Un libro di Barth D. Ehrman, professore di studi religiosi alla Nord Carolina University, parte da una domanda veramente problematica che, come poche altre, suscita ricerche e invita a riflettere. La possiamo così riassumere: se i vangeli furono scritti alcuni decenni dopo la morte di Cristo, la sua figura come fu ricordata in questo lasso di tempo? Occorre innanzitutto tener presente che Ehrman parte, sia pure con prudenza, dal presupposto che Gesù morì sulla croce nel 30 della nostra era (anno più, anno meno) e che il primo vangelo è databile intorno al 70. Ci sono dunque quattro decenni nei quali le notizie sulla morte, i fatti della sua vita pubblica, i miracoli e tutto il resto sono stati affidati alla memoria.
Il libro di Ehrman, intitolato “Prima dei vangeli. Come i primi cristiani hanno ricordato, manipolato e inventato le storie su Gesù” (Carocci Editore, pp. 272, euro 26), nasce da studi seri ma non affronta particolari problemi di datazione. Questi ultimi richiederebbero ben altro spazio; né discute quelle ipotesi recentissime che vorrebbero spostare in là, decenni più tardi, la scrittura dei vangeli. Per esse i testi canonici sono una risposta allo scritto che sarebbe stato compilato da Marcione, un teologo poi considerato eretico, che morì nel 160 circa della nostra era.
Comunque sia, un periodo senza le Scritture ci fu, lungo o breve. Che cosa accadde in questi decenni? E cosa si conservò dei testimoni oculari? Quale fu la vera memoria di Gesù? Chi furono gli autori dei vangeli? Domande simili si possono elencare all'infinito, anche perché la questione da cui parte Ehrman mette a confronto le recenti ricerche sul ricordo, il valore dell'oralità, l'adattamento dei racconti eccetera.
Inevitabile il confronto tra i vangeli canonici - quelli riconosciuti come ispirati di Matteo, Marco, Luca e Giovanni - e gli apocrifi. Per esempio, il “Vangelo di Pietro” narra che i soldati di guardia al sepolcro di Gesù vedono i cieli aprirsi e due angeli discendere, la pietra di chiusura rotolare. Le creature celesti entrano nella tomba e da essa escono tre persone: due sono così alte che le loro teste toccano il cielo, colui che sorreggono è ancora più alto e la sua figura oltrepassa lo spazio celeste. Dietro di loro c'è la croce. La quale, tra l'altro, risponde a una domanda.
Indipendentemente da cosa disse e quel che avvenne, Ehrman utilizza questo esempio clamoroso per affrontare il tema della vera memoria di Gesù, anche se i fatti ricordati “non documentano ciò che è accaduto realmente”. E poi si chiede cosa sia la verità di un ricordo.
Vasto tema che porta lo studioso a domandarsi anche “come si inventano i ricordi” e come siano state controllate le tradizioni. Un libro, insomma, di quesiti non marginali che aiuta a capire meglio una fede. E una fondamentale vicenda storica.
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