Il Blasco è ancora qua. Eh… già: Vasco Rossi torna col singolo La verità. E non lo si liquidi come il cantante italiano dei
record: il fenomeno meriterebbe accurati studi, approfondite ricerche, dotte disquisizioni filosofiche. Con rara modestia,
si autodefinisce «provok-autore». Con la kappa. Il popolo vede in lui la più grande icona rock del Bel Paese, nonostante la
distanza che intercorre tra la sua musica e il rock sia pari a quella che separa lo gnocco fritto dalle Memphis ribs. Noi,
piuttosto, saremmo portati a interpretarlo come un grande dadaista: la sua arte sta nel «tutti lo possono fare», nelle rime
baciate messe esattamente dove te le aspetti, perciò tutti ci si identificano. E riempiono gli stadi. La verità rappresenta
il suo particolare punto di vista sul tema, attualissimo e problematico, delle fake news: tutto quello che ci raccontano,
sui social e sui giornali, è sbagliato. Mentre «la verità», quella vera, «arriva quando vuole». La verità «disturba sempre
un po' qualcosa». La verità «è che ce n'è sempre una migliore». La struttura del pezzo rimanda alla solita hard ballad vascorossiana,
mentre il concept del video - la Tv che trasmette il primissimo piano di un occhio sgranato - ricalca What God Wants di Roger
Waters. La verità «non ama la pubblicità». Quando, per esempio, sull'onda emotiva dello scandalo secondary ticketing Vasco
annunciò il divorzio dall'agenzia di promoting Live Nation furono grida di giornali e stridore di titoli. Chi l'ha scritto,
invece, che il Blasco nazionale con Live Nation ha continuato a lavorarci? Eh… già: «la verità è fatale».
(Modesto Michelangelo Scrofeo)
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