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Un matto al giorno...

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Un matto al giorno...

Imprevedibile. Ermanno Cavazzoni
Imprevedibile. Ermanno Cavazzoni

Gli idioti di Cavazzoni vengono da lontano. Non solo perché il libro pubblicato ora da Guanda riproduce quello uscito da Feltrinelli nel '94; non solo perché frammenti ne erano stati anticipati tra la fine degli Ottanta e l'inizio dei Novanta – all'indomani dunque dell'esordio di Cavazzoni col Poema dei lunatici – sulla rivista «Il cavallo di Troia» e nell'antologia curata da Gianni Celati, I narratori delle riserve. Da giovane – proprio com'era capitato prima di lui al Celati di Comiche, suo futuro compagno di strada alla rivista «Il semplice» e in tante altre avventure – Cavazzoni s'era imbattuto in documenti come il memoriale, datato 1835, dello “scemo del villaggio” Pierre Rivière, da lui scritto mentre era in attesa di giudizio per un triplice omicidio: il libro, curato nel '75 da Michel Foucault, era divenuto un piccolo classico di quel tempo che stava mettendo in discussione, insieme a tutto il resto, la partizione tra “normalità” e follia, e i dispositivi che di questa storicamente hanno fatto una categoria utile a fini di controllo sociale e omologazione culturale.

Nel Bazar archeologico, un saggio proprio del '75, Celati raccomandava di «rifarsi direttamente alle voci di margine, mettersi a trascriverle, pubblicarle, diari di devianti o autobiografie di emarginati, protocolli di pazzi, raccolte di sogni». Alla fine dell'87 Cavazzoni così presenta il primo nucleo delle Vite, con quello che è già il suo tono ironicamente pacato («come un monaco» lo presenterà di lì a poco Celati in Narratori delle riserve, «o come un ricoverato, o come un nobile decaduto e un po' fantastico»), a ben vedere però radicalmente decostruttivo: «Questi casi sono un esempio di quel genere letterario […] che chiamiamo scritture psichiatriche. Gli alienisti dell'800 hanno sicuramente dato il maggior contributo […]; purtroppo non è ancora stato liberato da pretese connessioni con la scienza, e ciò ne limita la circolazione a un ambito angusto. I luoghi di raccolta di queste mille e una notte innumerabili sono gli archivi e le biblioteche dei manicomi; ma ancora deve essere stampato il loro generale almagesto».

Non è ovviamente un almagesto, il libro che uscirà sette anni dopo, e anzi si presenta come un anti-catalogo deliberatamente desultorio, che risponde a un ordinamento arbitrario come quello del calendario o, si dovrebbe dire piuttosto, del lunario (così nell'iniziale avvertenza «Al lettore»: «Questo che segue è il calendario di un mese; ogni giorno porta la vita di una specie di santo, che patisce e gode come i santi tradizionali. Poi il nostro mese finisce, perché a questo mondo tutto deve finire, anche le nostre brevi vite di idioti»). L'imposizione di una contrainte artificiale a materiali ad essa estranei sarà da allora una delle strutture predilette da Cavazzoni (basti pensare a libri come Storia naturale dei giganti e Guida agli animali fantastici, e poi a tanti testi fra quelli accolti, da lui e Jean Talon, nella «Compagnia Extra» di Quodlibet) per mettere in burla ogni sapere, qualsiasi disciplina o cognizione con le quali noi si pretenda di elevarci dalla condizione idiota: le «brevi vite», si sarà notato, sono infatti esplicitamente presentate come le «nostre». Ed è grazie a questa chiamata a correo, diciamo, che la frenologia fantastica di Cavazzoni evita quella che Robert Musil, nel suo grande Saggio della stupidità, chiamava «stupidità intelligente» (chiunque parli “dall'esterno” di stupidità parte dal presupposto di essere intelligente, ovvio segnale appunto di stupidità…; incisivo, su questo, il saggio di Gianfranco Marrone Stupidità, Bompiani 2012). Non è un caso che, fra gli idioti di Cavazzoni, figurino diversi esponenti di quel pensiero psichiatrico che si affanna a catalogare, etichettare, e rigorosamente escludere dal consorzio umano i folli, i “devianti”, appunto gli idioti: «Cesare Lombroso era nato nel 1835 e morì nel 1909. A un certo punto della sua vita si recò in Russia per avere uno scambio di idee con Leone Tolstoj, il famoso scrittore, ed eventualmente studiarlo. Ma Tolstoj non lo volle ricevere, dicendo che le sue teorie erano le teorie di un idiota. Quando questo gli fu riferito, Lombroso ne restò molto offeso; sfidò Tolstoj a provarlo statisticamente. Ma non ne ebbe risposta. Questo accadeva nel 1897».

Appunto la letteratura, da Flaubert al Canetti di Autodafè, sa che il solo modo per parlare di idiozia è abbassarsi (o innalzarsi) a quel livello. Così fa Cavazzoni, a partire appunto dal Poema dei lunatici: in cui chi parla si presenta come chi tenti di capire la sua vita senza riuscirci. Ed è questo a dare – a diverse delle sue, delle «nostre» vite – quella piegatura malinconica, che fa di questo il suo libro più personale e, forse a dispetto delle intenzioni, più commovente (non meno che lancinante l'«Epilogo in soprannumero»; così proseguiva, all'altro capo del libro, l'indirizzo «Al lettore»: «Che mese sia quello che viene dopo, nessuno con sicurezza lo sa; se in prevalenza ad esempio si dovrà ridere o piangere»). Il che non toglie, certo, che sia pure un libro esplosivamente comico. Il calcolatore maniacale Pierini, il signor Vacondio che invano ci mette in guardia sulla velocità folle del nostro pianeta, Primo Apparuti panpsichista che abbraccia i pali telegrafici, il pittore Cimetta (che faceva solo «righe molto elementari, quali le farebbe un analfabeta», «e giurava che erano la sua autobiografia»): tutti imbarcati in una nave dei folli che altro non è che la nostra esistenza.

Nel finale di Oltre il giardino, il film-testamento che Peter Sellers, eroe eponimo dell'idiozia (Hollywood Party, la serie dell'ispettore Clouseau), volle interpretare per concludere i suoi giorni, estorcendo a Jerzy Kosinsky i diritti del suo romanzo (Presenze, poi tradotto col titolo del film da minimum fax nel 2014), Chance il Giardiniere – l'idiota restato rinchiuso tutta la vita nel giardino del padre-padrone che ne esce, infine, per incontrare un imprevedibile successo mondano, sino a venire candidato alla Presidenza degli Stati Uniti – cammina sull'acqua. Chi è l'idiota? È Chance, che ragiona come un minorato mentale e crede di avere raggiunto un'assoluta serenità, la santità interiore? Oppure chi legge la sua storia come una vita breve di idiota, e non ha capito di trovarsi invece di fronte a una parabola (nel senso stretto del termine)? Arrivare a interrogativi come questi è forse inevitabile quando si parla di idioti e di idiozia. Musil ci aveva avvertito.

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