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Il capolavoro (politico) di William Penn

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Il capolavoro (politico) di William Penn



Lucida politica 
di sviluppo. William Penn (1644-1718)
Lucida politica di sviluppo. William Penn (1644-1718)

Per la politica coloniale inglese del Seicento una posizione di particolare interesse è quella di William Penn: animato non solo da interessi economici, ma anzitutto dal desiderio di creare nel Nuovo Mondo uno spazio di tolleranza religiosa di vita civile retta dai principi costituzionali inglesi, William Penn nel 1681 ottenne in proprietà dal re Carlo II d’Inghilterra un ampio territorio nell’America del Nord per costituirvi una colonia alla quale lo stesso re diede nome di Pennsylvania in onore del padre di William che aveva aiutato il re a tornare sul trono dopo la morte di Cromwell. Si trattava di un territorio vastissimo, poco più piccolo dell’Inghilterra, che nelle prospettive di William Penn doveva dare spazio sia ai quaccheri – divenuti suoi fratelli di fede – sia a quanti erano perseguitati in Europa per motivi religiosi: di qui il programma – esposto in una complessa costituzione – di creare un paese libero, con istituzioni democratiche, ove la tolleranza religiosa fosse riconosciuta come valore fondamentale: «Noi aspiriamo al dovere verso il re, alla conservazione dei diritti per tutti, alla soppressione del vizio e all’incoraggiamento delle virtù e delle arti, con la libertà per tutti di adorare Dio onnipotente secondo la propria fede e i propri convincimenti».

Così scriveva in un Resoconto sulla Provincia della Pennsylvania del 1685 ora presentato – con altri scritti di Penn tradotti con testo a fronte in una bella raccolta a cura di Clara Bartocci e Marinella Salari, nella collana “Il Nuovo Mondo” diretta dalla stessa Bartocci per far conoscere testi fondamentali relativi alla colonizzazione inglese del Nord America.

Nella stessa prospettiva politica, fondata sulle leggi democratiche inglesi e sulla tolleranza religiosa, si articola anche la politica di William Penn verso i nativi, gli indiani Lenni Lenape o Delaware Indians con i quali tesse i migliori rapporti: «Vorrei farvi notare – scriveva ai re degli indiani – che io sono ben consapevole della crudeltà e dell'ingiustizia che è stata compiuta verso di voi dalle persone di questa parte del mondo, che hanno cercato il proprio interesse e si sono approfittate di voi piuttosto che essere per voi esempi di giustizia e di bontà. So che questa cosa vi ha causato dei guai e ha fatto nascere molto risentimento e animosità, a volte fino allo spargimento di sangue, cosa che ha fatto arrabbiare il grande Dio. Ma io non sono un uomo del genere, come è ben noto nel mio paese. Io ho grande affetto e stima nei vostri confronti e desidero conquistare il vostro affetto e la vostra amicizia con una vita all'insegna della gentilezza, della giustizia e della pace».

Dai testi qui pubblicati emerge anche la lucida politica di sviluppo che William Penn si propone di realizzare, attraendo investimenti europei: a questo fine, già nel 1681 – appena ricevuta la concessione del re – scriveva una prima Relazione sulla provincia della Pennsylvania, subito tradotta nelle maggiori lingue europee: «Ho pensato che fosse non solo mio dovere, ma anche mio interesse legittimo, fornire al mondo qualche informazione pubblica, in modo che coloro che fossero interessati a trasferirsi oltre mare dal nostro o da altri paesi, da soli o con le loro famiglie, possano trovare un altro territorio da aggiungere alle loro possibilità di scelta». William Penn prosegue insistendo sulle grandi possibilità che offre il territorio per la coltivazione di ogni tipo di frutta e di cereale (notevole l’interesse per l’ampia diffusione della vite alla quale già attendono i francesi), sia per la pescosità di fiumi e mari («le aringhe quasi le raccolgono con le pale») e l’abbondanza di bestiame, dall’altro sulle prospettive civili che egli si impegnava a garantire: «Io avevo come prospettiva la comunità sociale, l’assistenza, un laborioso commercio, l’istruzione dei giovani, la guida dei costumi della gente, la comunità delle assemblee religiose, l’incoraggiamento della meccanica, delle strade ben distinte e battute e credo di avere risposto a tutte queste esigenze per la soddisfazione generale».

Tuttavia – malgrado l’esaltazione delle grandi possibilità di sviluppo di tutta la Provincia – William Penn con grande rigore avverte: «Siate moderati nelle aspettative, contate sul lavoro prima che sul raccolto e sul costo prima del guadagno».

Frattanto lo stesso William Penn si impegnava nello sviluppo della Provincia promuovendo la costituzione di fattorie e di piccoli centri di vita civile; fondando anzitutto la capitale Filadelfia, da lui progettata secondo uno schema urbanistico a griglia rettangolare che sarebbe servito di modello ad altre città del Nord America); nel 1685 poteva scrivere con soddisfazione: «Per quanto riguarda la città di Filadelfia essa continua a crescere in modo ammirevole come numero di costruzioni e di orti e in tre anni sono state erette circa seicento case».

Sono questi alcuni aspetti, assai moderni, della politica coloniale di William Penn, quale emerge con chiarezza dalla presente raccolta.

Brevi scritti per la Pennsylvania, William Penn

A cura di Clara Bartocci e Marinella Salari, Morlacchi Editore, Perugia, pagg. XXXVII-158, € 15

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