Non fosse per il fatto che lo ripete sempre lui, “sono invecchiato”, e per quel vezzo di portarsi la mano all'orecchio per fingere di sentire meglio, nessuno penserebbe che qualche annetto, Paolo Conte, ce l'ha. E siccome, sul serio, è un ragazzino - e sul palco lo dimostra - l'anniversario che si festeggia è quello di una canzone, i cinquant'anni di Azzurro: l'ultimo disco, uscito il 9 novembre, è proprio “Live in Caracalla - 50 Years of Azzurro”. Un pezzo scritto su misura per Adriano Celentano: “che fosse una canzone vincente - ricorda - l'avevo capito subito”. A noi che ci vediamo un po' di nostalgia per i tempi andati lui spiega di no, che era solo a Celentano che pensava, ai ricordi tutti inventati di Adriano, “l'oratorio dove si giocava a football, il giardino con dentro immaginarie giungle”.
Che non ci siano nostalgia né autocelebrazione lo dimostra il fatto che al Teatro degli Arcimboldi di Milano, nella seconda data del suo tour (quasi tutto sold out), alla fine questa Azzurro non l'ha voluta eseguire; non si sarebbe fan di Paolo Conte, però, se non si fosse dotati come lui di grande ironia e tutti l'hanno presa come un tiro buffo del Maestro. Maestro, sì, perché confessa un altro vezzo: gli piace questo appellativo - e menomale, perché di artisti che fingono di non amarlo e poi sotto sotto se ne beano ce ne sono fin troppi.
“Lavavetri” è il suo ultimo singolo: nessun messaggio politico, spiega, perché sostiene di non capir nulla di politica. Ma
a differenza del lavavetri della canzone, incontrato veramente a Torino, il Maestro non è un uomo semplice (”io non sono semplicissimo
- ci racconta sornione - in alcune cose sì, in alcune no: ma non vi dico quali”).
Dopo Milano, il tour di Paolo Conte ha ancora otto date fissate fino all'estate 2019. Un'ottima occasione per andare a sentire come fa musica un ragazzino: e se, come racconta, una serata con i suoi musicisti è una serata ben spesa per lui, per noi lo è molto, molto di più.
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