Un romanzo così politico da mostrare con straordinaria e preveggente lucidità l’abisso degli uomini e, in questo, quello della storia. Quando Irmgard Keun pubblicò per la prima volta “Una bambina da non frequentare”, l'Europa conosceva l'orrore del nazifascismo e lei era una giovane donna, già apprezzata autrice, che sceglieva la strada dell'esilio, pur di non piegarsi: i suoi primi due romanzi “Gilgi, una di noi”, pubblicato nel 1931, e “La ragazza di seta artificiale”, uscito l'anno seguente, avevano infatti ottenuto un immediato successo, finendo però nel 1933 nella lista della “Letteratura nociva e inopportuna” stilata dal partito nazionalsocialista. La protesta le costerà l'arresto: verrà rilasciata dietro l'alta cauzione pagata dal padre (200mila marchi).
Oggi che questo assai bel testo torna in libreria per L'Orma editore impressiona non solo la freschezza della sua voce ma, appunto, il suo sguardo profetico, la capacità dell'autrice di leggere il suo tempo ma parimenti di prescindervi individuando ed enfatizzando nella narrazione quelle dinamiche delle relazioni tra gli individui che sono universali e che si compiono proprio negli anni dell'infanzia.
Più che per altri autori e per altri romanzi non si può raccontare Una bambina da non frequentare senza partire dalla biografia dell'autrice, non solo per l'evidente e ovvia ragione che la bambina da non frequentare è l'autrice ma perché le avventure di questa Gian Burrasca hanno un doppio piano di lettura: romanzo di formazione e romanzo politico.
Ed allora: compagna di Joseph Roth, è stata autrice di sceneggiature, reportage e di romanzi in cui ha raccontato le contraddizioni della società europea prima e durante la Seconda guerra mondiale. La messa a fuoco del suo sguardo è la condizione della donna. La sua personalità e il suo talento l’hanno resa una autrice di culto. Il suo Gilgi, una di noi prima di essere censurato fu un caso editoriale vendendo oltre 30mila copie. Doris, la ragazza misto seta (1932) divenne subito un best seller internazionale vendendo oltre 50mila copie in poche settimane. Tradotto in più di sedici lingue, nel 1960 il regista francese Julien Duvivier ne ha tratto il film La gran vita in cui la «ragazza misto seta» è Giulietta Masina.
Così in Una bambina da non frequentare le tappe che segnano l'addio all'infanzia, mirabolanti avventura, grandi atti di ribellione, diventano il racconto della ribellione e dell'emancipazione. “Quando sarò grande cambierò tutto”, dice la bambina che è a tutti gli effetti una piccola peste. Il mondo degli adulti è tutto da ribaltare: cattiverie, bugie, meschinita. «Non sopporto quando gli adulti piangono. Vuol dire che dev'esser successo qualcosa di orribile nel mondo, se è vero che i grandi non piangono praticamente mai».
Ed allora è tempo di battaglia: via al combattimento contro un denutrito orso del circo. E poi all'imperatore per dirgli che «la guerra è durata già abbastanza ed è una vera porcheria». L'imperatore è il nazismo, l'imperatore è il potere. La ribellione e la rivolta dei piccoli sul mondo degli adulti sono la ribellione contro un mondo intriso di belligeranza, contro il potere che uccide la libertà, soffoca gli individui. I piccoli protagonisti di queste pagine riprongono nei loro gioc hi le azioni degli adulti così le smitizzano, le fanno implodere e mostrano un’alterativa.
Un po' Gian Burrasca, un po' Huck Finn, un po' Zazie, questa sfrontata ribelle non ha paura di sfidare le convenzioni della società ma soprattutto di insegnarci, dalle strade della Colonia del 1918, quanto può essere straordinario ed esilerante la straordinaria avventura della crescita.
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