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Ecco i «magnifici cinque» del Campiello 2018

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Ecco i «magnifici cinque» del Campiello 2018

Helena Janeczek, nella cinquina dei finalisti del Campiello 2018 con «La ragazza con la Leica»  (Agf)
Helena Janeczek, nella cinquina dei finalisti del Campiello 2018 con «La ragazza con la Leica» (Agf)


Helena Janeczek, Ermanno Cavazzoni, Davide Orecchio, Francesco Targhetta e Rosella Postorino: questi i “magnifici cinque” del Campiello 2018. È stata votata questa mattina a Padova, nell’aula magna dell’Università, la cinquina del premio organizzato e finanziato dagli industriali del Veneto, giunto quest’anno alla 56esima edizione.

«Un premio», ha detto il presidente di Confindustria Veneto, Matteo Zoppas, «che è ormai maturo per aspirare a diventare il più importante riconoscimento letterario italiano, da tutti apprezzato com’è per l’impegno culturale, la serietà e la trasparenza». Tra i cinque scrittori designati dalla giuria dei letterati (presieduta quest’anno dall’ex magistrato Carlo Nordio), a settembre una giuria popolare di trecento lettori sceglierà il “supervincitore”.

Già nella dozzina dello Strega, la Janeczek, ne La ragazza con la Leica (Guanda), al quale sono andati 9 voti, racconta, nella Francia degli anni ’30 del ’900, la figura di Gerda Taro, collega e compagna di Robert Capa, la prima fotografa caduta su un campo di battaglia (nella Spagna della Guerra civile), sullo sfondo dell’ascesa del nazismo. Cavazzoni, con La galassia dei dementi (La Nave di Teseo), 6 voti, tra funamboliche citazioni mitologiche e vicissitudini deliranti, offre un’opera di fantascienza ironica, sfrenata e surreale, dove un futuro inquietante ci appare, in realtà, stranamente familiare. Il libro di Orecchio, Mio padre la rivoluzione (minimum fax), 6 voti, è una raccolta di racconti, ritratti, biografie impossibili e reportage di viaggio attorno alla storia e al mito della Rivoluzione russa, dai protagonisti dell’ottobre 1917 (Lenin, Stalin e Trockij) a personaggi minori ma non per questo meno affascinanti.

Dopo una seconda votazione andata a vuoto, al terzo scrutinio è entrato in cinquina Targhetta, Le vite potenziali (Mondadori), 6 voti, il quale, attraverso lo sguardo di un gruppo di trentacinquenni che cercano timidamente di costruirsi un futuro, si cimenta nell’impresa di ritrarre il nostro presente in continuo divenire. Per arrivare al quinto nome è stato necessario, come da regolamento, procedere al ballottaggio tra i libri più votati nelle precedenti tornate: la Postorino, con Le assaggiatrici (Feltrinelli), poi entrato in cinquina con 6 voti, Giorgio Falco con Ipotesi di una sconfitta (Einaudi) e Gian Mario Villalta con Bestia da latte (SEM), questi ultimi due rimasti invece fuori. La Postorino, ispirandosi alla storia vera di Margot Wölk (assaggiatrice di Hitler nella caserma di Krausendorf), racconta la vicenda eccezionale di una donna in trappola, fragile di fronte alla violenza della Storia.

Prima di votare, la giuria ha incaricato Lorenzo Tomasin, docente di Filologia romanza all’Università di Losanna, di tracciare il quadro dell’annata letteraria appena trascorsa. Un intervento, il suo, piuttosto duro, ma che ha avuto il merito di mettere a fuoco alcune oggettive criticità dell’odierno sistema editoriale. «Assistiamo», ha detto lo studioso, «a una produzione compulsiva da parte delle case editrici, alla quale corrisponde poche volte una qualità adeguata. Per parte sua, anche la critica letteraria sembra essere entrata in una crisi profonda, non essendo più capace di indicare precisi valori letterari. Ciò che colpisce in molta della produzione attuale è l'assenza di uno stile. L'italiano di molti romanzi che ci siamo trovati a leggere è una lingua più editoriale che letteraria: un italiano medio, standard, incolore, inodore, insapore, e dunque parecchio monotono. Insomma, un italiano da scuola di scrittura, emblematico di libri in cui c'è molta più attenzione alla trama che allo stile. Tra i generi, prevale spesso l'autofiction, che è, se vogliamo, la forma letteraria del selfie. Mentre appare scarsa la capacità della narrativa italiana odierna di approfondire spazi inseplorati del reale attraverso sguardi inediti e, al limite, anche spiazzanti».

È stato infine annunciato il premio Opera prima, andato a Valerio Valentini per Gli 80 di Camporammaglia (Laterza), romanzo che prende spunto dal terremoto dell’Aquila del 2009, sviluppando una narrazione che si libra in felice equilibrio tra reportage, epos corale e romanzo di formazione. Il prossimo appuntamento è a Venezia sabato 15 settembre, quando, al Teatro La Fenice, verrà incoronato il “supervincitore” del Campiello 2018.

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