
«Vittoria ciclistica italiana in Francia. Per la prima volta dalla sua creazione, il Giro di Francia (5.500 km di percorso) è stato vinto da un italiano - Ottavio Bottecchia - che sin dalla prima tappa, e per tutta la durata della corsa, ha vestito il maglione giallo destinato al trionfatore». Così recitava la didascalia a corredo dell’illustrazione di Achille Beltrame sulla copertina della Domenica del Corriere del 3 agosto 1924, che ritraeva l’arrivo di Bottecchia al Parco dei Principi di Parigi.
Dopo Bottecchia (che fece il bis nel 1925), altri sei ciclisti italiani sono riusciti nell’impresa: Gino Bartali (1938 e 1948), Fausto Coppi (1949 e 1952), Gastone Nencini (1960), Felice Gimondi (1965), Marco Pantani (1998) e Vincenzo Nibali (2014). Ad accomunare i nostri sette vincitori del Tour una classe immensa, l’ orgoglio da esibire in una terra straniera così simile e così diversa dall’Italia, e la capacità di fare credere a tutti, da grandi illusionisti, di essere imbattibili. E invece i grandi campioni, come il più tranquillo dei cicloamatori, pedalano in compagnia delle fragilità e dei fantasmi di una vita, delle gioie e dei mali più intimi. Sanno di essere di argilla, e che la Grande Boucle è pronta a modellarli in trionfatori o in pallide, fragili comparse dell’umana commedia.
Ci sono molti modi di raccontare l’epopea degli italiani al Tour de France. Quello scelto da Giacomo Pellizzari, scrittore, giornalista e consulente di comunicazione, è di dare voce direttamente a ognuno dei vincitori. E anche a chi l’impresa l’ha sfiorata, come Claudio Chiappucci nel 1992, o a chi al Tour ha perso tragicamente la vita, come Fabio Casartelli nel 1995.
E così Bottecchia, Coppi, Bartali, Magni, Bugno, Pantani, Nibali e altri diventano straordinari cronisti di se stessi. Si viaggia e si soffre in bicicletta con loro, fino allo striscione dell’ultimo chilometro e anche oltre. I campioni ci raccontano dal vivo come sono le salite in Francia, si gettano a capofitto nelle discese, guardano negli occhi compagni e avversari, ascoltano i consigli dei direttori sportivi, attaccano, si nascondono nel gruppo, annusano il napalm delle battaglie in salita, ascoltano il fruscio dei tubolari: a volte quello rassicurante dei gregari che li scortano, altre quello, angosciante, del rivale in classifica pronto a piantarti in asso.
Si tratta di fiction, naturalmente. Per i ciclisti più “antichi” la ricostruzione degli eventi e della personalità dei corridori è stata ottenuta attraverso un’accurata ricerca tra gli archivi, le cronache e le testimonianze dell’epoca. Dall’inizio degli anni ’90 è subentrata, invece, la conoscenza diretta di Pellizzari con alcuni degli atleti e con il loro entourage, e la frequentazione del mondo delle corse. Una fonte quasi inesauribile di aneddoti, retroscena, coraggio e debolezze degli italiani al Tour de France.
Il racconto in prima persona, l’immedesimazione negli sforzi e nella psicologia dei corridori, il libero flusso della coscienza fanno cadere la maschera dei campioni. Ma non è solo l’uomo a emergere. Il libro di Pellizzari è allo stesso tempo storia sportiva del Tour vista attraverso il prisma dei protagonisti e storia contemporanea, gioco di corrispondenze e rivalità tra Italia e Francia. Correre al Tour, per un italiano, è un po’ come atterrare su un pianeta conosciuto, ma con un’atmosfera differente. Sono diverse le salite e le discese, il profumo del mare è spesso lontano, la campagna è immensa, le montagne, dai Pirenei al Mont Ventoux, aride come un paesaggio lunare.
Per resistere e vincere devi essere un airone come Coppi, un pirata come Pantani, uno squalo come Nibali, ma anche un po’ furetto, per infilarti nelle fughe giuste quando la strada inizia a salire.
Il Tour non è una corsa a tappe, è una successione infernale di mini-classiche in linea e in altura. «La maglia gialla - scrive Pellizzari - è come un fiore. La devi coltivare, innaffiare, salvare dalla grandine se occorre, proteggere dal vento se si alza. È il tuo tesoro, la tua è una missione, non una corsa».
Gli italiani al Tour de France
Giacomo Pellizzari
Utet, Milano, pagg. 224, € 15
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