Torna Sanremo dunque, dal 1951 l'arma di distrazione di massa più potente dell'italico arsenale, festival dell'arte di guardare
il proverbiale «dito» piuttosto che la luna da esso indicata. Merito di quello che succede dentro l'Ariston, e pure fuori.
Per dire: Claudio Baglioni direttore artistico ha un palese conflitto d'interessi perché in scaletta il numero degli artisti
della sua casa discografica (Sony) e della sua agenzia di promoting (F&P, gruppo Cts Eventim) sovrasta quello delle aziende
concorrenti. Eppure la stampa prende due sue mezze dichiarazioni e lui diventa l'eroe anti-salvinista dei porti aperti ai
migranti. Qualcuno scrive che il suo cachet per l'edizione 2019 s'innalza a 700mila euro, la Rai smentisce: è rimasto a 585mila
euro com'era l'anno scorso. Ma chi vuoi, però, che scriva che il divo Claudio troverà sicuramente il modo di arrotondare con
i proventi del diritto d'autore delle sue canzoni che, vedrete, sempre com'era l'anno scorso finiranno per inflazionare la
scaletta? Nessuno: Sanremo è Sanremo, a Sanremo ci si distrae. E allora viva Baglioni già «dittatore artistico», adesso «dirottatore
artistico» che sopprime la categoria giovani e porta a quota 24 il numero dei concorrenti in gara. Scelta che piace a tutti.
Persino alle case discografiche e alle agenzie di promoting concorrenti di Sony e F&P che, grazie allo stratagemma, possono
iscrivere qualche cantante in più e soffrire di meno il conflitto d'interessi di Baglioni. Per chi non lo sapesse è la 69esima
edizione del festival, «quest'anno – ha spiegato il cantautore della maglietta fina – il tema è l'armonia». Che in musica,
sempre per chi non lo sapesse, è l'arte degli accordi.
(Modesto Michelangelo Scrofeo )
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