Lo scenario suggerisce racconti o film di fantascienza ispirati da un classico come Donovan's Brain (1942) o dal più recente
Matrix (1999). Ma anche un famoso esperimento mentale dei filosofi che potrebbe diventare realtà. In realtà si tratta solo
di ricerca neuroscientifica avanzata, che cambierà la clinica della morte cerebrale. I commenti alla comunicazione che dei cervelli di maiali morti sono stati riattivati, sono stati tra i più diversi, ma in generale nell'ordine di una sorta di metafisica frankensteiniana, dove si immaginano
manipolazione fuori dai vincoli della biologia. Le preoccupazioni più sensate sono state del genere: non è che adesso i neurologi
si metteranno a rincorrere le più becere credenze vitaliste e cercheranno di richiamare alla vita tutti i morti, creando degli
allevamenti intensivi di umani in stato vegetativo.
Torniamo ai fatti. Trentadue teste di maiali sono state prelevate, quattro ore dopo l'abbattimento, da un gruppo di ricercatori della Yale
University in un macello nei pressi di New Haeven. Da esse sono stati prelevati i cervelli, e alcuni sono stati trattati con
un sistema computerizzato di pompe e filtri che invia nelle arterie dell'organo morto una soluzione a base di emoglobina e
contenente nutrienti. Il sistema, BrainEx, è stato brevettato, perché gli scienziati si aspettano di farci molti soldi, impiegandolo
in contesti clinici e farmaceutici, dato che ha riattivato il metabolismo, il sistema vascolare e l'attività sinaptica spontanea
del cervello. La soluzione conteneva inibitori dell'attività neurale, onde evitare che i cervelli “provassero” qualche sensazione
dolorosa o sgradevole. L'esperimento è stato negoziato, per questi aspetti di riattivazione di funzioni nervose, con un comitato
etico. Le teste erano comunque di animali già uccisi al macello e destinate alla eliminazione.
A cosa può servire un esperimento fatto con cervelli di 170 gr (il nostro ne pesa 1300), che erano morti quando sono entrati in laboratorio e lo sono sempre rimasti secondo i rilievi elettroencefalografici? Si sta cominciando a sviluppare un modello sperimentale per ricerche neurofarmacologiche: potrebbe ridurre l'uso di animali per studi tossicologici e permettere di studiare con più precisione gli effetti dei farmaci sui neuroni, prima di osservare cosa causano a livello comportamentale. Il potenziale è enorme, in quanto trasferibile su cervelli di altri animali per studiare comparativamente gli effetti.
La ricerca solleva la questione della morte cerebrale. Si discute del fatto che questa soluzione, magari con adeguati farmaci, potrebbe far rivivere cervelli umani dichiarati
elettroencefalograficamente (EEG) morti, ovvero dirci quanti minuti il cervello impiega in media a morire definitivamente
in assenza di afflusso di sangue, e quindi a che punto si devono interrompere i tentativi di rianimazione.
Si tratta di interventi auspicabilmente da non praticare senza il consenso del paziente. Infatti, deve valere in modo non
negoziabile il principio che a decidere quando è morto il cervello, può essere solo il cervello stesso quando è cosciente:
se dispongo nelle direttive anticipate che in caso di arresto cardiaco non voglio essere rianimato, nessuno dovrà permettersi
di farlo. Anche se fosse possibile richiamarmi in vita riattivando il cervello. Dopodiché se c'è qualcuno che vuole provare,
rischiando di rimanere in uno stato vegetativo o con forme disfunzionali di coscienza, affari suoi. E' possibile che una versione
finalizzata di BrainEx, potrà aiutare alcuni pazienti in stato vegetativo. Dipenderà dai risultati della sperimentazione.
Prima o poi gli inibitori dell'attività neurale saranno tolti e i ricercatori inizieranno a stimolare aree e strutture correlate
alla elaborazione di stimoli sensoriali e a diverse funzioni cognitive. E' più inquietante immaginare cosa si può provare
a essere un cervello immerso in una vasca, stimolato a provare sensazioni e ad avere qualche forma di coscienza. Per studiare
le funzioni più complesse non basterà però rilevare l'attività EEG spontanea, che non segnala in modo affidabile se il cervello
può avere coscienza. Si potrebbe fare la stimolazione magnetica transcranica (TMS), un modo non invasivo di causare l'attività
cerebrale, utilizzando una bobina magnetica tenuta vicino alla testa. Si potrebbe così studiare l'indice di complessità perturbativa
del cervello, un modo per identificare il livello di coscienza.
Diventerà realistico lo scenario raccontato da scrittori o usato come esperimento mentale dai filosofi analitici? “Il cervello
di Donovan” dello scrittore Curt Siodmak, è un classico della fantascienza da cui sono stati tratti tre film e descrive un
cervello in una vasca che si impossessa telepaticamente della mente del medico che lo tiene in vita. Nel 1981 il filosofo
Hilary Putnam immagina che un tale cervello si trovi collegato a un calcolatore che gli invia stimoli in modo da fargli provare
come reale ogni tipo di scenario che egli può immaginare. Sarebbe in grado un cervello così scorporato di rendersi conto che
si trova in vasca e quelle che vede e sente sono illusioni? Ovviamente no, se riceve tutti gli stimoli appropriati. Possiamo
oggi immaginare anche una condizione dove un cervello fosse tenuto vivo in una soluzione biologica e collegato a un'intelligenza
artificiale con la quale instaura una simbiosi cognitiva, dove l'intelligenza artificiale gode dei vantaggi di accedere anche
a stimoli emotivi genuini, mentre il cervello accede a un universo incalcolabile di informazioni: sarebbe un sistema formidabile…
Nessuno di questi scenari è, in realtà, realizzabile. La materia biologia mette dei vincoli rispetto a cosa davvero può essere
fatto. In ogni caso, ci avviciniamo a cogliere la profonda verità che Morpheus comunica a Neo in Matrix: “Cosa è reale? Come
definisci reale? Se stai parlando di quello che provi, quello che odori, quello che assapori e vedi, allora reale è semplicemente
un insieme di segnali elettrici interpretati dal tuo cervello”.
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