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Jusepe de Ribera ovvero quando la violenza si fa arte

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Jusepe de Ribera ovvero quando la violenza si fa arte

Jusepe de Ribera, Saint Sebastian Tended by the Holy Women, c.1620-23, Oil on canvas, 180 x 231 cm, Museo de Bellas Artes de Bilbao. ©Bilboko Arte Ederren Museoa-Museo de Bellas Artes de Bilbao.
Jusepe de Ribera, Saint Sebastian Tended by the Holy Women, c.1620-23, Oil on canvas, 180 x 231 cm, Museo de Bellas Artes de Bilbao. ©Bilboko Arte Ederren Museoa-Museo de Bellas Artes de Bilbao.

Non capita spesso che un esimio storico dell'arte descriva la mostra di quadri del Seicento che ha organizzato come “un'esperienza simile a vedere un film di Quentin Tarantino”. In questo caso però le parole di Xavier Bray sono comprensibili, dato che la mostra in questione ha il titolo “Ribera: l'arte della violenza”. La mostra alla Dulwich Picture Gallery, la prima mai dedicata a Jusepe de Ribera in Gran Bretagna, non solo presenta alcune delle immagini di tortura e sofferenza più inquietanti mai dipinte, ma spiega il loro contesto e la loro ragion d'essere.

Il contesto è la Napoli del Seicento sotto il giogo spagnolo, un luogo dove l'Inquisizione aveva grande potere, la vita era precaria e torture, esecuzioni pubbliche e brutalità erano la norma. Ribera, un talento precoce, era nato in Spagna ma era arrivato in Italia da ragazzo, prima a Roma dove aveva assorbito la lezione di Caravaggio e poi a Napoli, dove si era stabilito definitivamente conquistandosi il soprannome “lo Spagnoletto”.

Un grande quadro dipinto da un anonimo pittore napoletano a metà del Seicento, in prestito dal Museo di San Martino, mostra la piazza di fronte al tribunale della Vicarìa, affollata di carrozze, di bancarelle e di persone. L'occhio, attratto dalla vivacità della scena in primo piano e dalla bellezza del palazzo, quasi non nota l'uomo che viene issato nella pubblica piazza, con le braccia dietro la schiena, appeso per i polsi.

Le punizioni erano pubbliche per servire da deterrente, ma nessuno nel quadro sembra fare molto caso alla vittima di una tortura comune, lo strappado, che portava allo slogamento delle spalle e delle braccia. Lo strappado, così come altre scene di tortura, figura anche in diversi disegni di Ribera, schizzi palesemente fatti dal vero con rapidità, che documentano quello che vedeva tutti i giorni.

Dimostrano la capacità di osservazione e la vasta curiosità dell'artista, il suo desiderio di imparare, studiare, osservare e innovare. La sua è una pittura di contrapposizioni volute, tra il realismo e il classicismo, la tradizione cattolica e la scienza, la pittura e la scultura, la brutalità della tortura e la bellezza dell'opera d'arte che la rappresenta. In due quadri Ribera inserisce un frammento di statua classica – la testa del celebre Apollo Belvedere – ma rovesciata a terra, come a dire che il realismo ha sostituito il classicismo e la pittura può superare la scultura.

Lo Spagnoletto dipinge soggetti religiosi, come la tortura di San Bartolomeo, scorticato vivo, soffermandosi sui dettagli, cogliendo l'opportunità di rappresentare con il suo pennello la pelle e la carne che c'è sotto. I suoi quadri sono studi anatomici e virtuosismi tecnici, ma le sue rappresentazioni della sofferenza non sono solo occasioni di sfoggiare la sua abilità artistica o di provocare orrore, ma sono immagini che invitano all'empatia.
E' proprio il loro realismo estremo che rende vero, palpabile e quasi condivisibile il dolore straziante provato da San Bartolomeo scorticato, da San Sebastiano trafitto dalle frecce, o da San Pietro crocefisso a testa in giù. Questi santi sono uomini di carne e ossa come chi li guarda.

L'ultima sala della mostra è dedicata al capolavoro di Ribera, “Apollo e Marsia” del 1637, in prestito dal museo di Capodimonte. La rappresentazione della storia del satiro condannato dal dio a essere scorticato a morte per la sua superbia, una delle più violente della mitologia classica, contrasta l'imperturbabile serenità di Apollo in tutto il suo splendore con il tormento che infligge a Marsia, testa riversa, occhi sbarrati e bocca aperta in un urlo di dolore che sembra quasi di sentire.

“Byron disse che lo Spagnoletto intingeva il suo pennello nel sangue e nei secoli si è perpetuato il mito di un uomo crudele, - spiega Bray. – Con questa mostra vogliamo sfatare il mito, rivelare il significato di queste straordinarie opere e dimostrare che Ribera è il degno erede di Caravaggio.”

Ribera: Art of Violence, fino al 27 gennaio 2019, Dulwich Picture Gallery, Londra - www.dulwichpicturegallery.org.uk

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