Cultura

Dossier Concerti di abeti rossi e gatti russi

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    Dossier | N. 61 articoli Una più del diavolo: l'archivio di Mephisto Waltz

    Concerti di abeti rossi e gatti russi

    Flectar sed non frangar.
    Così sussurravano fino a ieri i boschi di abeti della Val Visdende, ora accumulati in cataste rosse. Sradicati e sanguinanti, erano gli stessi di cui andava in cerca Stradivarius, per i suoi violini, arrivando qui a piedi, da Cremona. Fino a ieri risuonavano al vento, in magnifico concerto e senza bisogno di applausi di circostanza. In tutto simili ai legni di Renzo Piano a Numea, nell'oceano Pacifico, vicina all'Australia, ricreati in suggestive capanne. Archetipi simbolici dove raccontare storia e cultura della popolazione locale kanak, con opere di artisti maori, caledoniani e papuani.
    Ora nella Val Visdende gli abeti rossi con anima di violino sono stati ridotti dalla bufera a legnetti putrefatti, come quelli del gioco degli shangai. Pericolosamente trasformati in potenziali untori, appestanti il futuro dei boschi vicini. Perché lasciati a marcire così, sotto la neve, diventeranno capanne per insetti parassiti voraci, distruttori.
    Mentre su tutt'altro fronte, il direttore Daniele Gatti, albero maestoso e invitto, invitato al Marinskij di Pietroburgo dal cuore grande dello zar Gergiev, l'altra sera ha concertato la storica orchestra russa guadagnando uno straordinario trionfo e proponendo un programma ambizioso, tra «Apollon musagète» di Stravinskij, «Nocturnes» di Debussy e «Daphnis et Chloé» di Ravel. Standing ovation per il musicista milanese. In barba al virus dell'untrice di cui parla mezza Europa. Che non è nordica.

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