La musica è immaginario e parte del merito sta in quei quadrati di cartone più o meno patinato che per oltre mezzo secolo la hanno «avvolta»: le copertine dei dischi, prodotti di packaging la cui identità grafica era sempre figlia del proprio tempo e spesso ottima suggeritrice dell’arte di chi quel disco lo aveva inciso. E se i grafici di oggi reinterpretassero copertine dei grandi classici? È esattamente l’esperimento che sta alla base dell’edizione 2018 della conferenza creativa «Italianism»: il 10 e l’11 maggio alla Reggia di Portici (Napoli) saranno in mostra «Dieci copertine» che hanno fatto grande la musica italiana.
In trenta nuove versioni che portano la firma di giovani talenti italiani della grafica. Il progetto parte da un contest che in tre mesi ha raccolto 750 contributi chiamati a confrontarsi con le dieci copertine di album giudicate più rappresentative degli ultimi 50 anni di musica italiana da dieci esperti.
I dischi in questione? Il Lucio Battisti cosmopolita di Anima Latina (1974), il Francesco De Gregori intimista di Rimmel (1975), la svolta cantautorale di Lucio Dalla in Com’è profondo il mare (1977), quella esoterica di Franco Battiato in L’Era del Cinghiale Bianco (1979), Mina provocatoria su Kyrie (1980), Loredana Bertè ancora di più per Traslocando (1982), Ornella Vanoni e le sue Duemilatrecentouno parole (1981), poi Epica, Etica, Etnica, Pathos dei CCCP (1990) e in tempi più recenti i Subsonica di Amorematico (2011) e Jovanotti con Ora (2011). Una giuria di dieci esperti ha scelto le trenta migliori versioni che saranno esposte a Portici. «Gli esiti dell’esperimento - commenta Renato Fontana, direttore di Italianism - sono molto interessanti.
C’è chi è rimasto in qualche modo fedele al modello e chi invece ha osato con concept che se ne distaccavano in maniera piuttosto decisa». Alla prima casistica ci sembra di poter ricondurre Francesca Depalma che ha «ricamato» la copertina di Battiato o 2Bros che hanno riletto con colori e geometrie odierne la Bertè-suora, alla seconda Ronny Gazzola che ha ambientato nello spazio il mare di Dalla. Uno spazio nel quale fluttua un palombaro che insegue pesci «dai quali discendiamo tutti». Una cosa, nella prima o nella seconda casistica, si coglie sempre: «Il classico - sottolinea Fontana - assume le forme e le tecniche della contemporaneità». Nascono così le «cover delle cover» degli album che hanno contribuito a fare la storia della musica italiana.
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