Una volta l'indie italiano era Csi, Bluvertigo, Marlene Kuntz. Oggi il convento passa Thegiornalisti, trio col nome che è
un calco di quello degli inglesi Editors e il cantante che è Tommaso Paradiso, paroliere piacione,ingombrante almeno quanto
la sua barba. La critica s'è scappellata di fronte a Love , quinto album in studio, imprescindibile opera della maturità.
L'avessero bollato come artigianato pop da fast food, ci saremmo girati dall'altra parte. Invece no: la patente d'artista
gli dovevano dare al Paradiso. E come artista lo giudicheremo, a partire dall'ampollosa Ouverture sinfonica che manco i Moody
Blues. Sempre apprezzabile l'autoironia di un artista, un po' meno la comicità involontaria. Quella di Controllo , per esempio:
«C'è un delicato equilibrio da mantenere come il cacio/ come il cacio con le pere». Liriche memorabili, nonostante il grande
assente: un contadino cui, appunto, non far sapere. Scorrendo rapidi sulla ballad pianistica furbetta Questa nostra stupida
canzone d'amore («Sei la Nazionale del 2006» detto a una donna: ci piace vincere facile) e il maledettismo di provincia di
Felicità puttana (massì, mettici la parolaccia ché fa figo), si arriva al climax dell'opera, Dr. House , lettera aperta al
celebre personaggio Tv interpretato da Hugh Laurie. Trionfo kitsch con alcuni lampi di trash: «Forse cerco solo un padre/
L'ho trovato in te/ In Fantozzi, in Bud Spencer/ In Terence Hill, in Verdone/ In De Sica, in Leone/ In Morricone e Tarantino/
In Totò e Peppino». Chissà Peppino. Totò di sicuro avrebbe approcciato bene l'uomo chiamato Paradiso: ma mi faccia il piacere!
(Modesto Michelangelo Scrofeo)
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