È una sofferenza quasi corporale quella che prova lo spettatore di Sulla mia pelle di Alessio Cremonini, dedicato agli ultimi giorni di Stefano Cucchi, partendo a ritroso dalla morte del giovane, avvenuta il 22 ottobre 2009, per risalire all’arresto, occorso una settimana prima, e dipanare da lì la vicenda. È una storia emblematica non solo di malagiustizia italiana, cieca di fronte allo stato di estrema debilitazione fisica di Cucchi, interpretato con grande abilità da Alessandro Borghi, ma anche di incivile noncuranza nei confronti di un debole, un ragazzo di trent’anni con un passato, o forse un presente, da tossicodipendente.
Cucchi in una settimana, dall’arresto alla morte, viene a contatto con 140 persone, che si premurano solamente di scaricare
la responsabilità di quello stato fisico pietoso. La sceneggiatura, scritta dal regista e da Lisa Nur Sultan, è laica nel raccontare i fatti e la regìa è altrettanto sobria
e cauta vista la delicatezza della materia trattata, a tratti più adatta al piccolo che al grande schermo. «Abbiamo studiato
i verbali – ha spiegato Cremonini -. Ci siamo messi noi stessi nei panni degli investigatori con molta umiltà, visto che non
siamo dei giudici».
Emerge un presunto sopruso – il processo è ancora in corso – da parte dei carabinieri sul ragazzo che ammette a fasi alterne
di essere caduto dalle scale o di essere stato picchiato dalle forze dell’ordine. Ma gli sceneggiatori non tacciono nemmeno il passato difficile e i precedenti penali di Cucchi, come la detenzione di droga
al momento dell’arresto, le presunte (anche qui il condizionale è d’obbligo) attività di spaccio e le omissioni davanti al
giudice. L’ammissione di essere stato picchiato dai carabinieri emerge da alcune testimonianze, per esempio da quella di un
occasionale compagno di cella albanese, che riporta le parole di Stefano in questo senso. «Ho capito – ha spiegato Borghi
– che nella borgata la reticenza è la regola: non si parla, non si fa la spia. Ma a un certo punto credo che sia scattata
in lui una sfida: non avrebbe parlato fino a che non fosse uscito di prigione».
L’attore mette in atto una trasformazione corporale e vocale notevolissima, nel dimagrimento (ha perso 18 chili per arrivare
alla sottigliezza del suo personaggio) e nel restituire la sofferenza fisica senza il bisogno che la macchina da presa indugi
in scene truculente. «La mia maggior soddisfazione – ha sottolineato Borghi - è stata quando la sorella di Stefano, Ilaria, dopo aver visto il
film mi ha detto: “Non so come tu ci sia riuscito, ma sei uguale a mio fratello. E ho cominciato a respirare”».
Ilaria Cucchi, che porta avanti con grande coraggio l’opera di denuncia del caso del fratello, è interpretata da Jasmine Trinca. «Ho incontrato Ilaria a una serata in memoria di Stefano, dove leggevo un passo dell’Antigone che ha molti tratti in comune
con la vicenda. La famiglia ha fatto un grande atto di generosità ad esporsi. Si battono per la verità sul caso del loro familiare,
ma la vicenda è emblematica di diversi decessi. Per quanto mi riguarda si tratta di un omicidio di Stato», sottolinea Trinca
e Borghi sottoscrive.
«Sulla mia pelle» uscirà il 12 settembre nei cinema in contemporanea con Netflix, e quindi in streaming in 190 Paesi. «Questo – ha spiegato uno dei produttori, Andrea Occhipinti – ha causato alcune frizioni con i gestori delle sale. Alcuni, almeno una trentina, si rifiutano di provare l’esperimento». L’accoglienza di Netfilx sul red carpet della Mostra del cinema avrebbe causato anche alcune critiche da parte del festival di Cannes, che nella scorsa edizione avrebbe rifiutato alcune pellicole del colosso della distribuzione via streaming, imputato di fiaccare le già deboli forze delle sale.
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