Cultura

Un Werther di ragione e passione

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Strasburgo

Un Werther di ragione e passione

Eroe romantico per antonomasia, anzi, Werther del Romanticismo è l'incarnazione, visto che proprio da lui germoglia la rivoluzione di questo movimento, allorché nel 1774 Johann Wolfgang Goethe dà alle stampe il romanzo epistolare “I dolori del giovane Werther”. Successo strepitoso e “sturm und drang” debordante, fino alla vera e propria moda del “wertherismo”. Più di un secolo dopo (1892, cominciando però a lavorarci dal 1880) Jules Massenet ne fa il soggetto di un'opera in quattro atti che, con “Manon”, è il suo capolavoro. Tutto teso a una rivoluzione armonica e drammaturgica, conoscerà un successo che prosegue tuttora.

Alcune arie sono divenute cavallo di battaglia dei più celebri tenori. In una volontà direttoriale di privilegiare a ogni costo gli equilibri della partitura, tirata come un' unica arcata di suono nella direzione di Ariane Matiakh alla guida della Mulhouse Symphony Orchestra (una donna direttore che finalmente non fa del suo essere donna, ma del suo essere direttore, il segno della propria giustificazione musicale) purtroppo il melomane appassionato vede frustrata l'attesa: nemmeno una microscopica sospensione per un applauso, per un 'bravo', tutto scorre e corre verso la sublimazione finale. E chi propende per la teoria del wagnerismo in musica di Massenet, troverà qui ciccia per la sua causa.

Lucido e coerente fra buca e palcoscenico, connotato da una modernità atemporale, fitto di suggestioni, realtà aumentate ma al contempo bloccate in una sorta di gelida classicità, così si connota il “Werther” proposto a Strasburgo dall'Opéra national du Rhin. L'allestimento, di grande successo, viene da Zurigo ed è firmato da Tatjana Gürbaca. Che colloca tutta l'azione in uno spazio claustrofobico in legno chiaro, con pannelli che si aprono a sogni, suggestioni, vite possibili o reali. Un ambiente unico ideato da Klaus Grünberg, che rappresenta la sicurezza borghese della casa del Balivo. E quel nitore nordico della famigliola che si appresta a festeggiare il Natale rende totalmente estranea la presenza del povero Werther, che non potrà mai integrarsi in quel piccolo mondo. Lui, eroe poeta, rigoroso e tormentato, che si nutre dei Poemi ossianici ma si piega ai dictat morali di Charlotte (la piccina si pentirà amaramente di aver privilegiato la promessa alla mamma morta – sposare Albert- al proprio sogno d'amore-squagliarsela con Werther). Vestitini anni Cinquanta, cotonature e tacchetti, eppure sembra tutto eterno. Come quegli anziani che si scambiano coi protagonisti, e il velo di psicanalisi che spesso pare permeare la curata gestualità di una produzione che gode i frutti di prove accurate.

Voce dal colore prettamente romantico è quella del protagonista Massimo Giordano. Che condisce la sua interpretazione con un fraseggio duttile e umbratile, è lui la vena eroica, sognante e passionale di questo Werther. Ma tutta la compagnia di canto appare coesa ed equilibrata. Anaik Morel ci propone con l'interpretazione e l'accento drammatico una Charlotte fresca e giovanile,dando così senso a una certa leggerezza dello strumento vocale. Deliziosa la Sophie di Jennifer Courcier, coi palpiti degli amori adolescenziali, e l'Albert di Regis Mengus, efficace nel passare da fidanzato innamorato a marito in odore di corna. Una menzione speciale, infine, è dovuta ai piccoli stupefacenti cantori di Strasburgo, che col nitore della loro prestazione mettono una volta ancora il povero italiano di fronte alle carenze musicali del proprio sistema educativo.

Massenet: Werther – Strasbourg (Fr), Opera, 9-17 febbraio e 2-4 marzo a Mulhouse (La Filature)

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