Riproponiamo questo pezzo uscito il 2 gennaio del 1994 ( a dicembre del 1993 i Sassi erano stati dichiarati Patrimonio dell'Unesco) che recensiva “Giardini di pietra. I Sassi di Matera e la civiltà mediterranea” di Pietro Laureano a cui si deve lo studio per l'inserimento dei Sassi nella lista del Patrimonio mondiale.
Che l'umanità sia una, nonostante i conflitti che l’hanno sempre dilaniata, e uno il suo patrimonio storico come il suo passato, è uno dei grandi principi-valori del nostro e di ogni tempo. Per molti versi utopico, comincia a divenire in piccola parte realtà grazie alle Nazioni Unite e ai suoi organi. L’Unesco ha dato concretezza all'idea di “bene comune del genere umano” creando una nuova categoria culturale, il bene “patrimonio dell'umanità”, rappresentato da 357 luoghi e monumenti sparsi sulla superficie del pianeta.
In Italia questi luoghi sono sette: Venezia, i centri storici di Firenze, Roma e San Gimignano, il Campo dei Miracoli a Pisa, la Cena di Leonardo a Milano, i graffiti rupestri della Val Camonica. O meglio, erano sette. Un paio di settimane fa l'Unesco ha dichiarato patrimonio dell'umanità, il 358°, i Sassi di Matera: da “vergogna nazionale” a bene universale.
La selezione è rigorosa. È necessario infatti che il luogo o il monumento soddisfi almeno uno dei seguenti sei criteri (secondo l'ultima versione del 13 dicembre 1992): «rappresentare una realizzazione artistica unica»; «avere esercitato una grande influenza sullo sviluppo dell'architettura, della scultura monumentale o dell’architettura del paesaggio»; «rappresentare una testimonianza unica o eccezionale di una tradizione culturale scomparsa»; «essere uno degli esempi piu' caratteristici di un tipo di edificio, di insieme architettonico o di paesaggio che illustra uno stadio significativo della storia umana»; «costituire uno degli esempi più caratteristici di insediamento umano o di uso dello spazio»; «essere associato con tradizioni, idee, opere di significato universale» (quest'ultimo criterio vale solo «in circostanze eccezionali o unito ad altri criteri»).
I Sassi soddisfano piu' d'uno di questi criteri: forse non sono in senso stretto, ma sono certamente una testimonianza unica e irripetibile di «una tradizione culturale scomparsa» e un esempio caratteristico «di uno stadio significativo della storia umana» e di un uso dello spazio tipico di una cultura «resa vulnerabile da cambiamenti irreversibili». Ma la dichiarazione dell'Unesco è pur sempre un evento straordinario: propiziato da un libro altrettanto straordinario.
Pietro Laureano, nato nel 1951 in provincia di Matera e consulente dell'Unesco per le zone aride e l'ecosistema sahariano (Sahara, giardino sconosciuto, 1988), ha presentato all'Unesco lo studio per l'inserimento dei Sassi nella lista del Patrimonio mondiale e ne ha ricavato il libro più bello dell'anno. Giardini di pietra. I Sassi di Matera e la civiltà mediterranea (Bollati Boringhieri, Torino 1993, pagg. 200, L. 50.000) è uno studio antropologico, geografico e urbanistico che, attraverso un rapporto testo-immagini d'inconsueta pregnanza, ricostruisce la storia millenaria di un insediamento unico al mondo: una città trogloditica «scolpita dall'acqua, dal vento e dalla luce» e abitata ininterrottamente dal Paleolitico a oggi.
Dopo un’avvincente sintesi del cammino umano a partire dalle origini, Laureano analizza il sistema spaziale, sociale, ecologico della città scavata nel calcare delle Murge e lo confronta con analoghi sistemi di altre parti del mondo: la siriana Petra, la Matmata tunisina, Fethiye in Licia (Turchia), i nuraghe di Sardegna, i monumenti megalitici britannici e del Sahara. L'analisi archeologica e lo studio ecologico e protostorico rivelano che questi insediamenti rupestri, megalitici o scavati nel terreno segnano una fase decisiva del passaggio dal Paleolitico recente al Neolitico, caratterizzato da una civilta', seminomade e poi stanziale, basata sull'economia agropastorale.
