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Andrea Camilleri mitico indovino: «Tiresia…

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Andrea Camilleri mitico indovino: «Tiresia sono....»

La «Conversazione su Tiresia», di Andrea Camilleri (nella foto) andrà in scena, nel Teatro greco di Siracusa. alle ore 21 dell’11 giugno. Il testo verrà pubblicato da Sellerio.
La «Conversazione su Tiresia», di Andrea Camilleri (nella foto) andrà in scena, nel Teatro greco di Siracusa. alle ore 21 dell’11 giugno. Il testo verrà pubblicato da Sellerio.

Sotto un cielo che è luminoso anche di notte, e tra le pietre bianche del Teatro greco di Siracusa, zampillano le note del brano The Cinema Show dell’album Selling England by the Pound del gruppo musicale Genesis. E intanto scivolano pianamente, nella càvea, le parole lavorate dalla musica. Annunciano father Tiresias: «Ascolta il vecchio che racconta tutto quello che ha vissuto. / Sono stato ovunque, per me non c’è mistero. / Quando ero uomo, come il mare mi infuriavo, / quando ero donna, come la terra donavo. / In realtà c’è più terra che mare». Così presentato, entra in scena Tiresia. Lo accompagnano il flautista Roberto Fabbriciani e un bambino. Con loro c’è anche Valentina Alferj, aiuto del regista dello spettacolo, Roberto Andò. Tiresia viene aiutato a sedersi su una poltrona rustica. Non è un attore, che recita la parte dell’indovino tebano. È Tiresia in persona, al quale è stato concesso da Zeus il privilegio di vivere sette generazioni umane. «Tiresia sono», dice. E facendo il verso al commissario Montalbano, rivela subito l’identità assunta in una delle sue «sette esistenze». Nel teatro e nella vita, Tiresia è lo scrittore Andrea Camilleri: cieco per destino. La memoria ancestrale lo porta a ridisegnare il paesaggio agrigentino, che ora gli appartiene, su quello di Tebe. Racconta di squadrate campiture bianche che «macchiano» lo sfondo verde, alla maniera delle vedute di Agrigento dipinte negli anni Cinquanta da Nicolas de Staël.

La voce di Camilleri è immensa, cavernosa. Risuona dalle profondità di mondi sepolti. E ha i timbri forti della recitazione antica dei contastorie. Il modo che Camilleri ha di raccontare è caustico. Rimbalza da una malizia ironica a una sapida arguzia: dentro una trama compatta ed efficacemente analitica.

Camilleri-Tiresia rievoca il momento in cui cambiò di sesso. Aveva visto accoppiarsi due serpenti. Sovrappensiero com'era, dimenticò che spesso le divinità si «asserpentavano» quando avevano urgenza di qualche «scappatella». Con un ramo, Tiresia uccise la femmina. Scattò la metamorfosi. Divenne donna. Quella rimbambita della Pizia (che secondo Dürrenmatt riteneva che gli oracoli di Tiresia fossero «solo cretinate») gli rivelò il rimedio. Doveva uccidere il serpente vedovo: «Ma Pizia mia », disse, «come faccio a capire che si tratta di un serpente maschio». Riteneva impossibile l'impresa. Sarebbe stato come pretendere di «riuscire a distingure oggi in Italia un politico di sinistra da uno di destra». L'aiutò il caso. Ammazzò il primo serpente che gli venne a tiro. Era il «vedovo». E così Tiresia tornò a essere uomo. Non fu mai un essere ibrido, come poi malignamente si disse: «Un tal Guido da Pisa scrive che nella sua città è avvenuto un fatto straordinario, e cioè che una ragazza ermafrodita è rimasta incinta di una suora e ha partorito una bambina. Sembra una copertina della rivista “Stop”, ve la ricordate? Bene, partendo da questa incredibile situazione, Guido da Pisa sostiene che anch'io ero ermafrodita dotato di un doppio sesso del quale facevo uso alternativo». Si arrivò addirittura a coniare il verbo “tiresiare” per definire tutte le possibili depravazioni.

