Per la prima volta la fusione di due stelle di neutroni in un unico oggetto celeste è stata osservata in tutte le frequenze della radiazione elettromagnetica, dalla luce visibile ai raggi X e Gamma, e contemporaneamente sono state anche captate le onde gravitazionali di questo, lasciatecelo dire, «mostruoso» evento cosmico. L’apporto italiano alla scoperta è stato determinante, all’interno di una collaborazione mondiale mai vista prima: 3.500 scienziati appartenenti o affiliati a quasi mille università o istituzioni di tutto il mondo .
In una sola volta, con sette giorni di osservazione del cielo, teorie sviluppate a fatica negli ultimi 80 anni hanno trovato una clamorosa e in parte inattesa conferma. Fra le altre cose finalmente questa scoperta ha permesso di capire come mai l’oro e il platino siano così abbondanti nell’universo, compresa la nostra Terra: le stelle normali non riescono infatti a sintetizzare le quantità che vediamo. Tre conferenze principali, a Washington per gli Usa e le onde gravitazionali, Venezia per l’Europa e lo spazio, e Monaco di Baviera per le osservazioni da terra, hanno illustrato punto per punto i risultati di quella che viene definita una scoperta che apre nuove porte sul cosmo. Anche al nostro ministero dell’Università e della ricerca è stato messo in luce in particolare il contributo degli scienziati e strumenti italiani.
Onde e raggi Gamma
Cosa è successo ? Alle14.41 del 17 agosto i due rivelatori di onde gravitazionali gemelli Ligo, uno a Hanford, Washington e l’altro a Livingston, Louisiana, misurano il passaggio di un’onda gravitazionale, e Virgo, l’apparato europeo simile che sta vicino a Pisa conferma. Pochi secondi dopo il satellite Fermi, di Nasa, intercetta un segnale nei raggi Gamma, i più energetici che vengono sprigionati in natura negli eventi più catastrofici. Che vien confermato poco dopo anche dal satellite europeo Integral.
Il lampo Gamma, come viene chiamato, è corto pochi attimi, ma mettendo insieme tutto si riesce a determinare bene la posizione del fenomeno in cielo: è a 130 milioni di anni luce da noi nella periferi.a Tutto questo avviene, lo ripetiamo, in pochi secondi: il lampo Gamma, come viene chiamato, permette di avere la posizione della sorgente in modo notevolmente più preciso del solito e quindi parte la corsa a rintracciarla da terra coi telescopi ottici. Ne partono ben 70 e quelli italiani nel cielo Sud, sulle Ande cilene, come il Vst e il Rem, sigle che dicono poco ai profani ma che rappresentano strumenti allo stato dell’arte mondiale costruiti dal nostro Paese, sono fra i primissimi a ritrovare il fenomeno in cielo.
Lo spettro della luce
«La vera sfida a quel punto era ottenere lo spettro della luce, la firma di quel che era successo per dirla in modo semplice, ed eravamo molto perplessi sulla possibilità perché la sorgente luminosa era vicinissima all’orizzonte al tramonto, quasi impossibile da osservare», dice Enrico Cappellaro dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, Inaf e responsabile di uno dei principali gruppi che da anni è alla caccia di questi fenomeni. I Very Large Telescope europei di Paranal in Cile ce l’hanno fatta, incredibilmente, mettendosi quasi paralleli al terreno e «la bontà e accuratezza degli strumenti europei ha fatto la differenza, abbiamo catturato tutta l’informazione che era contenuta nella debole lue dell’evento».
È in quella luce che c’è la storia completa di quel che è avvenuto, e anche la firma di elementi pesanti, come oro e platino, poi dispersi nell’Universo. Svelato il mistero a quel punto: due stelle di neutroni, di massa simile a quella del Sole, da 1 a 1.5 volte, ruotanti una attorno all’altra si erano alla fine fuse in un unico oggetto, sprigionando nell’evento una quantità di energia che era andata in onde gravitazionali e radiazioni elettromagnetiche, dai raggi X e Gamma alla luce visibile.
Effetto Kilonova
Le stelle di neutroni sono oggetti composti praticamente solo di queste particelle e hanno una densità enorme, basta pensare che la massa del sole, 1.4 milioni di chilometri di diametro, si concentra in una sfera di soli 10 chilometri, un cucchiaino di quel materiale peserebbe qui da noi miliardi di tonnellate. Quando sono in coppia, girano una attorno all’altra a velocità che possono arrivare vicino a quelle della luce, 30mila chilometri al secondo. Ovviamente tutta questa velocità fa loro perdere energia e alla fine si fondono e sprigionano per l’ultima volta una quantità notevolissima di energia. Nel nostro caso, le due stelline, che insieme formano una coppia che gli astrofisici chiamano kilonova, erano nella galassia NGC 4993 a 130 milioni di anni luce da noi e il loro incontro finale ha dato luogo a tutti quei segnali captati a terra dai telescopi e nello spazio dai satelliti. Nell’impatto delle due stelline viene espulsa in modo estremamente energetico una nuvola di gas e particelle con elementi radioattivi. Per qualche tempo, sempre in termini astronomici, questa nuvola di materiale diventa una vera e propria fucina nucleare, dove appunto si possono formare quegli elementi, tipo l’oro, che nelle stelle non si formano con l’abbondanza che osserviamo anche sulla Terra perché troppo pesanti, in senso atomico.
La fortuna ha aiutato gli audaci
Entusiasti, alla conferenza stampa romana, ministra e presidenti degli enti di ricerca interessati, da Infn che con Fernando Ferroni ricorda il contributo fondamentale nello sviluppo delle antenne per onde gravitazionali Ligo e Virgo di un tenace e visionario fisico italiano, Adalberto Giazotto, all’Agenzia Spaziale Italiana, Asi, dove Roberto Battiston, vede «una giornata storica per la scienza. Si apre una nuova era anche per la ricerca spaziale. Da anni attendevamo la nascita dell’astronomia multi-messaggero che sfrutta i vari tipi di radiazione che raggiungono la terra dagli angoli più remoti dell’universo. Si apre una nuova era nello studio dell’Universo». Nichi d’Amico, presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, è forse il più soddisfatto di tutti, e parla della massiccia e «autorevole presenza delle nostre ricercatrici e dei nostri ricercatori nel torrente di articoli che straripano oggi nelle più prestigiose riviste scientifiche internazionali», molti degli articoli in questione hanno infatti come primo nome degli italiani. «Si è combinato tutto come in un puzzle, i cui pezzi abbiamo collezionato negli ultimi 80 anni e in una immagine complessiva stupefacente, che anche col mio gruppo seguivamo da anni, come altri», finisce Cappellaro e ci fa capire che tutto è andato nel migliore dei modi in un modo che lo lascia ancora meravigliato: le radiazioni intercettate, Gamma e luce visibile, erano orientate esattamente verso Terra, se non fosse stato così non si sarebbe visto metà del fenomeno.
La fortuna ha ancora una volta aiutato gli audaci, ma gli audaci se lo meritano: hanno lavorato per 30 anni per questo risultato.
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