Uno studio cui hanno partecipato 10 istituti europei (fra i quali i centri di psichiatria e di neurologia delle Università di Palermo e di Bologna) e il dipartimento di medicina preventiva dell’Università di San Paulo in Brasile, guidato da Marta Di Forti dell’Istituto neurologico del King’s College di Londra, appena uscito su Lancet Psychiatry, dimostra quanto grande sia l’influsso di cannabis, cioè di regola della marijuana, sulla frequenza delle psicosi. Per psicosi s’intendono disturbi di comportamento, allucinazioni, linguaggio incoerente e incomprensione delle normali circostanze della vita.
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Fra il maggio 2010 e l’aprile 2015 i ricercatori hanno controllato 901 persone dopo il primo ricovero per attacco di psicosi in età fra i 18 e 64 anni e 1.237 persone che non avevano mai usato cannabis. Il consumo giornaliero di cannabis comporta un rischio di psicosi tre volte superiore a chi non la usa. Se la marijuana contiene l’agente psicoattivo Thc sopra il 10% (è quasi la regola), cioè, dicono gli studiosi, è «molto potente», il rischio di psicosi è di cinque volte superiore agli astinenti. Nell’hascisch il Thc arriva al 19-20 per cento.
Se l’uso di cannabis ad alto potenziale cessasse del tutto, gli autori calcolano che gli ammalati di psicosi diminuirebbero del 12%, a Londra del 30 e ad Amsterdam del 50 per cento. Nella clinica psichiatrica di Basilea la quasi totalità dei ricoverati giovani consuma cannabis in forti dosi. In loro l’effetto è tanto più deleterio in quanto il cervello è nella fase dello sviluppo. Sono dati con implicazioni molto pesanti sulla salute pubblica, che confermano quanto sia irrazionale e pericolosa la liberalizzazione del consumo di cannabis.
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