Tiresia diventò cieco, in seguito a un’imprudenza: «Nell’Olimpo scoppiò una discussione tra Zeus e sua moglie Era. Uno scambio di vedute piuttosto acceso direi, perché dovete considerare che Era e Zeus non erano solo marito e moglie, ma erano soprattutto sorella e fratello. Si amavano e si odiavano appassionatamente. Pensate solo che la prima volta che si unirono carnalmente, il loro amplesso durò trecento anni. Furono i trecento anni peggiori della storia. Tutto andava a rotoli, il caos regnava, tutti invocavano l’intervento di Zeus che se ne stava rintanato con la sua Era e che per quel lungo periodo non diede mai risposta a nessuno». La discussione tra i coniugi divini riguardava il godimento: nell’amplesso, godeva di più l’uomo o la donna? Venne interpellato Tiresia, che volle essere galante. Rispose che «esistono dieci gradi di piacere durante l’atto sessuale, che la donna ne gode per nove gradi e l’uomo solo per uno». Non l’avesse detto mai. Era, risentita, l’accecò: «Può darsi, dico può darsi, che la mia risposta aveva fatto intravedere ad Era un mondo di piacere che nessuno, neanche Zeus in quei primi trecento anni era stato capace di farle godere». Zeus compensò Tiresia con la preveggenza e gli destinò da «vivere sette esistenze non continuative».

Camilleri-Tiresia si ammanta della luce che si riverbera dalla conversazione teatrale. Racconta. Cita dalle opere letterarie che parlano di Tiresia; dai film. Dialoga con vari autori (Omero, Seneca, Dante; fino ad Apollinaire, Cocteau, Virginia Woolf, Pavese, Pound, Eliot). Acconsente e dissente. Alterca. Si impermalisce. Sterilizza l’astio. Si fa pungente. Ma sa anche avere i dovuti riguardi. Le citazioni risuonano, registrate dalla voce di Camilleri-Tiresia. E compaiono sugli schermi luminosi, insieme a brevi stralci di film (La Dea dell’Amore di Woody Allen; l’Edipo re di Pasolini). Sono nastri sonori. Diventano brani di luce. Tra rombi olimpici vorticano attorno al corpo del contastorie; e lo collocano in un tempo che contiene tutte le epoche che all’aedo, al rapsodo, sono state concesse da vivere.

Woody Allen ha fatto di Tiresia un mendicante cieco, che ha il privilegio della veggenza. L’ha portato per le strade dell'Upper East Side di Manhattan. Camilleri-Tiresia si è trasferito a Brooklyn. Ogni tanto viene chiamato «per fare la comparsa in un film». La comparsata più recente, l'ha portato a interpretare la parte di un venditore di cerini. Finalmente il personaggio della letteratura e la «persona» vera si sono «ricongiunti» nella funzione. Camilleri-Tiresia è un indovino cieco. Vede l’invisibile: quello che gli altri non possono o non vogliono vedere. Grazie alle sue doti di veggente, con l’opera letteraria distribuisce cerini che si accendono e fanno luce nella notte. «Father Tiresias» è prodigo, come la «terra» del brano musicale che apre lo spettacolo: ha visto tutto, è andato ovunque; è stato donna, è stato uomo; tutto ha provato, non c’è mistero dentro il quale non possa leggere.

Il testo della Conversazione su Tiresia verrà pubblicato da Sellerio. Ma prima, il 31 maggio, Sellerio manderà in libreria il secondo Montalbano dettato da Camilleri-Tiresia. A La rete di protezione, uscito nel 2017, seguirà quindi Il metodo Catalanotti: un romanzo interamente pervaso dalla passione teatrale dell’autore, grande conoscitore delle avanguardie novecentesche. Come già nella Rete di protezione, anche nel Metodo Catalanotti, Camilleri-Tiresia punta a manomettere le regole e le restrizioni del genere poliziesco. Con sfumata e sorniona ironia, nel nuovo romanzo. In entrambe le «scritture» da cieco, ha comunque varcato le colonne d’Ercole del genere: ha riportato il giallo nell’«alveo principale del romanzo», per usare le parole di Cesare Cases, autore nel 2002 di un importante saggio sul genere poliziesco che è anche un elogio della sciasciana collana “La Memoria” di casa Sellerio. In questo nuovo contesto, contrassegnato dalla cecità, la Conversazione su Tiresia si configura come il manifesto del nuovo e più profondo corso dello scrittore Camilleri.

Prodotto dalla Fondazione INDA (Istituto Nazionale del Dramma Antico), la Conversazione su Tiresia andrà in scena, nel Teatro greco di Siracusa, alle ore 21 dell’11 giugno.

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