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Con nonna Montessori la grammatica è da favola

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Con nonna Montessori la grammatica è da favola

A molti italiani ormai un po’ vecchietti, il nome di Maria Montessori fa subito venire in mente l’immagine che la ritraeva sulla banconota da mille lire (quando c’erano una volta le lire): il volto sorridente, stampato in rosa, di una nonnina con i capelli cotonati e una strana collana retta da un nastro nero. Una donna importante: la prima donna italiana – a parte immagini simboliche di donne che non sono mai esistite – ad essere ritratta su una banconota. È una donna che tutto il mondo ha ammirato per la sua capacità, in un’epoca in cui i bambini portavano ancora obbligatoriamente i calzoni corti e le bambine i capelli legati da fiocchetti di raso, di pensare a una scuola nuova e diversa da tante scuole del passato. Una scuola in cui le bambine e i bambini non dovessero stare sempre fermi e seduti con le mani sul banco, e potessero imparare divertendosi, e muovendosi, anche le cose che normalmente gli altri insegnavano da fermi e da seduti. Lei no: insieme alla testa (che per lavorare può star ferma) voleva che lavorassero anche gli occhi, le mani, le gambe, che ferme non possono stare: persino per imparare l’aritmetica o, udite udite, la grammatica.

La grammatica, ammettiamolo, non è una punizione inventata dalle maestre, né – come pure qualcuno ha pensato – un modo per rendere indigesta e odiosa la lingua italiana anche a chi la sa già (o crede di saperla). La grammatica, quella che si fa a scuola, era una favola o un gioco per MM (la chiameremo così, per brevità): il grande gioco della lingua, a cui MM dedicò ottant’anni fa il progetto di un libro. Un quaderno che poi per ragioni varie – tra cui lo scoppio di una guerra mondiale – fu da lei abbandonato in un cassetto, e mai più completato, neanche dopo la fine di quella guerra. MM nel frattempo aveva avuto altre idee, altri giochi da sviluppare.

Qualcuno oggi ha riscoperto, e ha pensato bene di pubblicare finalmente, a ottant’anni di distanza, quel quaderno di grammatica – anzi, come la chiamava lei per il suo gusto di dare nomi nuovi a cose vecchie – di Psicogrammatica. È un testo rivolto ai bambini delle elementari, che si propone di avvicinarli ai segreti della lingua attraverso una combinazione di racconti e di immagini. Come in una favola, o nelle istruzioni di un gioco.

MM la prende da lontano: dalla torre di Babele di cui parla la Bibbia e dai geroglifici degli egiziani, che non diremo qui che cosa c’entrano con la grammatica italiana per non rovinare la sorpresa. Poi passa all’alfabeto, e presenta il suo famoso metodo delle lettere smerigliate. Sono lettere simili a quelle che usavano i tipografi per comporre le parole e le righe e le pagine; solo più grandi, e colorate, per essere facilmente maneggiate dai bambini, che attraverso la loro combinazione imparano – così voleva MM – a scrivere senza accorgersene, cioè avendo l’impressione di fare altro: di costruire, cioè, con le lettere.

Forme e colori dominano anche altrove nella Psicogrammatica: ad esempio, dove MM (che sembra sempre di ascoltare in presa diretta, leggendo le pagine di questo libro) consiglia di assegnare una forma geometrica e un colore a ciascuna delle parti del discorso, cioè agli ingredienti di base del gioco grammaticale: un triangolo nero ai nomi, uno più piccolo blu agli aggettivi, uno ancora più piccolo e azzurro agli articoli; e poi un bel cerchio rosso per il verbo, un triangolo viola per il pronome, una pallina gialla per l’avverbio, e così via.

Nella Psicogrammatica di MM non ci sono esercizi tradizionali: ci sono scatole piene di bigliettini colorati da ritagliare e da combinare, che fanno della memoria e dei concetti un gioco di carte, di perle dorate, un domino di parole e un puzzle di parti del discorso che si ricompongono in un’idea costantemente attiva della lingua, simile al lavoro di un fabbro, di un falegname o di un cuoco.

È un peccato che le traversìe di una vita che la portò a girare per tutta Europa e per mezzo mondo abbiano impedito a MM di finire il suo libro: ma per fortuna, non lo lasciò cadere nel cassetto prima di aver scritto anche le parti su preposizione (una mezzaluna verde), congiunzione (rettangolo rosa) e interiezione (birillo giallo): insomma, la squadra è completa, e manca solo quel poco che una brava maestra, e una scolara fantasiosa, potranno facilmente immaginare con l’aiuto di un paio di forbicine. Le aiuteranno le note in fondo alla pagina e i tanti disegni e immagini raccolti appositamente per questa edizione: non si stupisca chi, d’ora in poi, si sentirà chiedere: «giochiamo alla grammatica?».

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