Ovunque la casa-grotta e il villaggio trogloditico sono letteralmente disegnati da un'esigenza imprescindibile in quelle zone aride: ricavare, conservare e sfruttare ogni goccia d'acqua offerta dalla condensazione dell'umidita' notturna e dalle rare piogge annuali. Se «nel cuore del Sahara oasi e giardini profumati fioriscono come un dono gratuito della natura, ma sono frutto di un ingegnoso e duro lavoro per raccogliere sotto le sabbie le rare e preziose tracce di umidità», «la città dei Sassi scolpita nei tufi calcarei dell'antica Lucania» - una regione ponte tra oriente e occidente già per i cacciatori raccoglitori del Paleolitico - è frutto di «una sapienza antica, che aveva realizzato canali, cisterne, giardini pensili e spazi collettivi per la vita comunitaria e civile».
Ciò che rende Matera unica al mondo è però che la città - che a Laureano ricorda la “citta' di pietra” di Ismail Kadare e le “citta' invisibili” di Calvino - è un sistema di convivenza basato su principi immutati «dalla preistoria fino a tutto il Settecento»: «conservando modi di vita antichissimi l'abitato si evolve dagli sparsi villaggi neolitici fino a un centro di 29 ettari», dove nel 1950, quando comincia lo sfollamento dei Sassi, circa 15mila persone - i due terzi degli abitanti di Matera - vivevano «in 2997 abitazioni, 1641 delle quali trogloditiche, scavate cioe' nella roccia di tufo».
Quello che ai tempi del Neolitico era forse un modello d'avanguardia,
un progetto pilota, si sviluppa per secoli secondo principi ecologici di rispetto dell'ambiente, cioe' di uso parsimonioso
e non distruttivo di risorse scarse: prima fra tutte l'acqua. In altri tempi e in altri luoghi la storia dell'uomo prese la
via maestra dello sviluppo illimitato, violento, distruttivo. «La città di pietra, di acqua e di luce» si mantenne invece
fedele, per necessità geografica e per scelta antropologica, «all'economia della terra e dell'acqua», al «controllo delle
energie del sole e del vento», alle miti leggi della dinamica dei fluidi.
Nella lenta evoluzione, splendidamente spiegata dai disegni, che trasforma una cisterna scavata nella pietra in una grotta, la grotta in una casa, la casa in un complesso edificio a pianta centrale intorno a un vano a cielo aperto e quest'ultimo in un sistema urbano a terrazze in cui i soffitti degli strati sottostanti sono i pavimenti, le strade e i giardini delle terrazze superiori, Matera non volta mai le spalle alla solidarieta' collettiva e al sapere accumulato dalle generazioni. Nasce cosi' un ecosistema urbano di grande funzionalità e bellezza: il “vicinato” .
Di questo sistema Laureano traccia non solo le coordinate storiche e geografiche ma anche quelle simboliche. Gli insediamenti delle Murge e del materano sono collocati nel contesto della civilta' dei popoli mediterranei, con le loro credenze, i loro riti e miti. La continuita' non e' solo fisica, si coglie non solo nelle strutture urbane, nell'evoluzione dalla grotta alla casa trogloditica, ma anche nelle feste. Cosi' la festa della Madonna della Bruna che si celebra a Matera il 2 luglio - una processione che culmina nella distruzione rituale del carro allegorico che trasporta l'effigie sacra - viene ricondotta ai riti di una civiltà agropastorale che venera la forza generatrice della Madre Terra: la Grande Madre dei popoli mediterranei, la Inanna o Ishtar di Sumer, (terzo millenio avanti Cristo), la nera Iside egiziana, la Persefone greca, madre di Dioniso.
L'ovale stesso della grotta, vari elementi architettonici e decorativi tramandati (come nelle forme del pane) per millenni, il disegno dei monumenti megalitici a cerchi concentrici, divisi da un canale che conduce alla fossa o al pozzo centrale, probabilmente nati da necessità di raccolta dell'acqua e di custodia del bestiame, sono ricondotti a questo archetipo universale della “forma” umana: il materno ed eternamente fecondo grembo femminile. Matera - materia - madre.
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