostegno al lavoro (dai sussidi di disoccupazione alla formazione continua), investire nel sistema educativo per alzare i livelli di conoscenza, e – ultimo ma non in ordine di importanza – sostenere la crescita dell’economia con tutti gli strumenti disponibili.

fabrizio@bigpond.net.au

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