Nel 2023 –cinquantesimo anno di direzione dell'Hamburg Ballet- avrà superato ogni record, compreso quello di Marius Petipa, che regnò sul Balletto del Marijinsky dal 1862 al 1901. Ma quello di John Neumeier non è veramente un “regno”. E' piuttosto un mondo, una incredibile visione artistica e culturale legata all'arte della danza che nella città anseatica ha messo radici e con costanza, caparbietà, inesauribile lavoro e un'incredibile passione, ha saputo erigere un organico “sistema” che dalla compagnia si espande nel Balletzentrum, oggi tra le accademie più importanti, nella Fondazione a suo nome ricca di preziosi memorabilia, documenti, opere artistiche sulla storia del balletto (celebre la collezione su Vaslav Nijinsky e i Ballets Russes ) al Bundensjugenballett -compagnia giovane progettata da Neumeier e nata su decreto del Governo federale tedesco.
Di fatto un unicum, dal quale non trae beneficio solo la comunità internazionale della danza, ma la stessa Amburgo, che proprio grazie all' Hamburg Ballet è entrata -come ha detto il borgomastro- nella “mappa culturale internazionale”, capace di attrarre spettatori e artisti da tutto il mondo in virtù degli eventi e delle creazioni di Neumeier. Bastava essere nella platea della Staatsoper domenica 24 febbraio: tra i duemila spettatori accorsi a celebrare l'ottantesimo compleanno di Neumeier ( un sold out i cui proventi andranno al nuovo progetto: un “Istituto del Balletto” dove ospitare le collezioni e dare spazio a studiosi e ricercatori) c'erano dal direttore del Bolshoi Vladimir Urin al direttore del San Francisco Ballet Helgi Tomasson, da Karen Kain del National Ballet of Canada a una nutrita delegazione dell'Opéra parigina. Atto dovuto per l'importante anniversario? Piuttosto atto d'amore per un artista che con la sua visionarietà è costante fonte di ispirazione. Basta vederlo in scena, pantaloni e camicia bianca, cravattina nera, ancora scattante e carismatico: è lui che apre il viaggio in cui, tra parole e teatro, mette insieme frammenti di autobiografia e temi salienti della sua ricerca coreografica. Un viaggio in cui allievi della scuola si intrecciano ai danzatori della compagnia, musicisti come Christoph Eschenbach sospendono il tempo della danza con uno Schumann mozzafiato, superstar da ognidove si calano “dentro” le pagine composte negli anni dal coreografo. Alcune di queste sono ormai nel tessuto connettivo della compagnia: Alessandra Ferri, Duse volitiva e sensuale nel duetto con il D'Annunzio di Karen Azyatan; Alina Cojocaru, qui dodicenne alla scoperta della danza in un estratto da Schiaccianoci.
Altri letteralmente trasformati dall'incontro con il coreografo: come gli strepitosi Guillaume Coté e Heather Odsen del National
Ballet of Canada in un emozionante estratto da Nijinsky o la magnetica Olga Smirnova nel fatale incontro con Wronski di Anna
Karenina.E poi ancora Manuel Legris da Vienna, Alicia Amatriain e Jason Reilly da Stoccarda, Roberto Bolle dalla Scala:solo
alcuni dei moltissimi guest a sorpresa di una serata memorabile. Tuttavia Neumeier non si ferma e nei prossimi mesi continuerà
imperterrito a cercare di “tradurre” in danza “ciò che l'amore gli dice”. Lo farà a dicembre con “Zoo di vetro”. E, in maniera
diversa al Ravenna Festival 2019 ( 5 e 6 luglio) per cui ha appositamente concepito un programma intimista e raccolto, tra
Beethoven, Mahler e Bernstein per instaurare -ha detto-un dialogo emozionale tra scena e platea, dove il gesto racconta ciò
che le parole non dicono.
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