Qui nell'Ade, un uccellino mi svela in preparazione una grande mostra monografica su Emilio Vedova, per i prossimi cent'anni
dalla nascita, curata da Baselitz, Celant e Gazzarri, tra Venezia, Milano e Parigi. Il venerato pittore veneziano tra l'altro
firmó costumi, scenografie e luci per il Prometeo di Luigi Nono: evento indimenticabile, alla Biennale di Venezia 1984, su
cui un mio collega deve davvero averci messo la coda, dal momento che non esiste più alcuna testimonianza video o audio del
famoso spettacolo. Cui toccò la stessa sorte di tutte le produzioni musicali, dalle origini all'800. Pensate cosa sarebbe
oggi poter sentire e vedere Bach all'organo, Chopin al pianoforte o Beethoven dirigere, al disastro che fu la generale del
Fidelio.
Il Prometeo, spettacolo innovativo, non opera lirica ma frammentazione musicale, “Tragedia dell'ascolto”, fu portato al successo
dalla presenza di un pugno di artisti, sotto l'ala protettrice di Carlo Fontana: la direzione di Claudio Abbado, i testi in
italiano, tedesco, greco antico di Massimo Cacciari, stavano tutti assieme a Vedova e Nono nella pancia della balena, come
novelli Giona. Renzo Piano aveva disegnato la grande arca lignea, che a diversi livelli interni posizionava gli esecutori.
Tra questi, alle percussioni a vetri, spuntava un giovane Carlo Boccadoro, odierno direttore di Sentieri Selvaggi, alcova
della contemporanea a Milano, in gara col Divertimento Ensemble di Sandro Gorli.
È opera dello stesso diavoletto se dell'arca oggi resta solo una parte semidistrutta?
Intanto, incredibile auditu, dagli anni Ottanta ad oggi le quotazioni delle opere di Vedova, pur con prezzi da 100 a 700mila
euro, sono rimaste al palo rispetto a coetanei americani di pari valore artistico, battute alle aste a prezzi decine di volte
superiori.
In compenso, una bella de consolatione per il nostro: una mostra con opere di Vedova inaugurerà nel 2020 la nuova ala del
Puškin di Mosca. Gaudeamus igitur, gaudeamus fratres.
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