«Si son divise tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte». Quando un uomo si avvicina troppo alla divinità, si sa che va a finire così: tutti vorrebbero portarsene a casa almeno un pezzetto. Valeva per il Re dei Re che a innumerevoli dispute diede origine e vale pure per il «veramente mirabile e celeste» (Vasari dixit) Leonardo da Vinci del quale il 2 maggio è stato celebrato il cinquecentesimo anniversario della morte. Ad Amboise, terra di Loira, con il presidente francese Emmanuel Macron e quello italiano Sergio Mattarella fianco a fianco, segno di una nuova ed eterna alleanza transalpina.
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La disputa sul prestito dell’«Uomo Vitruviano»
Eterna, sì, ma fino a un certo punto. Guai a parlare di prestiti, tanto per cominciare: «Sono costretto - sottolinea in una
il numero uno del Mibac Alberto Bonisoli - a smentire le parole del ministro della Cultura francese Franck Riester. Resto
sorpreso delle dichiarazioni del mio omologo che annuncia il
prestito dell’Uomo Vitruviano e dell’Autoritratto di Leonardo al Louvre. Preciso che, nel corso della mia visita istituzionale
con il Capo dello Stato Sergio Mattarella, nulla è stato deciso da entrambe le parti», tuona il ministro dei Beni culturali
espressione del governo gialloverde.
La disputa France 2-Tg2
Non è l’unica disputa Italia-Francia intorno alla scalpo vinciano cui abbiamo assistito in questi giorni. Perché quando France
2 è scivolata sulla nazionalità dell’autore della Vergine delle Rocce, eccoti puntuale il sussulto di dignità sovranista del Tg2 che rimette la proverbiale chiesa al centro del villaggio: «Non
si capisce - commenta il giornalista della seconda rete nazionale - se trattasi di sbadataggine o della bizzarra versione
di uno ius soli che assegna la cittadinanza non alla nascita bensì alla morte, oppure l’apertura del fronte artistico nell’espansionismo
esagonale d’Oltralpe». Come se gli italici cronisti non sbagliassero mai. A parziale discolpa del collega francese incappato
nella più classica delle gaffe, due argomentazioni facili facili: ai tempi di Leonardo l’Italia neanche esisteva, la Francia sì e già da qualche secolo;
il genio vinciano, al culmine della propria parabola di artista e scienziato, capì che avrebbe fatto meglio a raccogliere
codici e pennelli sotto braccio per emigrare all’estero. Dettaglio, quest’ultimo, davvero degno di un italiano dal talento
smisurato. Un cervello in fuga di altri tempi.
Tra reliquie e autoritratti (presunti)
Italiano o no, Leonardo piace a tutto il mondo e chissà quanti farebbero carte false per accaparrarsene un pezzettino. Nel
giorno dell’anniversario ecco, per esempio, che a Londra ti scovano un presunto autoritratto del Maestro «un po’ malinconico
e stanco del mondo» che faceva parte della Royal Collection. Che si fa? Esponiamolo a Buckingham Palace. A Vinci spunta addirittura una ciocca di venti capelli biondi proveniente dalla solita collezione americana, reliquia che sembra l’ennesimo legno di qualche vera croce. Non ditelo però al direttore degli Uffizi Eike Schmidt: «Questa
cosa - taglia corto - non vale nemmeno la pena di essere analizzata nel dettaglio». Come dire: nessuno si strappi i capelli.
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Il profilo di un grande «irregolare»
Tutti sentono o vogliono immaginarsi un legame col pittore dell’Ultima cena, uniti idealmente dal sogno di scoprirsi discendenti di un genio che in vita, a volerne leggere con attenzione la biografia,
fu soprattutto sregolatezza. Nel senso della sovversione di ogni possibile luogo comune. Non fu principe, ma figlio illegittimo
di un notaio e una donna di servizio. Un mancino - come lo saranno Napoleone, Einstein e McCartney - «corretto» suo malgrado
in infanzia, per questo divenuto ambidestro. Un «copione» secondo gli storiografi più spregiudicati, nel senso dell’intellettuale
che si nutre delle scoperte altrui e le fa proprie, cogliendo in esse elementi decisivi che erano sfuggiti allo scopritore
originale. Omosessuale secondo più di un biografo che non si è lasciato sfuggire le due denunce anonime per sodomia depositate
a Firenze nei suoi confronti, né l’allusione alla bellezza dei suoi discepoli contenuta nella vita di Vasari.
Il curriculumdella «pietra scartata dai costruttori»
Uno che si candida a lavorare a corte infilando nei primi nove punti del proprio curriculum vitae varie capacità ingegneristiche
e tattiche in caso di guerra e, al decimo, aggiunge: «In tempo di pace credo satisfare benissimo ad paragone de omni altro in architectura, in composizione di edificii et pubblici
et privati, et in conducer acqua da uno loco ad uno altro». Insistendo in ultimo sulle proprie doti di pittore e scultore, quasi fossero dettagli. Ma a casa di un guerrafondaio come
Ludovico il Moro, come ti vuoi presentare? Francesi e seguaci del sovranismo nostrano si mettano l’anima in pace: Leonardo
fu un italiano vero, ma non esattamente un eroe sovranista. Quant’è vero che, in tempi di sovranismo imperante, suona piuttosto
stonato il motto evangelico: «La pietra scartata dai costruttori è diventata testata d’angolo».
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